Progressive

Intervista Only One Black

Di Roberto Gelmi - 8 Novembre 2025 - 12:00
Intervista Only One Black

I giovani piemontesi Only One Black hanno da poco pubblicato il loro album di debutto, Set Me Free. Scopriamo come è nata la band e quali sono i loro progetti per il futuro.

Come vi siete conosciuti e quando avete iniziato a suonare?

La formazione originale nasce all’interno del liceo musicale che frequentavamo a Vercelli, l’esordio risale a un evento musicale organizzato dal comune di Vercelli a cui la scuola aveva aderito. Benché alla manifestazione non avesse partecipato molto pubblico, a fine concerto abbiamo comunque deciso di continuare a suonare cover hard rock e heavy metal improvvisate sul momento, per il puro piacere di far musica. Per coincidenza, uno degli organizzatori dell’evento stava passando di là e sentendoci suonare ci propose di partecipare alla Maratona Rock di Vercelli che si sarebbe tenuta pochi giorni dopo; entusiasti della proposta in poco tempo abbiamo quindi preparato un repertorio di cover. In seguito, dopo mesi dalla formazione del gruppo, abbiamo deciso di non limitarci a riprodurre pezzi di altri ma abbiamo iniziato a lavorare su qualcosa di nostro, prendendo ispirazione dalla musica Progressive, da cui siamo tutti attratti e da cui prendiamo ispirazione. Poiché non tutti i componenti erano interessati a lavorare a qualcosa di originale, la band ha subito un inevitabile cambio di formazione che ha portato a quella attuale.

Suonate cover dei Dream Theater senza tastiere, una sfida impossibile! Avete mai pensato di aggiungere un sesto membro in line-up?

L’idea di aggiungere un sesto membro c’è sempre stata in quanto, per il nostro genere musicale, le tastiere sono un elemento decisamente importante e presente; tuttavia, per il momento abbiamo deciso di mantenere questa formazione, in quanto sia i nostri brani che le cover che proponiamo sono stati scritti e arrangiati con le sole chitarre come strumento melodico, inoltre il suono di tastiera emulato dalla chitarra è uno dei nostri elementi distintivi. Detto ciò, per il futuro l’aggiunta di un tastierista è una possibilità che potremmo prendere in considerazione.

Ci spieghi il moniker della band?

Il nome è stato scelto personalmente (e ironicamente) dal nostro chitarrista, Davide Moretti che ha origini per metà etiopi, e risale alla già citata Maratona Rock; dovendo trovare sul momento un nome, quello proposto da Davide ci è sembrato subito quello più adatto. Successivamente, con il progredire del nostro progetto, abbiamo comunque deciso di mantenerlo, in quanto ci siamo ormai affezionati.

Venendo al vostro album autoprodotto, Set Me Free, a quale brano siete più legati, forse la tracklist?

Ogni componente ha dei brani preferiti, sicuramente quelli che ci mettono tutti d’accordo sono Dark e Set Me Free Pt. 1. Dark è stato il primo brano ad essere pubblicato come singolo, la buona accoglienza che ha ricevuto da parte del pubblico ci ha spronato a proseguire il nostro percorso. Set Me Free Pt.1, invece è stato la prima canzone ad essere stata scritta, ancora con la vecchia formazione, ed è stata oggetto di parecchie rivisitazioni, cambiando più volte sia come struttura che arrangiamento, fino ad arrivare a questa versione finale che, come detto, ci soddisfa decisamente.

Perché, invece, la scelta di inserire un pezzo strumentale e uno cantato in italiano?

È nato tutto per caso, la prima versione di Moonbeam, totalmente strumentale, è stato composta in modo frettoloso e grossolano per poter partecipare a un contest. Il giorno dell’esibizione c’era il rischio che la cantante non potesse essere presente, in questo modo avremmo potuto suonare anche senza la voce principale. Il testo di Without You, unico brano in italiano, è stato scritto di getto e tradurlo in inglese avrebbe potuto snaturarlo, è venuta quindi naturale l’idea di lasciarlo così com’è.

L’uso di una voce femminile è raro nel Prog Metal, perché avete fatto questa scelta?

All’inizio non sapevamo se preferire una voce maschile o femminile, tanto che i provini per la nuova voce del nostro gruppo erano aperte a cantanti di entrambi i generi. Quando però abbiamo sentito la voce di Camilla Sedda, ci siamo subito resi conto di aver trovato la persona giusta per completare la nostra band.

Da bassista non posso non chiedere che tipo di basso suona Leonardo e a quale strumentazione si affida…

[Risponde il bassista Leonardo Capriotti]: Ti ringrazio per la domanda. Suono un basso Ibanez EHB1006MS (6 corde) utilizzandolo prevalentemente in attivo, solamente in Without You e Kill Me, dove il brano mi ha portato a scrivere linee di basso più ballad-style, ho usato i pickup in modalità passiva. Per registrare l’album mi sono affidato completamente al digitale ovvero all’Hx Stomp, una potente pedaliera digitale che, tra le varie cose, in fase di registrazione è stata utilizzata dai due chitarristi, insieme ad altri pedali analogici. L’amplificatore che si ascolta nell’album è una simulazione di un Aguilar DB751, mentre per l’effettistica ho impiegato diversi chorus, flanger e riverberi, per creare sonorità più ambient, spesso utilizzando la tecnica del tapping, come nell’accompagnamento dell’assolo di Dark. Durante i live invece utilizzo un amplificatore reale, il MarkBass CMD121p, disattivando sull’Hx Stomp l’amplificatore virtuale e utilizzando la catena come se fossero pedali analogici.

Quali sono i vostri progetti per il futuro immediato?

I nostri progetti attuali sono principalmente: crescere musicalmente, infatti tutti noi studiamo musica a tempo pieno e la affrontiamo in modo professionale, allo stesso tempo cerchiamo di farci conoscere quanto più possibile continuando a suonare dal vivo. In realtà le ultime due cose si potrebbero collegare dato che abbiamo appurato che la musica dal vivo è ciò che ci fa acquisire più pubblico. Da band emergente ci riteniamo fortunati a poter dire che ad ogni concerto che facciamo c’è sempre un gruppo di fans che ci supporta e che ci ha conosciuto grazie alla musica live.

Tra le band più recenti chi apprezzate?

Nella scena Prog mondiale odierna, i gruppi che amiamo maggiormente sono gli Haken e gli Asymmetric Universe, di cui apprezziamo sia l’abilità nel giocare con i cambi di tempo, sia il mantenere una propria identità stilistica riconoscibile nel modo di comporre. Ci affascina inoltre il loro alternare atmosfere eteree a momenti più incisivi e aggressivi dal punto di vista sonoro, pur essendo tra loro molto diversi per stile e arrangiamenti. Ammiriamo profondamente anche i Leprous e i Polyphia, i primi per la costante ricerca timbrica e la complessità delle loro composizioni, capaci ad esempio di integrare strumenti classici come il violoncello nella formazione; i secondi per l’unicità del loro stile suonato, soprattutto chitarristico, e per la capacità di fondere il Djent e il Metal con generi più commerciali come il Pop e la Trap. Anche nella nostra zona vi sono gruppi che ci fanno rizzare le orecchie, per esempio i Toliman, per il loro impatto sonoro e la loro tecnica, i nostri coetanei Wild Cats, con cui abbiamo avuto il piacere di condividere la serata del nostro release party, che ci hanno sorpreso per la loro bravura nel calcare il palco e coinvolgere il pubblico, oltre ad essere ottimi musicisti, i Misleading Days, un trio strumentale che dimostra una grandissima cura nella scrittura dei brani e delle linee melodiche di chitarra, fondendo la musica Djent con il Progressive Metal tradizionale, e infine gli Hexabrot, ricchi di idee e con brani che  sono il mix perfetto fra aggressività e melodia.

 

 

Grazie mille per il vostro tempo. È stato davvero un piacere porvi queste domande. I più cordiali saluti e buona fortuna per la vostra carriera, speriamo di rivedervi sulle nostre pagine!

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Genere: Progressive 
Anno: 2025
80