Heavy

Intervista White Thunder (tutta la band)

Di Andrea Bacigalupo - 13 Ottobre 2021 - 23:18
Intervista White Thunder (tutta la band)

Abbiamo scambiato due parole con i nostrani White Thunder, parlando della loro ultima fatica discografica, ‘Maximum-The Journey Of A Billion Years‘ ed anche di altro. Di seguito il risultato di questa interessante chiacchierata.

Intervista a cura di Pasquale Ninni e Leonardo Ascatigno

Parlateci della genesi di questo ultimo disco: qual è il punto di partenza per sviluppare poi tutte le song? E qual è, inoltre, la genesi del vostro progetto musicale?

(Alessandro De Falco): Beh la genesi del disco è abbastanza normale, come sempre siamo partiti da alcune canzoni e piano piano abbiamo sviluppato nuovi temi, sia musicali che lirici. È stato tutto molto naturale, noi tutti amiamo la forma del concept-album. Certo, sono solo gli ultimi 4 brani a formare il vero e proprio concept, ma anche quelli precedenti in qualche modo sono collegati, per atmosfera e tematiche trattati. Per quanto riguarda i White Thunder in generale siamo nati nel 2012, siamo tutti amici d’infanzia e siamo cresciuti circondati dalla musica, iniziando a suonare già da piccoli. Abbiamo iniziato presto a comporre musica originale ma abbiamo impiegato del tempo nel consolidare uno stile nostro, che mettesse in luce le varie sfaccettature musicali del gruppo. Il nostro primo EP “Never Ending Silence” è stato pubblicato nel 2019 ed eccoci qui ora con il nostro primo album!

Come vedete attualmente il panorama musicale locale e in quale settore vi collocate?

(Jacopo Fagiolo): Siamo molto legati alla scena underground romana, siamo cresciuti suonando con i gruppi locali. Sulla strada abbiamo incontrato maestri, amici e grandi musicisti, e siamo orgogliosi di far parte di quest’ambiente. È anche vero, però, che ha molta poca visibilità rispetto a quella che secondo noi alcuni gruppi meriterebbero: sembra che, al di fuori della comunità metal, a Roma ci siano molte poche persone interessate a scoprire o approfondire questa musica. Noi possiamo solo dire che la amiamo, e speriamo che adesso, a maggior ragione con la possibilità per i locali di ospitare la capienza massima, si diffonda un po’ di voglia di andare a un bel concerto.

Il vostro è un mix molto potente, ci illustrate quali sono le vostre personali influenze musicali?

(Davide Fabrizio): Il mix potente dell’album viene fuori sicuramente grazie ai nostri ascolti e background individuali. Opeth, Meshuggah, Judas Priest, Dream Theater, sono solo alcuni dei nomi che hanno influenzato il modo di concepire il sound dell’album e quello di gruppo. Abbiamo cercato di far coincidere le nostre preferenze, i mix di generi e di ascolti in una sola anima sonora.

Gli aspetti logistici di un concept album sono innumerevoli: musica, testi, immagini, collegamenti…a cosa i White Thunder dedicano più attenzione in questo “The Journey Of A Billion Years”? Siete soddisfatti di queste scelte?

(Mattia Fagiolo): Per quanto riguarda il concept interno al nostro album (le ultime quattro tracce) quello che abbiamo cercato di creare è una vicenda unica e coerente, musicalmente e liricamente. Da questo punto di vista l’aspetto che più abbiamo approfondito nella composizione è l’utilizzo di temi che vengono ripresi nel corso della narrazione. Ci sono diversi temi che ritornano, ma non sono mai presentati uguali, ad esempio un tema la prima volta viene suonato dalla chitarra e la seconda viene proposto dalla voce o viceversa. Abbiamo giocato molto su questo aspetto, al primo ascolto neanche si riconoscono determinate reprise, perché magari si presentano in altre tonalità o l’atmosfera è così diversa da dare l’impressione all’ascoltatore di non aver ancora ascoltato un determinato riff o ritornello. Il nostro obiettivo era quello di far arrivare alle orecchie qualcosa di coerente ma non ripetitivo e per farlo abbiamo adottato questo escamotage.

Quando riascoltate il vostro album riuscite a trovare qualche aspetto che oggi avreste fatto diversamente? Non meglio, ma diversamente. Se sì, quale?

Alessandro (De Falco): Per quanto sia cliché dirlo, ma so di parlare a nome di tutti noi, non c’è nulla che cambierei di quest’album. Gli unici aspetti che forse cambierei riguardano il lato tecnico delle registrazioni e del mixaggio, di cui mi sono occupato io. Tuttavia questo è solo il fonico che è in me che parla, l’ascoltatore che è in me non cambierebbe nulla. Nel disco trovo passione e spontaneità che per me sono le cose più importanti. Potrebbe non essere tecnicamente “perfetto”, ma la perfezione è noiosa.

Una domanda per ogni membro della band: qual è il tuo album preferito e il tuo analogo artista di riferimento (quello che ammiri maggiormente)?

(Alessandro De Falco): è difficile sceglierne uno solo, ma per rimanere fedeli al tema dei concept dirò “Crack the Skye” dei Mastodon.

(Mattia Fagiolo): Il mio artista preferito è Rob Halford, specialmente su “Painkiller” con i Judas Priest.

(Simone Ndiaye): Felipe Andreoli, “Temple of Shadows”.

(Davide Fabrizio): “Catch 33” dei Meshuggah.

(Jacopo Fagiolo): il mio album preferito è “Images and Words“, il mio artista John Petrucci.

Si dice, in ambito sportivo, che “un campione deve saper sognare in grande”; voi, per il vostro futuro, cosa sognate?

(Mattia Fagiolo): La nostra più grande aspirazione è quella di diventare una realtà internazionale. In Italia ci sono moltissime band valide nel genere che meriterebbero più pubblico, è una realtà difficile e a noi piacerebbe contribuire -anche in minima parte- a portare il metal italiano all’estero. Il nostro percorso è solo all’inizio ed è difficile immaginarsi una meta d’arrivo specifica. L’unica cosa certa è che la gioia che proviamo nel suonare insieme è cresciuta dentro noi con gli anni e vogliamo continuare a scrivere canzoni sperando di coinvolgere sempre più persone nel nostro viaggio.

Come stimolate la vostra creatività?

(Simone Ndiaye): La fase compositiva si basa sul ricevere uno stimolo da un membro della band, prendere quell’idea e immaginarla quasi già finita. Spesso quando viene proposto un riff un’ora dopo ci stiamo già figurando una linea vocale, un concept o un’eventuale reprise. Spesso ci siamo trovati a scrivere un pezzo o una sezione per mesi senza quasi toccare uno strumento. Non è affatto una scrittura organica, è come fare un cruciverba. Ci piace.

(Alessandro De Falco): Lavorando tutti insieme nella stessa stanza. Quello che sento mancare nella musica di oggi è l’interazione tra tutti gli individui che compongono una band. Troppa gente tende a delegare il lavoro a una sola persona, magari nel proprio home studio, creando un processo che nasce e muore con una sola mente. È’ fondamentale per creare qualcosa di speciale unire più forze creative, magari lottando anche un po’, ma ne vale la pena.

Volete raccontare ai vostri fan un aneddoto curioso della vostra carriera?

(Simone Ndiaye): Una delle esperienze più assurde del gruppo è stata andare per 15 giorni in una casa in campagna con chili e chili di strumentazione per registrare il nostro disco. Non vedevamo nessuno, mangiavamo completamente a caso e a tratti non prendeva il telefono. L’unica certezza era che dalla mattina fino a notte fonda si sarebbe fatto un rumore incredibile e che non avremmo dovuto renderne conto a nessuno.

Voi, da spettatori, frequentate (anche se sarebbe il caso di parlare al passato) la scena live? Se sì quali eventi prediligente? Perché?

(Jacopo Fagiolo): Come detto prima, siamo cresciuti con i gruppi dell’underground romano, perché sono serate a cui amiamo partecipare, sia in veste di intrattenitori che di spettatori. Ovviamente, anche se grandi nomi internazionali passano a Roma o in Italia durante i loro tour cerchiamo di non farceli scappare. In generale, ci piace molto ascoltare musica live, e cerchiamo di trarre ispirazione da ogni band e artista che vediamo esibirsi: degli eventi underground amiamo l’atmosfera familiare e di passione condivisa, e siamo fan di molte band locali; per quanto riguarda serate di livello internazionale, quando si vanno a sentire i grandi nomi del metal è sempre emozionante ascoltare le proprie canzoni preferite direttamente da chi le ha scritte, e pensare che un giorno si vorrebbe essere lì dove sono loro

Grazie per l’attenzione e per il tempo che ci avete dedicato, un grande in bocca al lupo per il vostro futuro! Volete inviare un messaggio ai lettori di TrueMetal?

Ringraziamo di cuore lo staff di True Metal, sito che seguiamo tutti da molti anni. Ringraziamo di cuore tutti coloro che ci seguono e ci supportano. A chiunque non ci conoscesse, prendetevi un’ora del vostro tempo per ascoltare l’album e intraprendere un piccolo viaggio insieme a noi. Tenetevi pronti anche per un ritorno sulla scena live a brevissimo.