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Intervista Labyrinth (Roberto Tiranti, Olaf Thorsen e Andrea Cantarelli)

Di Luca Montini - 30 Gennaio 2021 - 8:00
Intervista Labyrinth (Roberto Tiranti, Olaf Thorsen e Andrea Cantarelli)

In occasione dell’uscita di “Welcome to the Absurd Circus” per Frontiers Music (potete leggere qui la nostra recensione) abbiamo intervistato per voi Roberto Tiranti, Olaf Thorsen e Andrea Cantarelli dei Labyrinth!

labyrinth-logo

Ciao e benvenuti su Truemetal.it! Il 22 gennaio esce il vostro nuovo album “Welcome to the Absurd Circus” (l’intervista è di qualche giorno fa n.d.R.). Come state passando questi giorni in attesa della release?

Roberto: Ogni nuovo disco ha la sua storia e nei giorni precedenti all’uscita t’immagini come potrebbe essere accolto, un filo di nervosismo c’è sempre.

Fin dal titolo il lavoro palesa le numerose contraddizioni della società attuale. Potete parlarci più nel dettaglio del concept dell’album? Perché il mondo di oggi è un “circo assurdo”?

Roberto: In effetti il disco pur non essendo un concept, parla essenzialmente della società all’epoca del covid e di come anche in questo caso, nella maggioranza dei casi, l’essere umano abbia perso l’occasione di dimostrare appunto “umanità”. Sui social rimbalzano fake news, “odiatori” seriali, nuovi falsi profeti ed una libertà di parola ed espressione che fa più danni della grandine, poi per contro una dilagante ipocrisia da “politicamente corretto” pone veti sempre più rigidi.

absurd circus

Potete raccontarci qualcosa di più del videoclip di “The Absurd Circus”? Avete in serbo nuovi videoclip?

Olaf: siamo molto contenti di come è stato realizzato. Non siamo i Metallica e ovviamente non abbiamo budget “importanti” per realizzare cose esageratamente elaborate, ma i ragazzi di Violex hanno recepito quello che avevamo in mente e l’hanno reso al meglio, specialmente per quanto riguarda l’atmosfera e i colori. Ci piaceva soprattutto l’idea, dopo cosi tanti anni, di cambiare un po’ anche il nostro aspetto, anche se per un motivo ovviamente legato al brano. Avremmo voluto realizzare un secondo videoclip, ma i problemi legati al Covid e ai conseguenti lockdown non ci hanno permesso di realizzarlo nei tempi necessari.

Il disco è uno dei più potenti e diretti della vostra discografia, com’è avvenuta la scrittura dei pezzi? Chi si è occupato del songwriting?

Andrea: La pandemia ha ovviamente influito sul processo di scrittura. La mancanza di libertà nel potersi vedere quando e come ci pare è qualcosa di cui abbiamo obiettivamente sofferto. Fortunatamente le occasioni per incontrarci non sono comunque mancate e abbiamo concentrato in quei momenti la scrittura del nuovo album. Un album sicuramente più diretto rispetto al precedente, più “guitar oriented” se mi concedi l’espressione. I brani nascono quasi sempre da idee musicale mie e di Olaf, su cui immediatamente dopo Rob inizia a lavorare, portando il suo contributo. Quando il brano inizia ad assumere una sua forma allora inizia il vero e proprio lavoro di squadra, facendo sì che il talento di Nik, Oleg e Mattia portino al brano alla sua stesura finale. Alcune idee risalgono effettivamente a molti anni fa. Ma questo è naturale succeda a chi come noi scrive ormai dai primi anni 90.

Roberto: I brani sono stati scritti da Olaf, Andrea e me. Loro mi hanno dato le musiche, quindi riffs, strutture, suggestioni, tutto ciò che un cantante sogna di poter avere da musicisti del loro calibro. Su tutto quello splendido materiale, ho avuto modo di mettere melodie e testi.

Come ha impattato la pandemia sulla produzione dell’album? Siete soddisfatti del lavoro finito?

Olaf: siamo tutti molto, ma molto soddisfatti. Stiamo anche notando che quasi ovunque l’album viene accolto con grande entusiasmo, al punto di essere considerato uno dei nostri migliori lavori.
Beh, dopo cosi tanti anni, cosa chiedere di più? La pandemia ci ha costretto a dei rallentamenti, avremmo dovuto terminarlo a giugno, ma non è stato ovviamente possibile, per i soliti motivi che non ripeterò, ma in generale siamo riusciti a lavorarci al meglio, nonostante tutto.

In uno dei brani più significativi, la maideniana “Den of Snakes”, si fa riferimento alla dipendenza dai social media. Qual è il vostro rapporto coi social media? Diversi anni fa ricordo che Olaf e Roberto ne facevano un uso più assiduo.

Roberto: Io continuo a farne un uso quotidiano evitando però di essere risucchiato nel vortice delle polemiche sterili di coloro che per un pò di prurito da notorietà vivono per dare pareri non richiesti senza alcun rispetto. Un tempo le stesse cose le discutevi al bar e molti di questi nuovi eroi social nel bar faccia a faccia certe cose non le direbbero mai. Condividere musica e buon umore vale molto più che rodersi il fegato per chi nella vita reale fatica a starci.

Come mai avete scelto di inserire la cover “Dancing with the Tears in my Eyes” degli Ultravox?

Olaf: Perché è bella, perche gli Ultravox sono uno dei miei gruppi preferiti e perché ogni tanto ci piace realizzare qualcosa per puro divertimento, mantenendo quell’aspetto da “fan”, che non dovremmo mai perdere nella nostra vita!

Penultimo brano del disco è la ballata “A Reason to Survive”: quale può essere una possibile via d’uscita dal circo del mondo contemporaneo?

Roberto: Andare a vivere in cima ad un monte forse? …non esiste via d’uscita ma è possibile arginarne gli effetti badando alla propria vita, gli affetti e nel mio/nostro caso la musica.

State già programmando delle date live per il futuro per la promozione del disco o pensate di attendere l’evolversi della situazione sanitaria?

Andrea: Beh, facciamo parte di una delle tante categorie impattate dalla pandemia. Il settore dello spettacolo e dell’intrattenimento è forse uno dei più colpiti. Pianificare in questo momento non è semplicemente possibile. Come tutti aspettiamo l’evolversi della situazione sanitaria, sperando di tornare il prima possibile alla normalità.

Viviamo infatti un periodo storico molto complesso per un musicista. La lettera di Marko Hietala che ha recentemente preso una pausa dai Nightwish è solo la punta dell’iceberg di situazioni molto delicate che intersecano la pandemia, un mercato sempre più difficile e le piattaforme streaming che non pagano adeguatamente gli artisti. Qual è la vostra posizione in merito?

Roberto: è sempre più difficile vivere di musica e pare chiaro non sia un problema italiano ma globale. Era cosi anche prima del covid e purtroppo questa situazione sta ulteriormente devastando un settore già debole di suo.

Andrea: a volte mi chiedo davvero se abbia ancora senso produrre musica originale. Ho l’impressione che ciò che è stato prodotto negli ultimi 40 anni sia più che sufficiente per soddisfare il pubblico. Lo dico con una certa amarezza, da ascoltatore, da fan del rock. Non credo sia un problema per nessuno vivere senza i Labyrinth, ma pensare che lo spazio per le band emergenti sia pressoché nullo o comunque non adeguato, è qualcosa che mi sconvolge. Semplificando il mio pensiero dico che certo, Spotify è un grande strumento, comodo non troppo costoso. Ma se dentro Spotify non ci metti nulla, o nulla di nuovo, cosa ne rimane? Ed è solo un esempio.

Cosa suggerireste ad un giovane aspirante musicista?

Roberto: di avere sempre pronto un piano B senza però abbandonare i propri sogni.

Labyrinth 2021

Cosa pensate dell’attuale scena prog-power italiana ed europea?

Andrea: Onestamente non sono molto aggiornato in tal senso. I miei ascolti, almeno ultimamente, vanno in altre direzioni. In Italia ci sono moltissime band valide che seguo con piacere, non le cito per non fare torto a chi mi dimenticherei, come ascolto con piacere band come Soen, Leprous, Haken che reputo davvero molto interessanti. Come dicevo poc’anzi ho paura però che di band come queste ne troveremo in giro sempre meno, semplicemente perché non avranno l’occasione di potersi far conoscere davvero. Spero davvero di sbagliarmi.

Ultima domanda di rito: il vostro saluto ai lettori di Truemetal.it!

Un grazie di cuore a tutti quelli che continuano a supportarci e a seguirci. Ogni volta che facciamo uscire qualcosa di nuovo è bellissimo vedere quante persone, in un modo o nell’altro, sono legate a noi e alla nostra musica!

Intervista a cura di Luca “Montsteen” Montini

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