Ghostrider (tutta la band)
Ci sono voluti tanti anni. Ventisei, per l’esattezza. Nel 1985, infatti, i genovesi Ghostrider cambiarono il proprio nome in Necrodeath terminando, di fatto, la loro carriera. Ora, nel 2011, la Creatura è rinata. Con “The Return Of The Ghost” si riapre la storica del mitico ensemble che segnò così pesantemente la primigenia scena del black/thrash. Di questo e d’altro ne parliamo con i tre membri del gruppo: A. Zarathos B. (chitarra), Mark Peso (batteria) e G. Helvete F. (voce e basso).
Il ritorno dei Ghostrider. Chi, come e perché. Forza, raccontate…
A. Zarathos B. – Sì. Dopo ventisei anni di letargo i Ghostrider sono pronti per rientrare in pieno nella scena metal, italiana e internazionale. All’inizio del 2010 Giulio della FOAD Records ha proposto la ristampa su vinili formati dieci pollici del vecchio demo dei Ghostrider, “Mayhemic Destrucion”. Incredibilmente, dopo 3-4 mesi, la prima tiratura è andata esaurita. Si è risvegliato così quello spirito di quel nome insieme a un grande entusiasmo per la cosa. È stata quindi mandata in ristampa una nuova tiratura per i vinili e Mark Peso ha pensato di proporre nuovamente questo vecchio nome, con una nuova line-up, per soddisfare quella che sembrava essere una nostalgica mancanza per i cultori del genere e non solo.
Ghostrider quindi Necrodeath: che fine hanno fatto Nicola, Claudio e Paolo?
Mark Peso – I Ghostrider nacquero nel 1984, quando decidemmo di iniziare a suonare anche noi dopo aver preso spunto dai grandissimi Venom, per iniziativa mia e di Claudio… lui è l’unico degli ex-componenti con cui sono in contatto tutt’oggi ed è un mio grande amico. L’anno successivo decidemmo di cambiare nome in Necrodeath. Quando sono ripartito con Ghostrider, quest’anno, ho chiamato subito anche lo stesso Claudio e pur sapendo che è da un po’ che ha smesso di suonare, gli ho detto che volevo averlo assolutamente come ospite nel disco e cosi è stato!
È previsto il rientro di qualcuno di loro, in qualche progetto legato in qualche modo ai Necrodeath o ai Ghostrider?
Mark Peso – Claudio sarà sempre il benvenuto come ospite sia nei Ghostrider sia nei Necrodeath. Per qualche registrazione in studio, in primis, ma mi piacerebbe vederlo anche sul palco a far casino con noi!
In “The Return Of The Ghost” ci sono parecchi brani originari del periodo 1984÷1985. La loro anima è stata trasportata, intatta, al 2011. È stata un’operazione spontanea, venuta da sé, oppure avete lavorato apposta, su di essa?
G. Helvete F. – Quando abbiamo deciso di riportare in vita i Ghostrider sapevamo di dover ripartire da dove tutto si era fermato, nel 1984. Quindi, l’idea di riprendere quei vecchi brani in questo primo album ci sembra un giusto passo per far conoscere alle nuove generazioni questa band e la sua storia; oltre al fatto che a noi quei pezzi continuano a piacere e che ci divertiamo a suonarli dal vivo. Per proporli nel 2011 cercando di non snaturare l’anima del singolo pezzo abbiamo lavorato sì, ma non più di tanto anche perché abbiamo voluto semplificare molto sia le registrazioni, sia gli arrangiamenti per essere fedeli al modo di registrare di un tempo.
In maniera simile, i nuovi brani suonano maledettamente Ghostrider e non Necrodeath. Anche in questo caso è stato un processo naturale?
G. Helvete F. – Direi di sì anche perché metà album, come dicevamo prima, è composto di vecchi brani scritti nel 1984 seppure arrangiati di nuovo; mentre per i nuovi pezzi abbiamo proseguito sulla linea «old school» che vogliamo mantenere per il progetto Ghostrider. Con i Necrodeath il processo è diverso, perché in ogni album si tenta sempre di sperimentare idee nuove.
“The Return Of The Ghost” è un album «tutto di un pezzo». Come più sopra accennato, non si percepisce alcun salto temporale, in esso. Come se fosse stato composto ieri, insomma. La sua continuità stilistica stupisce: come avete fatto a mischiare così tanti ingredienti senza far bruciare la pietanza?
G. Helvete F. – Mi fa piacere sentirti dire questo. Infatti, è lo scopo che ci siamo posti prima di comporre le nuove canzoni: volevamo dare continuità ai pezzi di un tempo con quelli di oggi. Forse ci siamo riusciti anche perché siamo tutti «ragazzi» non di primo pelo e quindi l’era metal anni ‘80 l’abbiamo vissuta in qualche modo sulla nostra pelle. Mark Peso (membro originario), poi, ha contribuito molto nella stesura dei nuovi pezzi e quindi ad avvicinare due epoche così lontane. In realtà, per noi, è stato piuttosto semplice.
C’è stato un motivo particolare, dietro la scelta della cover degli Onslaught?
Mark Peso – È un gruppo che vidi alla fine degli anni ‘80 con i Motörhead e quando sentii il pezzo in questione, “Power From Hell”, non mi uscì più dal cranio! È fantastico… l’ho proposto ai ragazzi da inserire nell’album come una sorta di bouns-track e come un omaggio alla vecchia scuola.
Vi è rimasto dentro qualcosa, dopo tutto il lavoro svolto per incidere “The Return Of The Ghost”?
G. Helvete F. – Devo dire che rispetto ad altri album che ho fatto in passato, registrare “The Return Of The Ghost” è stato per me molto semplice; infatti, in circa dodici ore ho registrato sia il basso sia le voci. Ciò anche grazie al fatto che avevamo le idee molto chiare prima di entrare in studio e quindi tutto è venuto in maniera spontanea. Quello che mi è rimasto dentro è forse proprio questo modo di lavorare molto più semplificato e più diretto, senza troppe pretese nel ricercare particolari arrangiamenti o chissà quali suoni per stupire, ma incidendo la canzone per quello che è, nuda e cruda, per esprimere così la sua vera essenza.
Mark Peso – Nonostante cerchiamo di non lasciare nulla al caso e curare tutti i dettagli, c’è molto spirito punk in quest’album. Ed è con questo spirito che ripartiremo a comporre nuovo materiale.
Che significa, oggi, essere il simbolo vivente di un’epoca in cui la scena estrema era appena nata e aveva grandi spazi, davanti a sé?
A. Zarathos B. – È sicuramente una cosa che ci fa molto piacere e che ci lascia un’eredità importante da portare avanti, oggi. Sicuramente, quando sono nati i Ghostrider, di fronte a loro c’era un mondo completamente inedito e quasi intonso, e nessuno può negare che quei quattro ragazzi di allora ci si siano buttati dentro a capofitto per lasciarvi il loro indelebile segno.
Dopo tutti questi anni, pensate che il genere (black/thrash) sia «plafonato», oppure abbia ancora dei margini di evoluzione?
A. Zarathos B. – Sicuramente molto è già stato scritto e pensato per il genere black ma non solo. Tuttavia, sono convinto che ci siano ancora molte possibili sfaccettature che non sono ancora state proposte e che ci sia spazio per trovare ancora qualcosa di nuovo. Per fare questo, però, è necessario che si rompano un po’ le barriere che spesso si erigono tra i diversi generi. Non mi fraintendiate: non parlo di fusioni di generi improponibili o cose strampalate, però a volte un’influenza esterna aiuta a creare qualcosa di nuovo e interessante… oppure viene fuori semplicemente una schifezza!
Marco “Mark Peso” Pesenti lo conosciamo tutti. Difficile, invece, capire chi si celi dietro ai war-name degli altri due membri del gruppo. Si può sapere qualcosa in più, su di loro, oppure deve rimanere un segreto. E se sì, perché?
Mark Peso – Non rimarrà un segreto, piano piano si saprà alla fine chi sono i miei compagni d’avventura. Diciamo che in una maniera o nell’altra entrambi appartengono comunque alla «Necro-Family».
I testi delle canzoni di “The Return Of The Ghost” hanno, come da originali, dei temi più legati al black che thrash. Ha ancora un significato, oggi, per voi, quest’approccio «religioso»?
G. Helvete F. – I testi che ho scritto per quest’album sono sicuramente legati a temi oscuri e inquietanti, che possono essere paragonati a quelli black e anti-cristiani; ma non necessariamente m’ispiro a questo. Piuttosto, sono sempre stato affascinato da tutto ciò che è in ombra e che quindi non tutti possono o vogliono capire. In “The Return Of The Ghost” molti testi delle canzoni del passato li ho riscritti completamente pur non snaturando quello che era il concetto della canzone, mentre i nuovi testi sono ispirati a temi horror e addirittura fantasy. Rispondendo invece se ha ancora significato per noi oggi l’approccio anti-religioso… beh, se nel 2011 ci sono ancora guerre o sacrifici umani nel nome di una qualsiasi fede o fanatismo religioso e se ancora oggi la Chiesa cattolica prende spesso posizione per quanto riguarda la vita laica influenzando le scelte della popolazione, direi che vale assolutamente la pena parlarne!
Mark Peso – Se consideri poi che la Chiesa in certi casi si schieri contro le manifestazioni heavy metal, al posto di pensare alle loro grandi problematiche, beh… il nostro approccio anti-religioso sarà sempre più forte!
Legata ai testi, la copertina dell’album. Che significato ha?
Mark Peso – È un’immagine che racchiude tutte le canzoni, simboleggiata da tre statue. Esattamente come i tre membri del gruppo. Non ha un significato particolare, comunque.
Il ritorno dei Ghostrider è stato un episodio sporadico, oppure intendete andare avanti con il progetto; lavorando per esempio su del nuovo materiale?
G. Helvete F. – Non sappiamo esattamente come si evolverà questo progetto, intanto siamo concentrati nel portare avanti i Ghostrider fino a quando le energie lo consentiranno; quindi per ora è un po’ presto sapere cosa faremo in futuro. La cosa certa è che il nuovo album rispecchia in pieno quello che vogliamo dire e per tutto quest’anno ci occuperemo di diffondere il più possibile la nostra musica attraverso i concerti.
Farete degli spettacoli dal vivo, nel prossimo futuro?
G. Helvete F. – Certo! Abbiamo già fatto diversi concerti tra cui due live in Finlandia che ci sono serviti anche per testare la reazione del pubblico. Fino a ora siamo molto soddisfatti di come si siano svolte le varie esibizioni, per cui abbiamo già in programma diverse date, nel 2011, su tutto il territorio nazionale. Potete trovare tutte le info su: www.myspace.com/ghostriderweb.
Ultima domanda. La più difficile. Il Futuro, appunto: come lo «vedete», in tutti i sensi?
G. Helvete F. – Lo vedo black!
Daniele “dani66” D’Adamo