Hard Rock

AC/DC: Brian Johnson ricorda il suo ingresso e le registrazioni di “Back In Black”, ‘pauroso, per un giovane lavoratore come me’

Di Orso Comellini - 27 Febbraio 2021 - 11:51
AC/DC: Brian Johnson ricorda il suo ingresso e le registrazioni di “Back In Black”, ‘pauroso, per un giovane lavoratore come me’

In una nuova intervista con Pierre Robert di WMMR, Brian Johnson ha ricordato il suo ingresso negli AC/DC e le registrazioni di “Back In Black”.

Fu un po’ pauroso, del resto ero solo un giovane lavoratore. Quando arrivai alle Bahamas, Malcolm e Angus vennero da me e mi chiesero se fossi anche capace di scrivere i testi. Risposi loro che avrei fatto un tentativo. La prima notte si presentarono con un blocchetto legale, uno di quelli gialli, una penna e un piccolo mangianastri. Mi fecero ascoltare una versione base di ‘You Shook Me All Night Long’. Mi dissero il titolo ed io ribattei che secondo me era troppo lungo. Anche se di recente Angus ribatte che il primo pezzo a cui abbiamo lavorato è stato ‘Back In Black’ (ride, ndr). Ma io ricordo che era ‘You Shook Me All Night Long’. Mah… comunque, ricordo di essermi seduto e di aver pensato: cosa ho da perdere? Tutt’al più avrò fatto una settimana di vacanza alle Bahamas. Buttai giù il testo in una ventina di minuti, onestamente, e glielo presentai il giorno dopo. Mi chiesero di cantarlo e fondamentalmente, quello che sentite su disco è quello che cantai la prima volta. Mi piacque fin da subito. Poi fu il turno di ‘Back In Black’ e fu interessantissimo, perché non avevo idea di poter sostenere quelle note alte. Fu il produttore, Mutt Lange, a dirmi di cantarla più alta. Che aveva sentito che era nelle mie corde. Ci provai e fu come liberarsi finalmente da un giacchetto troppo stretto. Una volta capito che potevo riuscirci, pensai che fosse una cosa straordinaria. Volevo fare solo quello per tutto il tempo… Fu meraviglioso scoprire che potevo farcela, pur avendo 32 anni. stavo quasi per passare oltre. Non avrei mai immaginato che sarei entrato in una band Rock di quel calibro a 32 anni. Circa l’età che aveva Bon quando è scomparso.

Comunque, avevamo un budget molto ristretto e dovevamo uscire dalla sala di registrazione in 6 settimane. Appena completammo le registrazioni ci spedirono subito sull’aereo per risparmiare sulle strutture in cui alloggiavamo. Arrivai a casa e realizzai di aver registrato un album. Ma non era stato ancora mixato. Per cui ci vollero almeno altre 6 settimane o 2 mesi prima che arrivasse per posta la mia copia del disco. Peccato che in casa non avessi un registratore per ascoltarlo. Mi rivolsi a un mio amico, il chitarrista dei Geordie, e mettemmo su ‘Hells Bells’. Mi disse che secondo lui non sarebba mai decollata. “Forza, facciamoci una pinta”, disse. “Canti troppo alto, non sei tu” (ride, ndr). Mi spezzò il cuore. Andammo al pub e affogai le mie pene nell’alcool. Poi lui aggiunse: “Non ti preoccupare”. Infatti tutto ha funzionata in maniera fantastica. Non riesco ancora a credere che siano già passati 40 anni. E che possiamo ancora proporre quei brani dal vivo. E’ straordinario.