Heavy

Intervista La Mare Nera (Riccardo Dal Prà)

Di Lisa Deiuri - 14 Dicembre 2025 - 13:46
Intervista La Mare Nera (Riccardo Dal Prà)

Uscito lo scorso giugno, “The Magnificence Of Nothing” è il primo LP della one-man-band del musicista vicentino Riccardo Dal Prà, un disco nel quale tradizione e innovazione si fondono in una visione originale. Se, da un lato, chiari sono i riferimenti a Metallica, Black Sabbath e Tool, dall’altro il progetto di Dal Prà attinge anche alla musica dark, offrendo un ascolto, a tratti, davvero sorprendente. L’abbiamo intervistato per voi… Buona lettura!

Intervista a cura di Lisa Deiuri

Ciao Riccardo, grazie per avermi concesso questa intervista. Comincio con la domanda di rito: com’è nato il progetto La Mare Nera?

Ciao Lisa, grazie a te e alla redazione di TrueMetal.it per avermi dato questa opportunità!

Il progetto nasce, come spesso accade, dall’esigenza di mettere nero su bianco le esperienze di vita attraverso la lente artistica del momento, con la consapevolezza che questo processo di elaborazione muterà costantemente nel tempo. Con La Mare Nera, cerco di esprimere le mie idee sul mondo e sulla vita con la massima libertà e onestà intellettuale, proprio perché le costrizioni sociali della quotidianità impongono restrizioni alla nostra espressione. Il nome stesso del progetto (La Mare Nera, dove Mare in dialetto veneto significa Madre) intende esorcizzare e abbracciare ciò che ci incute più timore, come la morte, abbattendo quei tabù che ci imprigionano, specialmente nella società occidentale. Non è nulla di nuovo, ovviamente, ma, come diceva qualcuno: “è così liberatorio!”.

‘The Magnificence of Nothing’, uscito lo scorso giugno in via indipendente e prodotto presso Ghost Studios, è un album composito, nel quale riecheggiano i “mostri sacri” dell’heavy metal ma anche sonorità alquanto diverse, che si rifanno alla darkwave e al al post-punk… Come si è sviluppata la tua ricerca musicale?

Sono nato e cresciuto in mezzo alla musica; si può dire che usassi il giradischi ancor prima di camminare. La musica ha sempre suscitato in me fortissime emozioni fin da piccolo, al punto che, per dissimulare l’imbarazzo di tali sensazioni, ho imparato a esplorare generi sempre più estremi, talvolta per celare il mio stato emotivo reale. Con il tempo, l’estetica e i paradigmi del Metal sono entrati a far parte del mio DNA, diventando una seconda natura. Non ho tuttavia mai rinnegato il mio amore per la cosiddetta musica Pop. Le mie diverse esperienze musicali — con progetti Metal, Punk, New Wave e Pop Rock (anche italiano) — hanno contribuito a formare il mio sound attuale.

 

Tu sei un polistrumentista e one-man-band, il che significa avere in mente una visione ben precisa: quali sono i temi che affronti nella tua produzione musicale?

La meraviglia del processo creativo sta proprio nella consapevolezza che la strada intrapresa può condurre a destinazioni inattese. Questo è l’approccio che cerco di mantenere con La Mare Nera. Partendo da un giro di chitarra, basso o batteria, cerco di coglierne la frequenza emotiva e il significato recondito nel mio inconscio, da cui poi nasce qualcosa di inaspettato. Faccio persino fatica a definirlo esclusivamente una mia creazione, poiché a volte musica e testi mi piovono addosso inspiegabilmente, senza che io ne comprenda subito la provenienza. Interpreto questo processo come un qualcosa di mistico, una vera e propria magia della vita. Certamente, una volta ricevuta l’ispirazione, mi concentro sul tema da sviluppare. In TMON (“The Magnificence of Nothing“) parlo della mia visione della vita, dell’impermanenza dell’esistenza in “Surfing Skull“, della guerra in “The Biggest Mistake“, dell’autismo in “Neurodivergence” (un tema a me molto caro) e di altre questioni esistenziali come l’amore che supera la morte in “Funeral Bell” o di come chi è convinto di combattere il sistema ne sia in realtà vittima in “Deep Fake“.

In una scena come quella metal, ma lo stesso si potrebbe dire di quella gothic, dove spesso l’ascoltatore medio continua a riascoltare (e collezionare) dischi di almeno – se va bene – vent’anni fa, secondo te c’è ancora spazio per l’innovazione?

Richiamo anche qui il concetto di impermanenza: la costante mutevolezza del tutto porta a un inevitabile cambiamento. A volte l’innovazione è solo un rimescolamento di idee. Spesso, anche chi fa musica tende a restare arroccato nelle proprie posizioni, prediligendo schemi preesistenti “sicuri”. Credo che il Metal sia uno tra i generi più “reazionari” in questo senso. Fortunatamente, le nuove generazioni sono più aperte alle contaminazioni. Il vero problema, tuttavia, è che non sempre la qualità e la tecnica si fondono con le emozioni. Forse è proprio questo che manca nel panorama attuale: non certo il talento, i mezzi o le idee, ma l’emozione pura, quella che non si può spiegare e che sfugge a ogni classificazione.

Mainstream e underground. Io sono dell’idea che sia da quest’ultimo che i generi possono trarre la linfa vitale per i grandi dischi di domani… Tu come la vedi?

Non posso che essere d’accordo con te! In tutti gli ambiti artistici prima o poi il mainstream tende a far proprie alcune istanze dell’underground: succede nella musica, succede nel cinema, nella pittura.

Una sorta di “salto di specie” che una volta avvenuto apporta innumerevoli benefici.

Se ci pensi molte delle cose che oggi consideriamo mainstream un tempo erano considerate rivoluzionarie.

In un’epoca nella quale il digitale e, ora, l’AI, hanno spostato molto il baricentro del pubblico rispetto alle modalità di fruizione di un’opera musicale, quanta importanza ha per te la performance dal vivo?

La performance live è il rituale artistico che si compie: il noto che abbraccia l’ignoto. Tuttavia, al di là della poesia, dobbiamo fare i conti con la realtà attuale: la soglia di attenzione del pubblico è brevissima, tutto dovrebbe durare il tempo di un reel, la tribute band è spesso l’unico porto sicuro per i gestori e la musica live underground rimane un fenomeno di nicchia o appannaggio di pochi. Non voglio fare il nostalgico; sono affascinato dal cambiamento e dalle nuove generazioni, che immagino come abitanti di un paese straniero di cui vorrei imparare il linguaggio. Nonostante tutto, in questo contesto i live rimangono la cosiddetta prova del nove, la gara dopo l’allenamento. Ma è anche vero che la scarsa partecipazione non deve essere sempre attribuita al pubblico; a volte sono le stesse band che non riescono a infondere l’energia necessaria nelle loro performance.

Hai progetti futuri?

Sì, sto lavorando a del nuovo materiale de La Mare Nera di cui penso uscirà il primo singolo entro Gennaio per poi arrivare alla release del nuovo album entro Maggio 2026.

In molti mi hanno chiesto anche una versione strumentale di TMON e non escludo che anche questa possa essere resa disponibile e quindi distribuita nelle varie piattaforme entro la fine di quest’anno.

Certo il lavoro da fare è ancora molto ma come vedi La Mare Nera non si ferma mai.