Obituary (Trevor Peres)
Voglio dire, tutti i dischi che compongo devono essere anche un divertimento altrimenti che cazzo di musica uscirebbe fuori?
(Trevor Peres, Obituary)
In occasione della recente partecipazione da parte di Truemetal.it al Metaldays, festival sloveno che si tiene ogni anno a Tolmino, abbiamo intervistato un simpaticissimo Trevor Peres, storico chitarrista nonché fondatore degli Obituary. La death metal band floridiana è nuovamente attiva sia in studio, sia on the road, dopo qualche anno di attività a basso regime. La nostra curiosità ci ha portati a chiedere qualcosa delle origini del tempo, quando i nostri erano poco più che ragazzetti…
Quando il tutto è nato avevamo credo sui tredici, quattordici anni. Io e Donald ci siamo incontrati a scuola. Lui suonava un rullante alla banda scolastica mentre io mi sono fatto affascinare dalla chitarra. Appena ho avuto due dollari mi sono comprato una chitarra merdosa e ho proposto a Donald di fare qualcosa assieme, qualche cover delle band che più ci ispiravano al tempo.
Per curiosità, chi erano le band all’origine di quello che poi sarebbe diventato uno dei più rappresentativi death metal della storia?
Beh… siamo onorati che la gente pensi questo di noi, grazie! Le band che ascoltavamo a casa nostra erano Nasty Savage, Savatage, Exodus e Possessed. In particolare un disco che mi mandava fuori di testa era “Bonded By Blood”. Incredibile quanto gli Exodus spaccavano! E poi la cosa super è stata aver scoperto che il chitarrista dei Nasty Savage, David Austin, viveva vicino casa nostra! Era quasi destino che dovessimo mettere su un gruppo!
Non ho mai condiviso l’idea che il death metal sia nato a contrapposizione dell’imperante thrash metal del tempo. Ma se leggi le interviste ad alcuni musicisti, sembra che questo sia vero. Che ne pensi?
Penso che per qualcuno può essere anche stato così, ma praticamente il death metal è nato dal thrash metal. Ti basti pensare che tra noi i dischi che giravano, ed erano anche i più apprezzati, erano prorpio quelli di Metallica, Slayer ed Exodus. Insomma, mi sembra che certa gente alle volte dica un sacco di stronzate!
Mi racconti dell’emozione che avete provato quando avete pubbicato il vostro primo disco?
Wow! Non puoi immaginare che emozione! Avevamo firmato per Roadracer sernza nemmeno immaginare che avremmo ricevuto via posta il nostro primo vinile. “Slowly We Rot” è stato solo un amplificatore di entusiasmo, tanto che quando è uscito “Cause of Death” ci siamo ritrovati a gestire un sacco di impegni.
Parli di tour, interviste e cose del genere?
Sì. Comunque, la cosa più fica è stata quando ci hanno chiesto di andare in tour in Europa. Ci siamo guardati e dopo un secondo abbiamo accettato. Abbiamo ficcato dentro un borsone un paio di vestiti di ricambio e dopo un paio di giorni siamo partiti. Non vedevamo l’ora di suonare fuori dagli States. Abbiamo spaccato tutto!
Eravate già dei professionisti praticamente a quel tempo…
Non proprio. Diciamo che ce la cavavamo abbastanza bene, ma il fatto che avremmo suonato per molto tempo dipendeva solo da noi. Il fatto che ci fosse stato proposto un tour europeo era quanto ci voleva per darci lo sprone ad andare avanti con determinazione. Poi qualche birra qua e qualche canna là… tutto restava anche nel divertimento che è la cosa più importante per comporre e sopravvivere come band.
Che ne pensi del fatto che oggigiorno molti musicisti compongono a ‘distanza’? Ovvero si parlano e si confrontano sul songwriting via skype, spedendosi file con i riff via email… e poi ci compongono sopra e se li ripassano e così via?
Penso non possa funzionare. Ne conosco parecchi che lavorano così. Voglio dire, tutti i dischi che compongo devono essere anche un divertimento altrimenti che cazzo di musica uscirebbe fuori? Io e Donald ancora adesso ci spariamo un paio di canne, un paio di birre e via, saltano fuori i riff migliori di sempre!
Restiamo un attimo in ambito ‘compositivo’. C’è qualcosa di nuovo in lavorazione dopo questi cinque anni di stand-by?
Certamente. Usciremo con il nuovo disco il prossimo ottobre.
Ci puoi dire qualcosa di più?
Certo. Il disco si intitolerà “Inked in Blood” e uscirà per Relapse data l’ottima offerta che ci ha fatto. Siamo stati davvero onorati perché ci hanno trattato con grande rispetto e sono entusiasti di averci nel loro roster. Il disco è quanto di più aggressivo e potente abbiamo mai composto in vita nostra. I brani spaccano!
Loro avranno entusiasmo, ma pure tu non scherzi! Non sai che piacere fa sentire questa energia…
Sebbene sia sposato… e mia moglie è di Sassari…sto imparando anche l’italiano… cazzo culo, porca puttana… (risate, ndr)… mi sento ancora come un ragazzino. Mi sento fortunato di poter fare cosa sto facendo! Spero possa accadere a tanti altri ragazzi!
Bene… l’organizzatore ci sta puntando, credo il tempo sia finito! Ti saluto e mi ha fatto molto piacere parlare con te. Queste sono le interviste che più mi piacciono… sei un fottuto rocker!
E tu un fottuto giornalista! (risate, ndr)
Nicola Furlan