Hard Rock

Live Report: Airbourne e Royal Republic @ Parco San Valentino, Pordenone – 04/07/2023

Di Orso Comellini - 9 Luglio 2023 - 17:53
Live Report: Airbourne e Royal Republic @ Parco San Valentino, Pordenone – 04/07/2023

Live Report: Airbourne e Royal Republic @ Parco San Valentino, Pordenone – 04/07/2023
a cura di Manuel Gregorin

 

 

Ed ecco che per la seconda volta in pochi giorni mi trovo a recarmi al Pordenone Blues Festival, manifestazione musicale che già da qualche anno anima le serate estive della città friulana. La prima occasione era per la calata italica dei Deep Purple, oggi invece per quella degli australiani Airbourne supportati degli svedesi Royal Republic nella loro unica data italiana. L’area del festival si presenta nella bella cornice offerta dal Parco San Valentino. La zona concerti è situata in un ampio prato circondato da alberi, sul fondo domina il palco e tutto attorno  vari chioschi di merchandising e ristoro dove trovare bevande e vari street food che offrono all’utente una discreta varietà di pietanze anche etniche.

Appena entrato noto subito che rispetto alla serata dei Purple l’affluenza del pubblico è minore, il che se non altro, mi fa ben sperare per la realizzazione di qualche foto da vicino, visto che la risoluzione delle immagini sul mio smartphone è alquanto modesta. Nella zona palco stanziano già trecento persone più o meno (le stime numeriche non sono il mio forte), non poche ma che in un ampia area come il parco San Valentino danno un po’ il senso di dispersione.

 

Royal Republic

Alle 19-45 salgono puntuali sul palco i Royal Republic e partono subito con un estratto dal loro lavoro più recente. La formazione svedese propone  un garage rock molto influenzato dalla disco anni 70 e 80. Una proposta che,  pur suscitando la momentanea perplessità di qualcuno, riesce subito a fare presa sui presenti. La band già dalle prime battute si impadronisce della scena riuscendo ad attirare l’attenzione anche di chi conosce poco o nulla della loro discografia. I suoni sono fin da subito ben calibrati e ciò non può che giocare a favore dei quattro scandinavi. In particolare il frontman Adam Grahn si dimostra un buon intrattenitore grazie a siparietti e dialoghi con il pubblico presente. Man mano che lo show procede altre persone si avvicinano allo stage attirate dalla buona prova in corso.

Dopo essersi presentato come Roberto Baggio, Grahn sfoggia ai presenti la sua Gibson Explorer, appena portatagli da un roadie, definendola come la sua unica chitarra heavy metal prima di attaccare un accenno a Master Of The Puppets dei Metallica con cui manda in visibilio il pubblico. Di seguito la band esegue Back From Dead, un pezzo effettivamente più heavy rispetto a quanto proposto finora. Il tempo di un altro brano ed arriva il momento del set unplugged, con il resto della band che raggiunge il vocalist Adam Grahn al centro del palco per accompagnarlo con le voci in cameo acustico/corale. Anche in questa veste, i quattro svedesi dimostrano la loro versatilità e capacità di improvvisazione facendo divertire gli spettatori.

Si procede con le ultime canzoni, ed ormai i Royal Republic hanno conquistato tutti i presenti con il loro rock n’roll/disco dance, tanto che capita di vedere più di qualcuno ballare come se fosse in discoteca anziché ad un concerto rock senza comunque risultare fuori luogo. Dopo i saluti la band torna sul palco per un bis (a dire la verità  già concordato con il pubblico). Ancora una volta vengono omaggiati  alcuni pezzi classici dell’heavy metal prima con uno spezzone di Battery, poi con un frammento di Ace Of Spades cantata dal bassista Joan Almen. Un’accoppiata con cui i Republic dimostrano, all’occorrenza, di saper pestare duro. Si giunge così a Baby, il brano conclusivo vero e proprio, con cui i Grahn e soci si congedano questa volta per davvero, non prima però di essersi lasciati andare ad un ulteriore sketch durante le note dell’outro.

Un set davvero divertente e coinvolgente per la formazione svedese, che anche se un po’ fuori dai canoni di un certo hard n’heavy, è riuscito a farsi apprezzare riscaldando i presenti in attesa degli headliner della serata.

 

Airbourne

Il tempo di una pausa per il cambio palco, durante la quale viene allestito un autentico muro di amplificatori, ed ecco giungere il momento del piatto forte della serata. La presenza degli spettatori nel frattempo è più che raddoppiata. Sulle prime note di Ready To Rock le luci si accendono e gli Airbourne schizzano in scena come schegge impazzite. I quattro australiani si mettono subito in mostra con una prova grintosa ed energica: corrono e saltano lungo lo stage senza sbagliare un colpo riversando sui presenti tonnellate di watts. I suoni sono anche qua ottimali dando maggior risalto alla prestazione della band.

Dopo una manciata di brani Joel O’Keeffe sale sulle spalle di un roadie e si fa portare in mezzo al pubblico lasciandosi andare ai suoi classici giochini con la birra, come spruzzarla sui presenti o sbattersi la lattina sulla testa, anche se alla fine è più quella rovesciata a terra che non quella bevuta (che spreco però). Dopo la passeggiata tra la folla, Joel torna al suo posto  per continuare con  lo spettacolo. Gli Airbourne sono una macchina ormai ben rodata che dà il meglio di sé proprio nelle esibizioni live. Se per ipotesi dovessero decidere di non pubblicare più album in studio potrebbero comunque continuare a fare tranquillamente concerti per qualche decennio tanta è la loro attitudine ai live show. Tra i quattro musicisti c’è una buona intesa, ed anche il chitarrista Harri Harrison, entrato in formazione solo nel 2017, è ormai un ingranaggio ben inserito nel motore Airbourne.

Il concerto procede andando a pescare un po’ da tutti gli album bella band. Agli Airbourne non servono particolari effetti scenici o pirotecnici per avere l’ attenzione degli spettatori, essendo la loro esibizione già infuocata di suo. Nel corso degli anni si sono dimostrati degli animali da palcoscenico eredi diretti di formazioni come Motorhead e soprattutto i connazionali AC/DC.

Il concerto prosegue avanti con il vocalist O’Keeffe che  incalza il pubblico con un “Rock N’Roll needs people like you!!”, per introdurre It’s All For Rock N’Roll. Durante il finale del brano Joel si avvicina ad un banchetto con lo stemma dei Motorhead che nel frattempo è stato portato sul palco e, posata la chitarra, si improvvisa barman preparando quattro Jack Cola per i ragazzi della band che, una volta finito il pezzo, si uniscono in un brindisi alla memoria di Lemmy. Un gesto che fa esplodere la platea in un fragoroso applauso mentre dalle prime file si leva il coretto “mi ubriaco e son felice anche se poi vomito”.

Vuotati i calici arriva il turno di Stand Up For Rock N’Roll con cui gli Airbourne si congedano momentaneamente dalla platea. Una manciata di minuti prima che dei suoni di sirene contraeree accompagnino il ritorno on stage dei quattro rocker per il rush finale. Le note di Live It Up e Raise The Flag riscaldano l’atmosfera mentre Joel si esibisce in un altro siparietto di birre lanciate in aria (ma ne beve qualcuna o fa solamente finta??). Infine Runnin’ Wild, terminata la quale giunge il momento dei saluti e ringraziamenti di rito prima che agli addetti ai lavori inizino a smontare la strumentazione.

Una prestazione di spessore quella della compagine australiana che ha lasciato tutti soddisfatti, anche se c’era chi giurava di averli visti altre volte in una forma ancora più smagliante. Pian piano la gente comincia ad uscire, mentre altri si trattengono ancora per una chiacchierata in compagnia durante il dj set .Per tutti comunque è stata una bella serata  che ha confermato le qualità live degli Airbourne oltre che permettere ai Royal Republic di farsi conoscere ad un pubblico maggiore.

Un buon concerto per i presenti e, da un certo punto di vista, un’occasione mancata per gli assenti. Che gli Airbourne a livello creativo non abbiamo inventato niente di nuovo è abbastanza evidente. Ma come già spiegato la loro forza sta nei live. Viene da chiedersi allora quanto abbia senso spendere cifre anche rilevanti per vedere ultrasessantenni trascinarsi sul palco spesso sfoggiando una giovinezza che ormai non gli appartiene più e trascurare formazioni relativamente giovani, ancora al top della loro forma, in un’esibizione carica di un’energia ad un prezzo più abbordabile?

Certo vedere dal vivo mostri sacri, per quanto attempati, ha ancora il suo fascino al quale è difficile rimanere immuni. E ciò non toglie che possano ancora offrire esibizioni all’altezza del loro nome, ma ciò non deve (o non dovrebbe) distogliere l’attenzione da formazioni ancora fresche e vigorose (sempre tenendo presente le disponibilità economiche). Il rock funziona come un dare/avere. Noi abbiamo bisogno di band che ci trasmettono le loro vibrazioni, ma per poterlo fare, le band hanno bisogno del nostro supporto.  Certamente tutti speriamo che i grandi antichi della nostra musica preferita possano tenerci compagnia ancora per molto tempo, ma nel frattempo non dobbiamo però trascurare le nuove realtà. Solo così riusciremo a creare un ricambio generazionale che possa consentire al rock ed al metal di rigenerarsi anche per gli anni a venire.

Van Halen una volta disse “Gli AC/DC fanno sempre la stessa canzone, ma è una grande canzone”.

Arriverà però il momento che pure loro dovranno appendere gli strumenti al chiodo, ed a questo punto quella grande canzone la dovrà continuare a suonare qualcun altro… E potrebbero essere proprio gli Airbourne!