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Recensione libro: Not For You, Pearl Jam tra Passato e Presente

Di Stefano Ricetti - 7 Agosto 2021 - 17:48
Recensione libro: Not For You, Pearl Jam tra Passato e Presente

NOT FOR YOU – PEARL JAM TRA PASSATO E PRESENTE

di Ronen Givony

Collana Chinaski Edizioni

Ean13: 9788827602294

Pagine: 416

22 Euro

Il Castello Editore

 

 

Il motivo per il quale su queste pagine web a sfondo nero talvolta trattiamo libri non necessariamente denim&leather&spikes&rivets&chains&studs alberga nel fatto che anche all’interno di altre opere si possono ritrovare concetti, fatti, esperienze sovrapponibili a quelle dei nostri eroi tutti Acciaio e Attitudine. Nel momento in cui una trattazione va a toccare situazioni comuni, realisticamente impersonate dalla storia e dal susseguirsi degli avvenimenti, diviene automaticamente interessante. E saperne di più, su fatti che riguardano la musica dura, è sempre un bene, al di là della differenza di potenza che arriva agli amplificatori o dei decibel sparati al cielo dal cantante di turno.

Not For You, Pearl Jam tra Passato e Presente è un libro strano. Per dirla come l’autore: “Non è una biografia autorizzata e non è nemmeno una biografia. Nessuno dei Pearl Jam è stato coinvolto nella sua realizzazione. Non ho la presunzione di avere una prospettiva privilegiata né competenze particolari. Il libro non contiene notizie diverse da quelle che sono già di dominio pubblico. Si tratta piuttosto, prendendo in prestito il titolo di un famoso romanzo, di Fan’s notes, “Appunti di un fan”. Non un giornalista, non un musicista, né un amico del gruppo ma un semplice fan, che non li ha mai conosciuti, non è mai stato nel backstage e non li ha mai visti se non dal proprio posto nel pubblico. In altre parole: qualcuno che non ha più titoli di voi”.

Parole di Ronen Givony (sulla costina è riportato come Ginovy), che è nato nel 1978 a Brooklyn e ha visto i Pearl Jam in concerto 57 volte. Un numero sì alto ma non altissimo, considerando quanti invasati di musica dura esistono al mondo e si sono sciroppati viaggi su viaggi bruciandosi (si fa per dire, ovviamente) le ferie anno dopo anno per poter seguire i propri beniamini e che, a oggi, possono contare centinaia di presenze fra il pubblico ai vari show.

Givony non è quindi il classico trombone nato negli anni Cinquanta o Sessanta e la cosa risulta evidente scorrendo le 416 pagine del tomo griffato Il Castello, Collana Chinaski Edizioni, diretta da Federico Traversa. Il suo punto vista, la sua angolazione è diversa rispetto “al solito”. Basti sapere che a pag. 25 così scrive, a proposito della situazione musicale del dicembre del 1990, riportando un estratto del Seattle Times:

L’heavy metal dell’ultimo decennio è diventato un genere ad appannaggio di pagliacci fasciati in tutine sintetiche che vomitano velocissimi assolo di chitarra. Gli Alice In Chains di Seattle, invece […]

Non esita nello stesso tempo a definire i suoi idoli Pearl Jam “ridicoli”: “I cori, gli assolo di chitarra infiniti, l’apparente assenza di umorismo o d’imbarazzo, il culto della personalità, la buffonaggine (credetemi, lo capisco). In certe compagnie (di critici, musicisti, snob di varia natura) i Pearl Jam sono un gruppo che non è il caso di nominare in pubblico (un po’ come i Poison) se non per fare dell’ionia: una specie di pezzo d’antiquariato ancora in funzione. Perfino una band come i Journey attira meno sfottò; tanto varrebbe mettersi a difenderei Def Leppard”.

Un “siluro” non da poco, tenendo conto che Eddie Vedder & Co. hanno venduto circa 85 milioni di dischi e sono stati primi in classifica per cinque volte. Givony, a proprio modo, passa comunque al setaccio l’intera parabola artistica dei ‘Jam, dall’esordio segnato da Ten sino all’ultimo Gigaton.

All’interno delle oltre 400 pagine, scritte fitte fitte, tradotte in italiano da Sara Boero e con trascurabili foto in bianco e nero, trovano spazio i difficili rapporti con i Nirvana e con Kurt Cobain, l’incontro con Bill Clinton, il licenziamento del batterista Dave Abbruzzese, l’impegno politico del gruppo, i numerosissimi bootleg, il drammatico Roskilde Music Festival del 2000 in Danimarca e i resoconti di molti altri show dal vivo. Il sottile fil rouge che lega i vari capitoli, solo apparentemente viventi di vita propria, è rappresentato dallo scorrere della storia, dal susseguirsi degli avvenimenti sociali, delle vicende politiche che hanno caratterizzato le mosse dei Pearl Jam ma anche le esistenze di tante altre band e di tutti noi. L’autore approfondisce vari aspetti, alla propria maniera ma lo fa, avvalendosi di dichiarazioni rilasciate in sede di intervista piuttosto che elucubrazioni e testimonianze in prima persona.

Not For You, Pearl Jam tra Passato e Presente è lavoro che manderà in sollucchero gli ultras del combo americano ma anche coloro i quali abbiano affinità con le band concorrenti e più in generale amore per il movimento Grunge. Essendo opera atipica, potrebbe altresì ricavarsi uno spazio anche in altri ambiti, più tradizionali e tradizionalisti, fra i lettori più curiosi, quelli che sanno andare oltre i rigidi steccati di genere alla ricerca di un qualcosa di nuovo, in rottura col passato.

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti