“10 ragioni per iniziare a suonare e 1000 per smettere” – Prima puntata
Truemetal vi presenta in anteprima “10 ragioni per iniziare a suonare e 1000 per smettere” , una divertente pubblicazione quindicinale sul mondo di chi fa musica o tenta disperatamente di farla.
Una sorta di “dissertazione a puntante” per ridere dove ci sarebbe invece solo da piangere, scritta da Daniele Galassi (in uscita col suo romanzo “Dream on/dream off” per Prospettiva Editrice) e arricchita dalle fumettose illustrazioni di Christian Morbidoni.
Ogni quindici giorni troverete sulle pagine di Truemetal un capitolo relativo ad un argomento visto con gli occhi di chi è in questo sciagurato mondo ormai da parecchio.
Si parte oggi con un’introduzione e si va subito ad un argomento caldo col primo capitolo vero e proprio…
Buona lettura!
P.S.: essendo possibile una futura pubblicazione su carta, sono ben graditi commenti, critiche, suggerimenti, testimonianze per poter migliorare il prodotto finito. Per i vostri feed back potete scrivere direttamente a danielegalassi@katamail.com.
10 RAGIONI PER INZIARE A SUONARE E 1000 PER SMETTERE
PREFAZIONE
Cari amici lettori,
già dalla seconda riga è necessaria una correzione di rotta: il titolo affibbiato a questa trattazione è infatti assolutamente decettivo, almeno se lo si prende alla lettera. Scordatevi cioè che vi si stilino veramente un elenco di 10 ragioni per cui vale la pena iniziare a suonare e soprattutto uno di 1000 mille ragioni per smettere. Sarebbe noioso e insulterebbe la vostra intelligenza (questa è sempre un’ottima scusa quando si vuole abbindolare il lettore e imbonirselo).
Vi verranno invece illustrate delle situazioni, tutto qua. Sarete voi a decidere se ricomprenderle mentalmente nelle famose 10 ragioni “pollice alto” o nel mazzo delle 1000 “pollice verso”. Limiteremo insomma la nostra analisi alla mera illustrazione dei fatti mutuando dall’esperienza empirica.
Ecco perché NON si parlerà dei grandi chitarristi o dei batteristi affermati, delle loro supermegaband che vendono milioni di copie, dei super tour mondiali e delle loro inebrianti groupies .
Cosa volete che ne sappiamo noi poveracci di questo mondo? E poi se vi si parlasse di gente tipo Gene Simmons o Vasco Rossi il titolo dovrebbe essere qualcosa tipo
“10 RAGIONI PER INIZIARE A SUONARE E 100.000.000.000.000.000.000 PER CONTINUARE”
Si parlerà invece dei primi passi che le aspiranti rock star fanno nel mondo della musica e delle loro vite in piccole band sconosciute o quasi.
Racconteremo delle mille fatiche che questi disgraziati devono affrontare ad esempio per cercare una sala prove o un nome per il proprio gruppo scalcinato, per evitare travasi di bile, per scovare ogni giorno un motivo valido per continuare a soffrire come cani e per riuscire, cosa forse più importante, a ignorare quella vocina interiore che sempre più alterata sbraita:
“ MA CHI CAZZO CE LO FA FARE?”
PARTE 1 – I PROFILI
Niente musicisti, niente musica. Bisogna quindi partire da qui. Questa che vi presentiamo potrà sembrare un’accozzaglia di stereotipi, e in parte probabilmente lo è. Ma questo fatto servirà a definire degli estremi all’interno dei quali potranno essere poi utilmente rinvenuti una miriade di “sottotipi ibridi”.
Ancora una volta, decidere se il vostro cantante propende più verso “il tipo A” piuttosto che “il tipo B” o se il vostro chitarrista è più uno “smanettone” che un “creativo” (queste categorie verranno spiegate nel corso della trattazione), spetterà a voi e a voi soltanto.
Una premessa metodologica: verranno per forza di cose approfonditi i caratteri di quelle figure maggiormente ricorrenti come il cantane, il chitarrista, il bassista, il tastierista o il batterista, mentre verranno lasciati fuori dalla trattazione altri eventuali attori della scena musicale come i triangolisti solisti, i suonatori di sitar armeno, i virtuosi delle nacchere in ebano, e così via.
In conclusione preme ricordare che nei primi 5 capitoli di questa PARTE 1 parleremo quindi di determinate figure, mentre nel capitolo 6 (intitolato “Le supercategorie”) si tenterà un’analisi di quei caratteri che si presentano a prescindere dell’appartenenza a certi profili.
In altri termini, visto che detto così risulta quasi incomprensibile, parleremo di quegli orientamenti “politico-filosofici” che può assumere un qualsiasi componente di una band.
Profilo 1: Il cantante
Il cantante è anche detto singer, vacalist, frontman. Comunque lo chiamiate, rimane il fatto che egli è un gran paraculato. Nessuno potrà mai negarlo. Ma andiamo con ordine.
Diciamo intanto che il gruppo più fico della terra vale meno di una moneta da cento lire dopo l’entrata dell’euro se ha un cantante sfigato, bravo che sia. Questa semplice ed irrefutabile considerazione ci porta a optare per un approccio dicotomico, che ad alcuni potrà sembrare semplicistico: chiameremo “tipo A” il cantante che risponde ai canoni base per essere definito tale, e “tipo B” lo sfigato. Per una volta, diamo la precedenza alla B.
Il tipo B:
Il tipo B lo si vede subito: non durerà un mese nel gruppo che già lo sbatteranno fuori. Si metta a suonare il tamburello, il piffero, le pentolacce, ma con quella faccia, quella postura, quel tono di voce quando parla…lasci stare il microfono. Se proprio ci tiene a rimanere, sarebbe bene si desse alla tastiera (vedere parte sul tastierista). Il tipo B si presenta di solito a testa bassa alle prove, canta con le mani in tasca, se mai dovesse arrivare a un concerto non guarderà di certo l’eventuale pubblico. Probabilmente non conosce i testi delle canzoni e in quel caso si presenterà sempre col suo inseparabile leggio. Ha gli occhiali e di sicuro l’alitosi. Anche se ha una bella voce è un disastro, proprio non fa per lui.
Il tipo A:
Il tipo A, al contrario, ci sa fare. Magari potrebbe cantare un po’ meglio, ma ci sa fare. Magari canta molto peggio del tipo B che è venuto ieri sera a fare il provino, ma non c’è storia. E’ il tipo A l’uomo giusto. Non sempre bello, ma comunque presentabile, il tipo A ha le idee chiare: vuole fare la rock star. E’ il primo a montarsi la testa, è l’ultimo ad alzare un dito: il tipo A dopo un mese di attività di gruppo non si porta manco il microfono, ci avranno pensato gli altri. Lui è la cuspide della piramide, il sole attorno a cui girano i pianeti, lui è la bandiera del cargo, la faccia del gruppo. Fa una prova sì e tre no, chi se ne frega, faranno una versione strumentale per oggi. A casa non si esercita di certo, si sentirebbe un coglione, e poi troppa tecnica snaturerebbe il suo approccio al canto basato su quel suo “ferale istinto rabbioso”.
Ai concerti se la gode: non ha strumentazione, mentre gli altri montano quintali di roba sul palco, lui si da all’alcool e irretisce la barista. Si presenta al pubblico sbronzo, se proprio non ce la fa a cantare intratterrà gli astanti con l’ausilio del suo solo appeal .
Finito il concerto, mentre gli altri sollevano pile e pile di amplificatori, smontano la batteria, districano proibitivi grovigli di cavi, lui si gratta le palle e torna alla carica con la barista. E’ una vera pacchia. Per lui.
Il tipo A, soffre spesso di manie di grandezza: gli altri stronzi tarpano le ali alla sua sconfinata creatività rendendola dozzinale e scontata, quando se potesse decidere tutto lui la musica cambierebbe, in tutti i sensi.
© 2004 Daniele Galassi www.danielegalassi.com