Hard Rock

Intervista Gotthard (Leo Leoni)

Di Davide Sciaky - 12 Marzo 2020 - 9:00
Intervista Gotthard (Leo Leoni)

Intervista a cura di Davide Sciaky

Ciao Leo, come va?

Bene grazie, tu?

 

Tutto bene, grazie. Cominciamo a parlare del nuovo album, “#13”, mi dici con parole tue cosa si possono aspettare i vostri fan da questo album?

Prima di tutto tredici pezzi, che è già qualcosa.
Cosa si possono aspettare? Si possono aspettare un nuovo disco che si chiama “#13” che oserei definire “Gotthard 3.0”.
Sicuramente un disco nudo e crudo, molto Rock, molto down to earth, back to the basics, come si può dire.
Penso che sia un album con tutti gli ingredienti Gotthard; quello che i Gotthard hanno fatto in tutti questi anni è stato di sperimentare qualcosa di nuovo, quindi c’è qualcosa di nuovo ma anche tornando a guardare le nostre origini e ottenendo quello che vogliamo presentare nel 2020, e oltre, andando avanti.

 

Mi ricordo che per i CoreLeoni avevi detto che erano nati un po’ per tornare alle origini dei Gotthard, ora che mi dici che con questo disco anche i Gotthard tornano alle origini…

Non ho detto che tornano alle origini, guardano le origini che è un po’ diverso, non è tornare alle origini è un’altra cosa.

Diresti che la tua esperienza con i CoreLeoni ha influenzato la direzione di questo disco?

Mah, non so, bisognerebbe chiederlo agli altri ragazzi.
Io penso che… sicuramente qualcosa si è smosso, molto probabilmente, però penso che sia anche una cosa normale perché è una scelta di tutti, i Gotthard sono sempre stati una band molto democratica, quindi se tutti in questo momento hanno voluto tornare un po’ più in questa direzione, un po’ più rough, è una scelta che è stata fatta da tutti, è il volere di tutta la band.
Quindi a me fa solamente piacere, però, ripeto, bisogna anche dire che non è una ripetizione di quello che abbiamo fatto all’inizio perché sono mondi completamente diversi.
Quello che io faccio dall’altra parte è riportare queste sonorità, queste canzoni che magari per tanto tempo non sono stati più suonate, cose che magari in questo momento non funzionano neanche nel repertorio di quello che sono i Gotthard di oggi.
Cosa che non funzionava, e non poteva neanche più esserlo, anche quando c’era ancora Steve, quindi è una conseguenza di tanti anni di strada, come si può prendere ad esempio gli AC/DC che molto probabilmente non possono fare tutto il repertorio di Bon Scott; ecco, la nostra è una situazione un po’ simile.

 

Quale canzone secondo te i fan apprezzeranno di più in quanto classicamente Gotthard, e quale li sorprenderà di più?

Sai, è difficile da dire, perché anche i fan dei Gotthard si dividono in diversi “clan”, chiamiamoli così, chi preferisce una parte, chi preferisce un’altra parte, Gotthard prima di “D-Frosted”, dopo di “D-Frosted”, più Pop, meno Pop, quello più mainstream… quindi è un po’ difficile.
Una cosa che accomuna il tutto è che sono sempre stati dischi e sono stati periodi con belle canzoni, indipendentemente da quanto potevano essere più Heavy o meno Heavy.
Identificare i pezzi di questo disco sicuramente è difficile, però oso pensare che ci sono cose abbastanza tipiche, non so, ‘Every Time I Die’ è abbastanza Gotthard, molto Pop ma molto anche Rock, ci sono influenze un po’ retrò… ‘Bed News’ o, che ne so, ‘Time to Cry’ sono tipicamente Gotthard.
Come magari è tipico Gotthard, per quanto possa sembrare strano, anche ‘Marry You’ che ricorda ‘You’re All I Care For’ o altri pezzi che abbiamo suonato con la chitarra acustica, molto ballata ma in una maniera diversa.
Non c’è un secondo ‘Heaven’, non abbiamo mai voluto scrivere un secondo ‘Heaven’, e questa ballata che c’è potrebbe essere un po’ più Nic Maeder, se vuoi, si ripropone in versione ‘Remember It’s Me’, tra virgolette, ma anche lì è diverso perché non è una ballata tipica, è un pezzo un po’ più violento, ha un messaggio che dice “Scusa ma ormai è troppo tardi”, con queste chitarre un po’ più violente che entrano un po’ atipiche rispetto a quello che potrebbe essere la classica ballad.
E’ difficile… penso che dovresti prendere tanti fan e chiedergli, “Tu cosa preferisci?”, tanto è vero che anche tra i giornalisti, o comunque chi per adesso ha ascoltato il disco, c’è chi preferisce un pezzo e chi preferisce un altro; non c’è una preferenza netta, tutti vanno su un pezzo o su un altro, però tutti testimoniano che è un disco classico Gotthard, forse di più periodi [ride] forse più completo su quel lato lì, oserei dire.

 

Anticipi la mia prossima domanda che iniziava dicendo proprio che, avendo ascoltato l’album un po’ di volte negli ultimi giorni, ho notato da subito che è “molto Gotthard”. Dopo più di 25 anni di attività è difficile fare qualcosa che sia nuovo eppure che suoni Gotthard, o con l’esperienza è diventato più semplice?

Sai, sicuramente è difficile proporre qualcosa di sempre nuovo, ma penso che i Gotthard l’abbiano sempre fatto.
La cosa difficile è questa, ma la cosa facile è che comunque siamo noi, il mio modo di suonare è il mio modo di suonare, il mio modo di comporre è il mio modo di comporre, come quello di Nic, dopo dieci anni che è con noi, adesso anche lui è parte di questa cosa.
Le sonorità sono quelle che sono, puoi cambiarle un po’, puoi cambiare… è come ascoltare tutti questi gruppi che hanno fatto la storia, se ascolti gli Stones scoprirai che sono gli Stones perché c’è Mick Jagger, c’è Keith Richards, c’è tutto l’entourage che ti fa dire, “Questi sono gli Stones”, indipendentemente che siano gli Stones di ‘Satisfaction’ che avevano una sonorità, o che siano gli Stones di oggigiorno.
Questa è una parte importante, come riconosci i Beatles che dal primo disco all’ultimo non hanno niente a che vedere.
Per questo abbiamo questa fortuna di avere tutti questi anni alle spalle che ci danno questa sonorità.

 

Il disco, l’abbiamo detto prima, si chiama “#13”: tredicesimo album, tredici canzoni…

Esce il 13 marzo!

… esatto! Come mai la scelta di un titolo così semplice e anche dritto al punto, se vogliamo?

È semplice… tredicesimo album, perché non chiamarlo semplicemente “#13”?
Prima di tutto perché molto probabilmente non ci sono tanti artisti che hanno fatto tredici album, ce ne sono diversi che ne hanno fatti di più, sì, ma tanti si sono fermati per strada, quindi questo è un bel traguardo, penso.
Sono trent’anni di lavoro, trent’anni di esperienza, è un titolo anche molto intrigante se ci pensi, c’è chi dice che il 13 porti fortuna, chi dice che il 13 porti sfortuna, e da lì ci puoi fare tutti i contorni che vuoi.
Dal fatto che già si parli di questo numero 13 è molto interessante, ci siamo divertiti con quest’idea.
E’ anche vero che tanti momenti importanti della nostra carriera erano di venerdì 13, quindi abbiamo combinato un po’ le cose e ci siamo divertiti con questo aneddoto un po’ scaramantico.

 

Leggevo che ogni singolo album che avete pubblicato è finito al primo posto della classifica svizzera.

Vero.

Ovviamente quello che conta è la musica, ma anche questo record ha la sua importanza. All’uscita di un nuovo album sentite un po’ la pressione, il dover mantenere quelle aspettative, il dover arrivare al primo posto della classifica?

Allora, l’arrivare al primo posto ci speri, ti fa sempre piacere se succede.
Se non succede… scopriremo com’è.
Comunque il nostro primo disco non è arrivato subito al primo posto, è arrivato secondo e poi è salito al primo [ride].
E’ una piccolezza, per l’amor di Dio, però fa piacere arrivare a questo traguardo; oggi è sicuramente un po’ difficile, ma penso che la cosa più importante sia fare un album che piaccia a noi e ai nostri fan.
Quando noi siamo stati convinti di ciò, grazie ai nostri fan e a chi ci ha supportato, abbiamo raggiunto l’obiettivo.
Questo disco l’abbiamo fatto ancora in questa maniera, abbiamo deciso, provato e riprovato, rimesso assieme i brani, questo va bene, questo no, e penso che i nostri fan quando vanno a cercare un nostro disco sanno cosa possono aspettarsi; poi c’è sempre il fan a cui questo piace più o meno, ma sentiamo spesso chi dice che col passare del tempo, dopo aver ascoltato un disco non solo una volta ma una decina di volte, un disco cresce e piace più di prima.
Anche questo è un grande risultato e penso che anche con questo album sarà così, perché è un album che probabilmente va ascoltato un paio di volte in più del normale, come i grandi album della Storia, non voglio paragonarlo ai grandi album, per l’amor di Dio [ride] ma tanti grandi album sono stati capiti un po’ più tardi di quando sono usciti.

Ha nominato prima Steve: Steve è un cantante che ha conquistato il cuore di tanti amanti del Rock. Pensi che abbia lasciato un’eredità che qualche altro cantante ha raccolto?

Penso proprio di sì perché Steve è stato un grande, è un grande, non verrà mai dimenticato.
Ho sempre detto che secondo me era uno dei più grandi cantati che c’erano sulla Terra, in ambito Rock; penso che questo gli sia stato riconosciuto, gli verrà sempre riconosciuto e appena qualcuno capisce l’arte del cantare, capisce qualcosa di musica può capire cosa Steve ha creato.
Detto questo, penso proprio di sì, penso che tanti cantanti si ispirino a lui molto probabilmente, così come ha fatto lui con tanti grandi cantanti che ci sono ancora e che non ci sono più.
Penso che sia una parte importante della storia del Rock perché ha sempre avuto un senso della melodia, aveva questo Blues importante, questa voce rauca, questa impostazione alla voce, questo modo di essere, questo modo di esprimersi che era molto importante.
Penso che sicuramente ha lasciato un segno molto importante per chi scriverà i prossimi dischi, o alcuni, almeno.
Ha lasciato un’impronta molto importante.

 

Esistono registrazioni di canzoni con Steve alla voce che non avete mai pubblicato?

Ci sono delle cose in giro, però tante cose magari non sono finite o sono ad un livello ancora sperimentale dove magari il testo non era ancora finito e quindi molto probabilmente resteranno nel cassetto.

Non pensi che uscirà mai neanche un tributo con i pezzi così, incompleti, o qualcosa del genere?

Allora, non posso ancora pronunciarmi ma c’è qualcosa che probabilmente verrà fatto.
È una lunga storia… to be announced, mettiamola così.
Non posso pronunciarmi perché non è una storia ancora definita, si sta parlando di cosa si più fare, cosa non si può fare, e sicuramente non sarà una mossa commerciale.
Una cosa importante in un momento importante.

 

Parlavamo dei CoreLeoni prima, band che nasce come una sorta di tributo ai primi Gotthard, ma con il secondo album vi siete spinti un po’ più in là registrando due canzoni nuove. È la premessa del futuro della band, pensi che registrerete nuova musica originale?

Mah, probabilmente qualcosa succederà sicuramente, quando e in che modo non lo so.
Il progetto è diventata una realtà in questo momento, ci sono stati due dischi, due tour, il tour continuerà questo autunno, il “Travellin’ Men Tour”, e quello che c’è in programma è di continuare su questa strada.
Quanti pezzi, cosa e come faremo… diciamo che la band è nata per riproporre queste sonorità ed è un’idea che è piaciuta e piace in giro per l’Europa.
Vedremo, ci lasciamo sorprendere giorno per giorno.

 

Ecco, sentendo i CoreLeoni ho letto tanti commentare, e sono assolutamente d’accordo anch’io, che Ronnie suona tantissimo come Steve.

Ci sono delle similitudini, questo è vero, però è anche vero che se ascolti bene senti che non è esattamente uguale.
Questa è una cosa importante, se tu parli con Ronnie, non so se l’hai mai incontrato, lui parla così, è la sua voce.
Ho sempre osato dire che sono due Stradivari, hanno questa sonorità ma sono suonati da due musicisti completamente diversi.
Però hanno questa sonorità e in questa situazione sicuramente ricorda dei momenti di Steve; è molto simile, è vero, ma non è un cercare di clonare qualcuno, è semplicemente la sua voce.
C’è questa similitudine è per fortuna è così, e per fortuna non è così, ed è questo l’importante, ma la cosa più importante penso che sia come riporti queste sonorità e questa magia.
Non solamente la sua voce ma anche l’alchimia che c’è in tutto il gruppo, una magia che si trasmette al pubblico, e che il pubblico rimanda sul palco, è un gioco così, come buttarsi il pallone in spiaggia.
E’ un grandissimo cantante, l’uno come l’altro, come lo è Nic, penso sia anche giusto dire, dato che alcuni fan chiedono, “Ma perché questo, perché qui, perché lì”: vorrei rincuorare i fan dei Gotthard, quando noi abbiamo scelto di andare avanti con Nic abbiamo fatto la scelta giusta, lo riconfermo ancora oggi, abbiamo fatto la scelta giusta.

Mi hai anticipato di nuovo, dove volevo arrivare era se non ti è venuta la tentazione di chiedere a Ronnie di fermarsi direttamente nei Gotthard?

In questo momento i Gotthard sanno bene quello che stanno facendo e, lo ripeto, quando abbiamo scelto di andare avanti con Nic abbiamo fatto questa scelta, abbiamo lavorato in quella direzione ed è giusto così.
Ora, quello che succederà nel futuro non lo so, in questo momento ci sono due cose che vanno, chi lo sa, magari riuniamo le forze e facciamo uno spettacolo di tre, quattro ore con tutto un best-of, chi lo sa, ci sono mille cose che si possono fare, ma in questo momento le situazioni sono corrette così.
Tanto è vero che comunque Ronnie ha i suoi progetti, fa le sue cose, penso che adesso sia addirittura in giro con Michael Schenker, quindi anche lui ha tanta carne sul fuoco… e se lo merita anche!

 

La musica dei Gotthard è molto “american-oriented”, se vogliamo, pensi che l’essere svizzeri sia stato limitante per voi, o sia al contrario stato un fattore che magari ha avvicinato persone incuriosite dalla cosa?

Sai, non so se definirla “americana”, perché comunque quello che passa l’America al giorno d’oggi non è proprio quello che facciamo noi, prima di tutto.
Magari poteva esserlo in passato, in parte sì e in parte no, perché comunque c’erano influenze europee comunque, sonorità anche tedesche, per metterla così.
Penalizzato? Non so se ha penalizzato o ha aiutato, sicuramente ha creato delle atmosfere che hanno incuriosito la gente.
Sicuramente la melodia e la voce di Steve, e adesso con Nic, le melodie sono molto importanti, però è difficile fare paragoni, simile a quello che suoniamo noi forse Slash e dintorni, però non so quanti metterne ancora attorno, quindi, anche dopo tutti questi anni, penso che i Gotthard siano i Gotthard, c’è un tocco un po’ di tutti, penso che arrivi dal nostro background musicale e che ci abbia portato fortuna, malgrado tutto.
Penalizzato no, magari ci ha penalizzato il fatto che siamo svizzeri e quindi non siamo arrivati in America, probabilmente, penso che il mercato americano in questo genere detti un po’ legge, e non solo in questo genere musicale, detta un po’ chi sarà il prossimo ad essere grande o meno grande, i paesi più piccoli probabilmente hanno meno influenza sul mercato internazionale e mondiale.
Poi ci sono altri mercati altrettanto importanti del Nord America che bisogna cercare di conquistare e cercare di far in modo che tutto funzioni.

 

Essendo svizzeri, di Lugano, sicuramente siete più vicini all’Italia di quanto possa essere una band inglese o tedesca. Quanto è simile, o diverso, il pubblico italiano a quello svizzero?

Diciamo così, noi siamo un gruppo nato nel Ticino, ma in questo momento rappresentiamo quasi tutta la Svizzera [ride].
Nic arriva dalla Svizzera francese, e vive in questo momento a Zurigo, Freddy è svizzero tedesco, zona Zurigo, ora vive a Coire, quindi zona Grigionese, io sono del Ticino, Steve non c’è più, quindi il centro si è un po’ spostato.
Il pubblico è molto diverso, il pubblico italiano, il pubblico tedesco, il pubblico russo, il pubblico giapponese sono tutti molto diversi, ognuno ascolta la musica e vive i concerti in modo diverso.
Penso che anche qua ci si possa dividere in categorie, quello più latino quello meno latino, quello più nordico e quello meno nordico, uno un po’ più caldo, un po’ più da festa della birra che può essere quello tedesco, o uno che porta molto più rispetto come può essere quello giapponese.
Quello giapponese non vuole perdersi nemmeno un secondo e probabilmente non vedrai neanche un telefonino mentre suoni, quando magari in altri paesi vedi un sacco di telefonini e ti viene da pensare, “Beh, però così non vedono il concerto”, poi vanno a casa a dire, “Guarda che bel concerto che ho visto!”… non era proprio così [ride].
Quindi, penso che ci siano energie molto diverse ma molto simili, alla fine sono tutti lì per te; penso che la grande differenza sia nei festival, ci sono sempre di più questi mix di band e generi diversi che portano diversa gente che ha una visione diversa della cosa.
Il comune denominatore è che sono tutti lì per te, l’applauso finale c’è, non c’è nessuno che cerca di andare a casa il più in fretta possibile e questa è la cosa più importante.
La cosa che li accomuna è che si vogliono divertire e passare una bella serata con te, poi ognuno ha il suo modo di esprimersi; a me piace suonare dappertutto, piace capire anche come la gente reagisce a quello che fai, quindi cerco di conoscere le culture e apprezzo tutto, è difficile dire chi apprezza di più.
Sì, c’è chi grida di più, dall’inizio alla fine, o c’è quello che ascolta quando il cantante respira, se riesce a sentirlo quando lo sente dice, “Oh! Ce l’ho fatta!”.
Io apprezzo ringrazio sicuramente tutto il nostro pubblico, indipendentemente da che parte di pianeta sia.

 

Nel Rock siete sicuramente una delle band più famose ad uscire dalla Svizzera, anche a livello internazionale, ci siete voi, i Krokus, andando più verso il Metal magari i Celtic Frost…

I Coroner!

I Coroner, bravissimo, e così conosciuti a livello internazionale non mi viene in mente molto altro. C’è qualche giovane band tua connazionale che ti sembra promettente?

Sicuramente abbiamo alcuni gruppi, gli Shakra, che saranno in tour con noi in Svizzera, i Crystal Ball, c’è un gruppo che ci ha fatto da supporto ai CoreLeoni, i Maxxwell e anche loro sono molto bravi.
Poi sicuramente c’è una grande scena che cresce dietro le quinte, penso che in Svizzera ci sia molto Rock, magari non esce così tanto a livello internazionale, anche perché è molto difficile uscire al giorno d’oggi, permettersi un tour, andare in giro è molto difficile, però c’è tanta carne al fuoco, sicuramente.

A livello locale, quindi, c’è tanta attività.

Sì, sì, sì, ce n’è.
Ci sono diversi concorsi che fanno in diverse città, c’è ancora tanto Rock, non c’è solo Hip Hop o altro, queste tendenze di musica del momento, alla base c’è ancora tanto Rock, Hard Rock, Heavy Metal in tutte le sue forme.

 

Grazie mille della chiacchierata e ci vediamo a maggio, mi pare.

Grazie a te!
Sì, ci vediamo a maggio all’Alcatraz!