Live Report: Treat, The Poodles e H.E.A.T a Bologna

Di Angelo D'Acunto - 11 Maggio 2010 - 0:28
Live Report: Treat, The Poodles e H.E.A.T a Bologna

Sweden Rocks!. Nessun altro titolo poteva essere più appropriato per una serata che
ha visto come protagonisti tre dei migliori act in ambito melodic rock
provenienti dalla terra scandinava. La sorpresa vera e propria è stata
sicuramente quella degli H.E.A.T, capaci di tenere il palco con enorme energia e
l’abilità dei veterani, senza comunque nulla togliere alla conferma di un gruppo
come i The Poodles e, soprattutto, senza dimenticare i redivivi Treat, vera e
propria attrazione di punta del concerto in questione. Uno show che non ha
deluso, quindi, nonostante qualche problema causato dall’enorme ritardo (ben
otto ore) con cui le band si sono presentate al Sottotetto Sound Club di
Bologna.

Report a cura di Angelo D’Acunto e Lucia Cal
Foto a cura di Angelo D’Acunto

Solo mezz’ora a disposizione, tempo piuttosto esiguo, certo, ma
che ha comunque permesso agli H.E.A.T di imporsi come si deve sul palco e,
naturalmente, di coinvolgere a dovere un pubblico felsineo già abbastanza
“caldo” a partire dalle prime note suonate. La band scandinava, già tenuta
d’occhio dagli addetti ai lavori grazie allo strepitoso album d’esordio, non ha
fatto altro che confermare quanto di buono era stato già ampiamente messo in
luce su disco. In primo piano le acrobazie vocali di Kenny Leckremo, autore di
una prestazione letteralmente d’applausi, e coadiuvato a dovere da una band che
non sbaglia nemmeno un colpo, dimostrando anche di sapere tenere benissimo il
palco, senza comunque mancare di divertirsi e, ovviamente, di far divertire il
pubblico pagante. La setlist, suddivisa in trenta minuti scarsi di show, mira
soprattutto a pescare a piene mani dall’omonimo full-length d’esordio, come ad
esempio la opener There For You o una Cry da brividi, mentre a Beg Beg Beg (tratta
dal nuovo Freedom Rock) spetta l’onore di chiudere un set d’altissimi livelli e
che ha mantenuto viva l’attenzione dei presenti per tutta la sua durata. Un gruppo
che conferma dunque quello che è il proprio potenziale anche dal vivo, e che
sarà sicuramente da rivedere, magari in occasione di uno show da headliner.

Angelo D’Acunto

 

Non da meno anche i The Poodles, i quali non hanno nemmeno
bisogno di sorprendere più di tanto, e che però hanno l’arduo compito di
mantenere viva l’attenzione del pubblico felsineo dopo la devastante esibizione
degli H.E.A.T. Uno show comunque di buon livello ma che si differenzia
leggermente da quello precedente: decisamente più abbondanti i minuti a
disposizione e, sempre mettendo tutto a confronto con gli opener, meno incisivo
del previsto. Resta comunque il fatto che i The Poodles riescono anch’essi a dare un bel
po’ di soddisfazioni al pubblico del Sottotetto con una prestazione tutto
sommato buona, con la voce di Jakob Samuel (e la sua presenza scenica) sempre in
primo piano, seguito a ruota dalla precisissima prova dietro le pelli del
drummer Christian Lundqvist, mentre ad essere un po’ più in ombra è solo la
chitarra di Bergqvist. Una band comunque in forma, quindi, che riesce a farsi
valere sia dal punto di vista scenico, sia da quello esecutivo, con poche
sbavature per una manciata di pezzi tratti soprattutto da Sweet Trade (Flesh And
Blood, o Thunderball) e dall’ultimo Clash Of The Elements (Caroline e Like No
Tomorrow).

Angelo D’Acunto

 

Vincenti gli H.E.A.T, altrettanto convincenti i The Poodles e,
come da copione, d’alti livelli anche lo show dei Treat, tornati da poco sul
mercato con lo strabiliante Coup De Grace. Certo che, sarebbe davvero difficile
per chiunque mettere piede sul palco dopo le esibizioni dei gruppi d’apertura
(con menzione d’onore soprattutto per gli opener), eppure gli svedesi non hanno
di certo deluso le aspettative, grazie soprattutto ad una performance più che
elevata. Dalla scaletta prevista inizialmente sono state rimosse All In e Love
Stroke a causa del ritardo accumulato da tutte le band nel running order.
Prestazione complessiva, come si diceva, molto buona, nonostante alcuni problemi
ai suoni che hanno minato l’esecuzione dei primi brani in scaletta; in
particolare, da certe posizioni non si distingueva la tastiera di Patrick
Appelgren. I nuovi pezzi hanno confermato dal vivo di essere all’altezza della
fama della band: splendida in particolare We Own the Night, dalle calde
sfumature AOR. Ottima prova di Robert Ernlund, che ha subito instaurato un
rapporto intimo con le prime file, concedendo ad alcuni fortunati il piacere di
accompagnarlo nei ritornelli. Anders Vikstrom, colonna portante della band, è
partito in sordina ma si è superato nella strepitosa Conspiracy, che ha concluso
trionfalmente la prima parte del set. In precedenza si erano succedute vecchie e
nuove composizioni, da Roar (primo singolo estratto da Coup De Grace) al
divertente medley che ha raccolto successi di Scratch and Bite, The Pleasure
Principle e Organized Crime. Dopo una breve pausa, tastiere protagonisti su
Skies of Mongolia (meravigliosa!) e l’inno World of Promises, che ha accolto sul
palcoscenico i membri degli H.E.A.T per una finta jam-session collettiva.
Un’istantanea finale: vecchia guardia e nuove generazioni fianco a fianco, quasi
a scambiarsi il testimone del rock melodico. Un concerto indimenticabile.

Lucia Cal