Shred

Intervista Yngwie Malmsteen

Di Davide Sciaky - 31 Luglio 2021 - 11:06
Intervista Yngwie Malmsteen

Intervista a cura di Davide Sciaky 

Buongiorno Yngwie, come stai?

Bene, tu?

Tutto bene, grazie. Quest’ultimo anno è stato strano, imprevedibile e tragico, e l’industria musicale ovviamente ha sofferto l’impossibilità di suonare concerti dal vivo. Quando la situazione è diventata chiara qual è stata la tua reazione? Sei andato subito in studio a lavorare a nuova musica, o ti sei preso un po’ di tempo per rilassarti e ricaricare le pile dal tour?

Mmh… ok, innanzitutto io non sono una persona rilassata, sono estremamente energico, non mi fermo mai, sono come il coniglio della pubblicità delle [pile] Energizer.
Eravamo in tour, lo scorso febbraio, inizio marzo, eravamo in Messico con un intero tour mondiale davanti a noi, tutto prenotato, Europa e tutto il resto, e abbiamo dovuto rimandarlo!
Va bene, sono tornato a casa, mi sono riposato un attimo e dopo una settimana o due ho cominciato ad andare in studio, sai, è quello che faccio!
In condizioni normali vado in tour, poi torno e vado in studio, poi vado in tour, poi di nuovo in studio, questa è la mia routine di solito.
Quello che è successo è che i mesi sono diventati un anno, ero in studio e così ho continuato a lavorare; ovviamente ad un certo punto è diventato chiaro che quello che stava succedendo era molto più serio di quanto poteva sembrare all’inizio.
Quindi, il piano è diventato di registrare quello che stavo componendo e ho messo insieme circa un centinaio di canzoni… ottanta, novanta o cento, una cosa del genere, un sacco di canzoni, in ogni caso. Tra queste ne ho scelte dieci e ovviamente penso che siano le migliori tra tutto quello a cui ho lavorato ultimamente.

Lascia che aggiunga una cosa, sto facendo tantissime interviste e una domanda che mi fanno in tanti è come ho passato il lockdown… non abbiamo avuto un lockdown qui! Dove vivo io non c’è mai stato un lockdown, mai!
Quindi, la mia vita è andata avanti in modo assolutamente normale, a parte il fatto che non sono andato in tour. È stato un periodo orribile per tanti motivi, ma dove vivo io è cambiato molto poco; semplicemente ogni tanto dovevamo mettere la mascherina, fine.
Ho continuato a lavorare in studio fino al punto in cui non ero sicuro di avere delle canzoni davvero buone.

 

Considerato che “Blue Lightning” era perlopiù un album di cover, possiamo dire che “Parabellum” è il primo album in studio vero e proprio da “World of Fire”. Con cinque anni passati tra i due dischi, questo è l’intervallo più grande della tua carriera tra due album in studio…

[Interrompe la domanda] Mmm, non sono molto d’accordo.
Quando ho pubblicato “Blue Lightning”, in quel periodo ho scritto tante canzoni.
Quell’album è stata una richiesta dell’etichetta – ho fatto tante cose simili nella mia carriera, album acustici, sinfonici, tante cose – e così ho fatto anche un album Blues.
Ed in quel periodo ero anche molto in tour, quindi è comunque stato un periodo molto pieno.

 

Parlando del nuovo disco, “Parabellum”, la maggior parte delle canzoni contengono shred, e poi c’è una canzone che risalta per essere piuttosto diversa, inusuale per te, ‘Eternal Bliss’. Parliamo di una ballad con anche delle parti di voce molto interessanti. Come è nato questo brano?

Ti dico, quando suono la chitarra, ogni volta che suono improvviso, e l’improvvisazione porta alla composizione.
Quindi questa è la genesi del momento di composizione, tutti i grandi compositori, Mozart, Bach, Vivaldi, Paganini, tutti loro erano improvvisatori; oggi molta gente non se ne rende conto perché tutti i musicisti classici oggi leggono gli spartiti di questi grandi compositori.
Quindi, l’improvvisazione è l’origine della composizione, e che questa improvvisazione mi porti ad una melodia, o ad un riff, o ad un arpeggio, porta sempre a qualcosa e una volta che questo momento musicale diventa un po’ più sviluppato trova automaticamente il suo posto.
Quindi quella melodia può trovare in spazio in, come l’hai chiamata, una ballad.
Non è una questione di, “Okay, ora scrivo una ballad”, “Ora scrivo un pezzo classico”, no! Semplicemente lascio che la musica si sviluppi da sola, lascio che segua la sua strada e che diventi una canzone con il cantato, o una ballad, un pezzo strumentale, una canzone con del groove come ‘Relentless Fury’, può essere qualsiasi cosa!
La musica mi arriva e poi trova il suo posto: io la rifinisco e la perfeziono, ma non è mai una questione di che tipo di canzone sarà, perché non puoi imporre ad una canzone di diventare, per esempio, una ballad. E questo non vale solo per le ballad ma per qualunque tipo di canzone.

 

Questo è molto interessante, perché a volte capita che dei musicisti decidano un po’ a tavolino come far suonare un album, la specifica direzione in cui andare con il sound. Tu invece segui semplicemente il flusso della tua ispirazione.

Esatto.
Potrei farlo anch’io, facilmente, potrei scriverti un pezzo on-demand. Potresti chiamarmi e dirmi, “Scrivimi una canzone Death Metal”, “Scrivimi una canzone Country”, “Scrivimi una canzone Reggae”, te lo potrei fare in dieci minuti!
Completa di testo!
Senza nessun problema, sono una macchina da composizione, potrei fare tutto questo senza esitazione… MA, questa non è la magia che cerco io, io cerco la magia che viene fuori dal nulla.
Voglio la musica che mi arriva quando sono colpito dall’ispirazione, non voglio andare a cercare io qualcosa di specifico, dev’essere la musica a venire da me.
Questo album, “Parabellum”, è esattamente questo.
Ho scritto più di 100 brani per questo album, e tutto quello che puoi sentire sul disco è la musica più autentica, con più passione dietro, musica che mi è arrivata come un dono di Dio, quasi come un’apparizione.
Ogni singola canzone.
Ogni arpeggio, ogni nota, ogni pezzo vocale, ognuna di queste cose mi è arrivata quasi in modo spirituale [ride].
Questo è quello che mi esalta davvero, questo è quello che faccio io. Come ti dicevo potrei scrivere qualunque cosa tu voglia, in qualunque momento. Potrei suonare qualsiasi cosa, sempre! Ma musica del genere non significa un cazzo per me, sarebbe musica senza valore. Sarebbe giusto per dire, “Okay, lo posso fare”, ma non mi interessa.
Dopo 40 anni nell’industria musicale voglio fare musica che piaccia a ME, che mi esalti, che ascoltandola mi faccia dire, “Cazzo, che roba!”.
Questo non succederebbe se decidessi a tavolino di suonare qualcosa, la musica deve venire da me. Non c’è modo di descrivere questa cosa, è una forma di arte davvero elusiva, devi essere nel posto giusto, nel giusto stato mentale perché succeda. Non puoi forzarlo.
Ma, la bellezza di questa cosa è che quasi sempre posso andare in studio senza niente in mano, senza voler decidere di fare qualcosa di particolare, semplicemente andare in studio, e sono colpito dall’ispirazione, immediatamente. Magari non mi viene il pezzo migliore del mondo, ma è arte, è onesto. Quindi poi affino questi pezzi e alla fine decido quali sono quelli migliori, quelli che mi eccitano di più, ma l’importante è che siano onesti e sinceri.
La stessa cosa quando salgo sul palco, non ho idea di cosa farò. Salgo sul palco impreparato, non so cosa succederà: è come se mi buttassi da un dirupo, non c’è una rete di sicurezza.
Se non facessi così avrei mollato molto tempo fa, per mettermi a suonare musica che ho già fatto in passato tanto vale smetterla del tutto.

Penso che questa sia la bellezza degli show dal vivo, c’è questo lato di improvvisazione, di sorpresa, non sai mai cosa può succedere, ma puoi percepire la passione.

Questo mi rende molto felice: se qualcuno capisce davvero la mia passione allora sono felice, perché questo è ciò che mi guida.
Niccolò Paganini una volta disse bisogna provare una forte passione per provocare emozioni negli altri. Se la gente sente passione questo non può che provocare emozioni.

 

“Parabellum” è il quarto album dove compari anche dietro al microfono. Qual è stata la più grande difficoltà del diventare cantante? E ti trovi più a tuo agio ora con questo ruolo rispetto agli inizi, o è stato fin dall’inizio un passaggio semplice?

Ci sono diversi motivi per questo sviluppo nella mia carriera.
Innanzitutto, prima di venire in America io ero il cantante di diverse, immagino che possiamo chiamarle band, questi trii in cui ho suonato. Poi, una volta arrivato in America, anche se non cantavo io ho scritto io tutte le melodie vocali e i testi delle mie canzoni. Qualche volta non ho scritto le parole, ma ho sempre scritto le melodie.
Per qualche motivo il cantare non mi sembra una cosa nuova, mi sembra di pensare nuovamente come facevo a 17 anni: voglio fare musica che mi ecciti, se piace alle radio è secondario, ovviamente se succede tanto meglio, ma devo fare musica che… sai, sono molto artistico, non faccio musica per mandare avanti l’industria.

 

Abbiamo parlato di melodia, di passione, di tutte le cose a cui tieni molto nella musica. Ovviamente la tua grande abilità chitarristica, e la velocità nel suonare, sono tratti distintivi della tua musica. Pensi che qualcuno possa sottovalutare questi aspetti di cui parlavamo, la melodia e via dicendo, perché si focalizzano troppo sulla velocità, invece?

Ascolta, se qualcuno è così superficiale e banale nel giudicare la mia musica significa che, per me, è quasi come se non ne fosse degno.
Se non riesci a sentire la passione nella mia musica, nella mia scrittura, allora non hai orecchio per la musica. Se senti solo la velocità vuol dire che non stai ascoltando davvero la mia musica.
Questo è tutto quello che posso dire a riguardo.
Ma, comunque, se questo è quello che interessa a qualcuno, va bene così, ad ognuno il suo.
Se cerchi di accontentare tutti finirai a non accontentare nessuno.
Io faccio arte, non faccio sigle per pubblicità per vendere roba prodotta in serie; qua si tratta di arte, a qualcuno piace, a qualcuno no.
A qualcuno piace Picasso, a qualcuno non piace Picasso, ma Picasso rimane Picasso indipendentemente da quello che qualcuno possa pensare di lui.
Io penso che sia meglio lasciare che l’arte si esprima da sola e se qualcuno trova una connessione con quell’opera d’arte è meraviglioso, ma se non succede non succede.
Una cosa è certa: io non cambierò il modo in cui creo la mia arte perché a qualcuno non piace quello che faccio. Quelle persone possono tranquillamente ascoltare la musica di qualcun altro.
Io faccio la musica che IO amo e che mi appassiona, ovviamente spero che alla gente piaccia, ma la cosa più importante è che prima di tutto piaccia a me.
Non posso mettermi a pensare, “Forse dovrei fare questo, forse dovrei fare quest’altro”, non è quello che faccio.

 

Grazie per la risposta. In questo genere in particolare spesso diventa una gara di velocità, letteralmente, e magari si perde il focus su quello che conta davvero.

[Ridacchia] Sì, guarda, per me è difficile rendere questi pensieri in parole, perché c’è così tanto sentimento, ci sono tante emozioni che l’arte mi provoca.
Non puoi sempre descrivere le sensazioni con le parole, è quasi impossibile; quello che posso fare è esprimermi attraverso questa arte, e spero che la gente possa trovare una connessione.
Per ora sta andando bene, sembra che la mia musica piaccia a qualcuno [ride].
Sono molto felice!

 

Nella tua carriera hai raggiunto tantissimi risultati incredibili, hai chitarre, pickup e amplificatori signature, e sono innumerevoli i chitarristi che ti citano come influenza fondamentale. Quando pensi a tutto quello che hai realizzato in questi 40 anni, c’è qualcosa che ancora adesso ti sembra incredibile che sia successo a te?

Capisco quello che dici e ti dirò: io ringrazio Dio ogni giorno, più volte, per tutto quello che ho avuto.
Ho anche scritto una canzone su di questo nel nuovo album, si chiama ‘Eternal Bliss’.
Sono la persona più grata al mondo per quello che ho avuto, perché vengo da un ambiente molto improbabile, vengo da un paese socialista dove gli artisti, i musicisti, tutti questi non erano considerati lavori veri.
Mi è stato detto, “Che cazzo fai? Vatti a trovare un lavoro” e via dicendo. Ovviamente la musica che scrivevo, anche all’epoca, era estremamente lontana dalla norma, per così dire.
Quando mi è stato offerto di venire in America avevo solo la speranza di poter rendere la musica il mio lavoro, speravo di non finire a lavorare in un fast food per arrivare a fine mese, volevo suonare la mia musica.
Questa era la mia unica speranza, non avevo altre aspettative o desideri. E in tutto quello che ho ottenuto, e non solo nella mia carriera, anche nella mia vita personale, la mia famiglia, mia moglie, i miei figli e tutto quanto, sono estremamente grato per tutto quello che ho avuto!
Detto ciò, ovviamente ho lavorato molto duramente, e sono successe anche tante cose negative, ma io non mi concentro sul negativo e penso solo a quello che è successo di buono.
Per rispondere alla tua domanda, non do niente per scontato, ringrazio Dio ogni giorno per tutto quello che ho avuto, per tutte le opportunità, per la mia vita confortevole e via dicendo.
Sono estremamente grato, non do niente per scontato e sono assolutamente conscio dell’enorme fortuna che ho a vivere questa vita.

 

Parlando di strumenti, ho accennato alle tue chitarre signature prima, ho visto spesso tue foto con tantissime chitarre intorno. Suonando anche io ovviamente sono molto invidioso, mi chiedevo se ti consideri un collezionista, o se tutte quelle chitarre sono semplicemente strumenti che ti sono stati regalati negli anni.

No, no, sono stato un collezionista per molto tempo.
Ho comprato degli strumenti davvero importanti come una delle prime cinque Fender Stratocaster mai costruite, cose del genere.
Ora non mi ci dedico più molto, adesso colleziono orologi, pistole, automobili; non vado più attivamente a cercare e comprare chitarre, ma comunque mi impegno molto nel rifinire gli strumenti con cui lavoro insieme alla Fender. Le mie chitarre signature, me le faccio mandare, poi do indicazioni, “Cambiate questo in questo modo” e via dicendo.
Sono molto coinvolto in questo lato dei miei strumenti, ma non sono più attivamente un collezionista di chitarre.

 

Quando hai cominciato la tua carriera negli anni ’80 l’industria musicale era molto diversa. Negli ultimi anni tra pirateria musicale e streaming tutto è cambiato. Pensi che se cominciassi la tua carriera oggi riusciresti ugualmente ad arrivare dove sei arrivato? E cosa pensi dello stato dell’industria musicale in generale?

Non so come dire, ma la cosa è che sono arrivato da un ambiente così improbabile che con la mia tenacia e la mia natura implacabile avrei avuto successo indipendentemente dal luogo e dall’epoca.
Sono il tipo di persona che semplicemente non si arrende: non mi arrendo, non mi arrendo, non mi arrendo, sono una fottuta macchina!
Se pensi di aver conosciuto qualcuno di implacabile in passato… non hai idea.
E con questo intendo che se voglio suonare un arpeggio su sei corde e sono cinque cazzo di ottave, non c’è modo di suonarlo sulla chitarra, è una cosa che si suona sul violino, ma io lo faccio lo stesso.
Mi piace incorporare il violino classico come influenza in quello che suono: ho speso sangue, sudore e lacrime, ore e ore e ore, anni e anni e anni e anni e anni, ad esercitarmi!
La gente mi diceva, “Che cazzo stai facendo?! Non avrai mai successo, stai sprecando il tuo tempo, non puoi farcela”, nessuno si è sognato di dirmi mai, “Continua a suonare così e diventerai famoso, avrai donne, soldi e tutto quanto”, nessuno!
Se io decido di fare una cosa quella è scolpita nella pietra, e io NON mi fermerò!
E per me è così in ogni aspetto della mia vita, quindi non importa dove mi fossi trovato, e in che periodo storico, ce l’avrei fatta comunque. È semplice.
Detto ciò, non sto dicendo che altri siano cattivi musicisti o altro, dico solo che IO sono fatto così, non mi arrendo; ci sono altre persone fatte così, non dico di essere l’unico.
Quello che voglio dire è: se cominci oggi sarà molto più difficile fare breccia nel pubblico di YouTube e di cose simili. Ma anche quando ho iniziato c’era lo stesso numero di persone e di band che ci provavano, ma potevano venire notate solo da un’etichetta, o una rivista, per ottenere uno slot in un tour e riuscire così ad avere visibilità.
Il tutto era incredibilmente selettivo, uno su migliaia, no, milioni di persone riusciva ad avere quell’attenzione. Quindi, non era per niente facile neanche allora.
Oggi è molto più facile avere un’esposizione mediatica, ma allo stesso tempo c’è molta più gente che riceve quest’esposizione.
Come fai a farti notare?

Immagino che si debba avere quel qualcosa in più… ed essere implacabile.

[Ride] Esattamente!

 

Questa era la mia ultima domanda, grazie Yngwie per la disponibilità e per la bella chiacchierata.

Piacere mio, grazie a te!

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