Hard Rock

Intervista Pino Scotto (2023)

Di Stefano Ricetti - 8 Maggio 2023 - 13:12
Intervista Pino Scotto (2023)

Pino Scotto è nel mondo della musica attiva sin dalla seconda metà degli anni Settanta. Divenuto famoso per essere stato il cantante dei Vanadium, una delle principali band hard’n’heavy della scena tricolore, dopo il loro scioglimento ha intrapreso una carriera solista molto variegata, pubblicando numerosi album, con i Fire Trails o semplicemente a nome Pino Scotto, l’ultimo dei quali è uscito nel 2020 con il titolo Dog Eat Dog. Quest’anno è la volta di un disco dal vivo, Live N’ Bad (qui recensione), sempre griffato Nadir Music, un lavoro contenente diciotto pezzi fra i quali spiccano anche tre estratti del periodo Vanadium e una cover dei Motorhead. Di questo, ma anche di altro, si è disquisito lungo l’intervista che segue.

Buona lettura,

Steven Rich         

 

 

Qual è il significato della copertina di Live N’ Bad?

I due me che si guardano in faccia significano la perenne lotta fra il bene e il male, lascio a chi legge stabilire come vada a finire. Bad significa cattivo, ma va inteso come un qualcosa di cazzuto che va contro il male di questa società. L’asta del microfono che brandisco è figlia del mio amore per gli indiani d’America, vessati dal governo del tempo in mano ai bianchi. Quando i The Beatles giravano con il caschetto io già portavo i capelli lunghi, in solidarietà con i nativi. La stessa asta, che possiedo dagli anni ’70, è la mia lancia ideale, l’arma con la quale combatto e che in qualche modo mi rappresenta, simboleggiando il mio cammino, all’insegna della coerenza.

 

Come mai, in chiusura di Live N’ Bad hai messo “Stone Dead Forever” e non qualche altro pezzo dei Motorhead?

La prima volta che suonammo con i Motorhead, nel 1986 con i Vanadium, eravamo appena tornati da Londra successivamente alle registrazioni di Born To Fight. Si tenne un festival al Palasport di Bologna e “Stone Dead Forever” è il pezzo con il quale Lemmy & Co. chiusero il loro set. Per questo motivo mi è rimasto impresso. Appena dopo il loro concerto ci precipitammo nel loro camerino per fare i complimenti alla band e successivamente si fece “festa” tutti insieme…

 

Live N’ Bad, 2023

 

Esistono dei pezzi che non sono stati messi dentro Live N’ Bad per questioni di spazio e che ti spiace siano stati scartati?

Mah, in realtà no. Il set live è quello che porto in giro da un po’, non ci sono particolari pezzi rimasti fuori, ci tenevo a metterne tre dei Vanadium e la cover dei Motorhead e ci sono riuscito.

 

Non hai mai pensato di aggiungere un’altra chitarra alla tua band?

No, sinceramente no, piuttosto inserirei un tastierista. Ho sempre mantenuto la band a quattro, ritengo che se un chitarrista è bravo basta e avanza. E’ la stessa filosofia minimalista che sta dietro a Live N’ Bad, ho voluto che suonasse come un vecchio bootleg degli anni Settanta. In presa diretta, senza maschere, senza trucchi. Da quando esiste certa tecnologia i live sono stati molto spesso addomesticati in studio. Certi artisti italiani, addirittura, hanno inciso live album suonati interamente in studio! Ci hanno solamente aggiunto gli applausi, finti. Live N’ Bad è prodotto puro: dal mixer al cd, con un minimo di mixaggio, ovviamente. Rimanendo in tema magheggi, non entro poi nel merito delle sequenze che si dice utilizzino Vince Neil, Paul Stanley e anche altri in concerto, che è meglio…

 

So che hai conosciuto Kim Brown, anni fa, dei Kim & The Cadillacs. Che tipo era? Che ricordo hai di lui?  

Oltre a Kim ho conosciuto anche Trutz Viking Groth, il chitarrista tedesco dei Kim & The Cadillacs, che vive in veneto. Con loro avevamo suonato all’Idroscalo, quando ero nei Vanadium, i nostri rapporti si sono poi rafforzati perché Graham Johnson, il boss della Green Line, l’etichetta sotto la quale è uscito il nostro Seventheaven, era il batterista dei Kim & The Cadillacs. Con Kim ho condiviso anche la giuria di un concorso di bellezza in Campania, dopo le varie sfilate delle ragazze abbiamo suonato insieme. Lui, come me ai tempi, ci “dava dentro di brutto”, ah,ah,ah. Poi ci siamo persi di vista, so che si era trasferito in Finlandia, a Helsinki, aveva subito un’operazione alla gola ma cantava ancora. E’ mancato nel 2011 a 66 anni. Conservo un gran bel ricordo della sua persona. Che riposi in pace.

 

Dove ti si può vedere in tv?

Dal web siamo tornati in televisione, sempre come Rock TV, che al momento si vede sui televisori Samsung, al canale numero 4718. Fra un po’ saremo anche su tutti gli altri, comunque.

 

Lemmy Kilmister e Pino Scotto

 

Parla della Onlus dei ragazzi affetti da autismo, con la quale collabori.

E’ la onlus “Le Vele” di Pioltello, che frequento da due anni circa, accoglie bambini e adolescenti disagiati.  Sono dotati di una sala musica, io ci passo tutti i mercoledì, ti assicuro che quello che quei bambini danno in termini di affetto e riconoscenza a me rispetto a quello che dò io a loro è niente. Provando queste esperienze sono sempre più convinto che se ciascuno di noi potesse fare della solidarietà, aiutando chi ha bisogno, il mondo sarebbe un posto migliore. Invito tutti quanti a lasciar perdere le cazzate (che facevo anch’io, alla grande, beninteso) e buttarsi in questo tipo avventure, che arricchiscono l’anima e fanno bene al cuore.

 

E’ vero che i sei ripulito? Quindi niente più Lucky Strike né Jack Daniel’s, oltre al resto? 

Confermo! Dopo cinquant’anni di eccessi, ma ci tengo a sottolineare che non ho mai rotto i coglioni a nessuno e in qualche modo tenevo tutto sotto controllo. Dopo la morte di Lemmy è avvenuto il mio cambiamento, sul quale ha anche influito moltissimo in precedenza vedere lo stesso Lemmy conciato davvero male, con la bombola dell’ossigeno e il bastone, l’ultima volta che abbiamo suonato insieme all’Ippodromo di San Siro. Mi si sono ghiacciate le vene, in quel momento.

 

Sono anni che sei in pensione. Mai avuta nostalgia del lavoro sui muletti? La domanda pare idiota, se rivolta a te ma come sai ci sono molte persone che una volta smesso sono entrate in crisi profonda…

Ci sta, ci mancherebbe! Sono tredici anni che sono dipendente Inps. Nessuna nostalgia del lavoro né dei muletti diesel, ti assicuro! Lavoravo per poter mantenere la dignità e fare poi quel cazzo che volevo, con la musica. Quello stesso lavoro mi ha permesso di rifiutare due grandi offerte da due grandi band italiane, che ovviamente non erano in linea con i miei parametri (eufemismo).

 

Se avessi la bacchetta magica e un paio di sponsor degni di tale nome farei mettere in piedi da un’agenzia un concerto unico dei Vanadium in un locale tipo il Live Club di Trezzo D’Adda. Risponderesti presente?

E te pareva che non tornassi all’attacco con ‘sta storia! Ah,ah,ah! Offerte ne abbiamo già ricevute, ma quello che stato è stato, scordammuce u’ passato. Io guardo al domani, non all’indietro. Devo pensare ai miei concerti e alla mia vita, nel testo della ballad “Before is Time to Go” su Dog Eat Dog faccio un mea culpa dei miei eccessi ma poi nel ritornello ribadisco che “ho ancora tanta strada da percorrere e tante promesse da mantenere, specialmente nei confronti di me stesso…”. Non c’è spazio per una reunion, quindi.

 

Cosa pensi veramente dalla band di Steve Sylvester? Se capitasse di poter collaborare con loro accetteresti?

Un gruppo che resiste e continua a fare concerti come il loro merita solo il mio rispetto. In passato abbiamo suonato anche insieme. C’è gente che dopo dieci giorni si scoraggia e molla tutto solo perché non ci sono più soldi… Sylvester, come noi, penso che ‘sti grandi soldi non li abbia mai visti ma continua ad andare avanti, come del resto noi stessi. Se dovesse capitare l’occasione di collaborare con loro certo che accetterei.

 

Pino Scotto, 2023

 

Credi in Dio?

Credo in un qualcosa di superiore, lo sento nell’aria, lo percepisco. Spero che dopo questa vita vi sia qualcos’altro, un posto dove le merde vengano castigate e le persone buone premiate. Perché se così non fosse vuol dire che questa è proprio ‘na vita e’ mmerda!

 

Cosa ti aspetti una volta di là? 

Di incontrare di nuovo Lemmy, mio papà, mio nonno, e di poter mettere insieme la band dei miei sogni.

 

Hai vissuto, partendo da Monte di Procida, praticamente tutta la storia della Milano del dopoguerra. Una metropoli che è cambiata tantissimo. Cosa ti manca, della città, che non esiste più, o quasi?  

Mio figlio Brian a ottobre fa 51 anni, a Milano ho messo piede 53 anni fa. Ho avuto modo di vivere a fondo la città, quella vera, altro che la Milano da bere… C’erano le vecchie osterie, pochi locali, poi è diventato un troiaio in tutti i sensi, con evidente calo della qualità, è cresciuta solo la qualità degli stronzi, come dappertutto, del resto. Dopo il lockdown mi attendevo cose migliori, invece la gente è stata capace di tirar fuori il peggio di sé, ma il problema è la razza umana. Comunque ho nostalgia della Milano di un tempo, eccome.

 

Vanadium

 

Mi dicevi che hai un album di inediti già in fase avanzata di preparazione. Puoi dare qualche anticipazione a riguardo?

Ho sempre più bisogno di purezza, nella musica come nella vita. Il mio futuro lo vedo orientato verso il Blues. Penso che per salvare il rock’n’roll, l’hard rock e l’heavy metal si debba ripartire dal Blues, con i giovani però, visto che anche in Italia ne abbiamo di bravissimi. Minchia, ma quanto tempo è passato dall’ultimo album in grado di generare dei veri brividi pubblicato dalle grandi band? Anche loro sfruttano i cliché, con qualche sfumatura apprezzabile, è vero, ma per uno come me che ha visto dal vivo Jimi Hendrix, Frank Zappa e molti dei grandi gruppi Progressive dei Settanta la musica di oggi è arida, s’è persa la magia.

 

Quando uscirà?

L’anno prossimo, nel 2024.

 

Chiudi come vuoi, Pino, spazio a disposizione.

Non ne posso più di vedere la programmazione dei vari locali per la musica infarcita di tribute band. I tributi, poi, generalmente si fanno ai morti, indi diffido chiunque dal pensare di mettere in piedi un qualcosa su Pino Scotto! Ah,ah,ah! Questa proliferazione di tribute band è lo specchio del livello della platea degli appassionati: non c’è più voglia di scoprire, di esplorare, di far lavorare l’anima. E’ la rappresentazione plateale del pozzo di emme nel quale siamo finiti tutti quanti. Diamo spazio alle band emergenti che fanno musica propria, altrimenti non se ne esce più, ci ritroveremo in un oceano, di musica di emme!

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti