Heavy

Recensione libro: Confesso di Rob Halford (Judas Priest)

Di Stefano Ricetti - 28 Luglio 2021 - 15:37
Recensione libro: Confesso di Rob Halford (Judas Priest)

Confesso

di Rob Halford

L’autobiografia

I Cicloni 40 – 384 pagine + inserto a colori

16×23

ISBN 978-88-94859-49-2

€ 24.90

Tsunami Edizioni

 

Robert John Arthur Halford, detto Rob, compirà settant’anni fra pochissimo, il 25 agosto 2021. Il cantante dei Judas Priest, metallaro, gay e sgualdrinella pop (parole sue), s’è deciso a vuotare il sacco e nel 2020 è uscito Confess, The Autobiography, il libro in cui si racconta dalla A alla Z.

La risposta dalle nostre parti non s’è fatta attendere troppo. La sempre attenta Tsunami Edizioni ha acquisito i diritti necessari e da qualche settimana è disponibile Confesso, l’autobiografia, la versione in lingua italiana del libro di cui sopra, tradotto da Valeria Presti Danisi.

Celebrare i Judas Priest su queste pagine web a sfondo nero appare pleonastico. Basti sottolineare che da cinquant’anni spargono il loro verbo d’acciaio in tutto il mondo e da sempre, in compagnia di altri alfieri del metallo, incarnano lo stereotipo della band tutto cuore, siderurgia e borchie. E, a differenza di altri, non si sono mai chiamati fuori dallo scibile heavy metal, cosa NON da poco.

Del resto, come avrebbe fatto il loro cantante, cresciuto nelle West Midlands, precisamente nelle abitazioni popolari di Walsall, cioè in piena Black Country, la zona fra Birmingham e Wolverhampton, ad appassionarsi di qualche altro tipo di musica che non fosse l’hard prima e l’heavy poi?  Un’area che negli anni cinquanta e successivi pullulava di fabbriche, miniere di carbone, magli, ciminiere, siviere, ove l’acciaio si respirava a pieni polmoni dalla mattina alla sera. Rob, così come gli altri Judas Priest, ha forgiato sé stesso e la sua attitudine proprio lassù, nelle grigie viscere dell’Inghilterra più metallica e metallara.

Confesso è la cronaca di un viaggio lungo 384 pagine ove un uomo si mette a nudo, ma per davvero. Rob, dopo aver passato anni e anni di sofferenza per aver tenuto nascosto la sua natura omosessuale si racconta senza alcun freno inibitore, attraverso un processo catartico. Con una sincerità disarmante e un linguaggio altrettanto diretto. Halford nei suoi primi settant’anni non s’è fatto mancare nulla: sesso gay nei posti più disparati e con i partner più improbabili, incontri con piattole dall’indole combattiva, alcool a fiumi, episodi paranormali, flirt omosessuali burrascosi, avventure nei glory hole, nottate in gattabuia, cocaina, rehab, tentazioni suicide.

Ma l’amore vince sempre sull’ingiustizia e sull’odio, si dice, e anche il buon Rob è poi riuscito a trovare la pace grazie a una relazione stabile e al coraggio che ha dimostrato quando, quasi per caso, ha dichiarato al mondo il suo orientamento sessuale.

Confesso alterna momenti struggenti, molto intensi, nei quali il cantante dei Judas si rivela piccolo piccolo ad altri ove viceversa la sua umanità straborda conquistando tutto quanto gli gira intorno. Il libro scorre che è una meraviglia perché al centro vi è l’uomo Halford e le sue vicissitudini possiedono il profumo di un romanzo. Lascia a bocca aperta scoprire quanto il Metal God sia fragile e carico di dubbi, una persona umile che ha commesso moltissimi errori e ammette di averlo fatto. Quando si dipinge come una rockstar lo fa in maniera dissacrante, con il sorriso sulle labbra, quasi parlasse di qualcun altro. Non utilizza filtri di sorta, a pagina 169 si immagina le reazioni di alcuni fan dei Judas: “Vaffanculo! Non la vado a vedere una band con un cantante frocio!”.

Il sottile fil rouge che accomuna le quasi quattrocento pagine del tomo griffato Tsunami è rappresentato dal senso dello humor sprigionato da Rob, uno che le cose le fa sul serio ma non si prende mai sul serio. Il segreto nel raccontarsi così bene risiede nell’elargizione delle dosi industriali di ironia e autoironia che vanno a impregnare la cellulosa di Confesso.

Halford è impietoso nei confronti della categoria: i giornalisti vengono definiti sarcasticamente giornaioli. Qualche riflessione e rivelazione in più sullo split con Corky (il primo manager) e su Tim “Ripper” Owens sarebbe stata invero gradita ma il Metal God, si sa, ha l’idiosincrasia per lo scazzo. Ovviamente vi è anche molta musica e le chicche sgorgano a profusione. In Germania Rob rischiò di congelare nel furgone mentre gli altri erano fuori a far baldoria, in un’altra occasione, senza avvertire il resto della band defecò direttamente sul tour bus in un sacchetto per poi gettarne il contenuto dal finestrino. A proposito di finestrini: cosa c’è di meglio nella vita se non disfarsi di mezzo panino e gettarlo fuori dalla macchina mentre si è in viaggio? Meglio ancora se poi questo finisce sul collo di un gigantesco biker, ovviamente armato di catene a bordo, da utilizzare non per quando nevica… Anche il sesso vuole la sua parte et voilà: come fare per suonare al festival di Reading? Semplicemente basta dire di sì alla persona giusta per una fellatio. Sempre rimanendo in tema: attenzione se un anziano sul più bello si toglie la dentiera!!!

Curioso constatare quando Rob parla di Screaming For Vengeance e cita “Jawbreaker”, pezzo non presente su quell’album ma sul successivo, Defenders Of The Faith. Lapsus halfordiano?

Altro passaggio esilarante che inquadra al meglio lo spirito che alberga in Confesso:

Vorresti raccontare alla gente tutto quello che hai fatto, ma non sempre a loro va di ascoltarti. “Com’era l’America, Rob?”, mi ha chiesto un amico al Dirty Duck.

“Oh, Dio, fantastica!”, ho risposto. “New York è incredibile, e poi St Louis… e Robert Plant è davvero un tipo eccezionale…”.

“Ah, sì? Figo!”, mi ha risposto. “Sai, domani porto la macchina a revisionare…”.

 

Confesso, l’autobiografia: una storia entusiasmante, narrata con semplicità e con il cuore in mano.

Consigliato.

 

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti