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Recensione libro: Questa non è una discoteca, la storia del CBGB

Di Stefano Ricetti - 19 Dicembre 2025 - 8:17
Recensione libro: Questa non è una discoteca, la storia del CBGB

Questa non è una discoteca

La storia del CBGB

di Roman Kozak

Edizione italiana a cura di Luca Frazzi

Formato 17×24

ISBN 9788885747975

Pagine 256

Interno4 Edizioni

24 Euro

 

Country, Bluegrass, Blues and Other Music For Uplifting Gourmandizers, che in italiano suona più o meno come Country, Bluegrass, Blues e altra musica per buongustai è la traduzione della famosissima scritta CBGB OMFUG che campeggiava sulla quella lurida tenda a cappottina originariamente bianca di uno fra i locali mitici della storia del rock. Locato a New York, al 315 di Bowery Street, nel Lower East Side di Manhattan, aprì ufficialmente con il nome citato sopra per mano di Hilly Kristal il 10 dicembre 1973 per poi chiudere definitivamente il 30 settembre 2006 dopo una lunga battaglia legale con i proprietari dell’immobile.

Trentatré anni di fuoco e fiamme in termini musicali e altrettanti di cessi tenuti in maniera immonda che hanno segnato la leggenda, oltre che il luogo, attualmente occupato da John Varvatos, un negozio di abbigliamento di lusso.

Negli anni Settanta quella zona non era propriamente definibile come il salotto di New York, situazione  opportunamente riportata all’interno del libro Questa non è una discoteca, La storia del CBGB, ultimo parto letterario di Interno4 Edizioni, oggetto della recensione, tant’è che Lita Ford, una delle bellezze conclamate dell’hard rock di sempre, quando ancora militava nelle Runaways, rammenta così il suo esordio con quel locale:

La prima volta che suonammo al CBGB, appena scesi dalla macchina, un barbone ci si avvicinò barcollando e, urgh, vomitò proprio davanti a noi!

Il CBGB impresse nel granito il proprio nome nella storia, quella con la “S” maiuscola, del Punk e della New Wave mondiale. Per la prima volta è disponibile nella sua edizione italiana, allestita da Luca Frazzi, la traduzione del fondamentale libro di Roman Kozak, che uscì nella sua veste primigenia nel 1988 per poi venire ristampato nel 2024 con degli aggiornamenti.  L’uscita griffata Interno4 è contraddistinta dalle grafiche curate da Matteo Torcinovich e si avvale di scatti e volantini inediti non presenti nell’edizione americana. Prefazione da parte di Chris Frantz dei Talking Heads, fotografie di Ebet Roberts e chicca fra le chicche, il  capitolo finale illustrato dedicato alle band italiane che hanno suonato al CBGB, confezionato appositamente dall’autore con la collaborazione di Roberto “Tax” Farano dei Negazione, Mauro Codeluppi dei Raw Power e Antonio Cecchi dei Cheetah Chrome Motherfuckers.

Questa non è una discoteca è opera grondante, in maniera diretta, primitiva e senza filtri di sorta, di autentiche schegge di leggenda, ricostruite sulla base di ricordi, aneddoti e pettegolezzi di molteplici addetti ai lavori che vennero impiegati, suonarono o semplicemente frequentarono lo storico e seminale locale newyorkese. Dichiarazioni raccolte in primis dal fondatore del CBGB Hilly Kristal, poi a seguire i fondamentali Joey Ramone e Dee Dee Ramone (Ramones), Clem Burke e Chris Stein (Blondie), David Byrne (Talking Heads), Jim Carroll, Willy Deville (Mink Deville), Annie Golden (Shirts), Richard Hell e Richard Lloyd (Television), Lenny Kaye (Patti Smith Group), Handsome Dick Manitoba (The Dictators), Wendy O. Williams (Plasmatics) e altri ancora. Molti di loro non sono più fra noi perché passati a miglior (?) vita, qualcuno  è  invecchiato male rinnegando il proprio illustre passato sia nei comportamenti che nelle dichiarazioni così come lo zoccolo duro dei vecchi duri e puri resiste ancora. Niente di più e niente di meno della tipica trama codificata della vita, che travalica il Punk, la New Wave e l’heavy metal.

Intriganti le ultime pagine, ove sono raccolti un bel po’ di volantini che danno un’idea ulteriore di quanto fosse “centrale” il CBGB per i movimenti non mainstream, all’epoca. Tante le band i cui moniker  scorrono fra disegni vari a tema: Plasmatics, Cro-Mags, Agnostic Front, Blondie, The Dictators, Hole, Ramones, Rancid, Televison, Talking Heads, solo per citarne qualcuna.

La Storia della musica dura passa dal 315 di Bowery Street, ancor di più dopo Questa non è una discoteca.

Monumentale nella sua essenzialità.

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti