Recensione libro: ‘Fargo Rock City’
Fargo Rock City
– Un’odissea heavy metal nel Nord Dakota rurale –
di Chuck Klostermann
Meridiano Zer edizioni- 336 pagine
PREZZO: € 20,00
ISBN: 978-88-8237-245-3
Probabilmente, il nome dell’autore di questo libro non vi dirà assolutamente nulla, ma negli Stati Uniti è piuttosto famoso; i sui articoli sulla cultura popolare appaiono, tra gli altri, sul New York Times, su Rolling Stones e sul Washington Post e vengono considerati tra i più “seriamente divertenti” e “spassosamente seri” degli ultimi anni.
Fargo Rock City è un’opera a metà strada tra l’autobiografia e l’approfondimento sociologico, con una spruzzata di antropologia a condire il tutto. Come in un vero romanzo di formazione, Klostermann prende spunto dal suo incontro con la musica metal durante gli anni dell’adolescenza ed esamina in maniera approfondita come questa abbia influito sulla sua vita e su quella dei suoi coetanei. Quale può essere l’impatto di un disco dei Mötley Crüe su un ragazzino che vive in una delle province più rurali degli Stati Uniti? Negli anni ’80, mettere mano su una cassetta di “Shout at the Devil” era sicuramente un evento notevole. Non dimentichiamoci che trent’anni fa il Metal, un genere ancora in via di definizione e dai confini molto più permeabili di adesso, era un prodotto di massa. I gruppi più famosi si muovevano disinvoltamente a cavallo dell’hard rock e nomi come Van Halen, Guns N’ Roses, Bon Jovi e Whitesnake raggiungevano le vette più alte delle classifiche di vendita con regolarità. Nonostante l’artificiosa costruzione del look dei musicisti e le crociate mediatiche intraprese dai benpensanti, migliaia di ragazzi scandivano i momenti più importanti delle loro vite mentre, in sottofondo, scorrevano le note di Metallica e Ozzy Osbourne.
Klostermann era uno di questi ragazzi, votato con tutta l’anima all’ascolto di quello che sarebbe stato poi catalogato come glam metal. Nonostante il libro si concentri con particolare attenzione alla storia di quei gruppi più facilmente inscrivibili in questo filone musicale, non vengono risparmiati aneddoti e curiosità su tutti quei nomi che hanno brillato in quello che si sarebbe rivelato un decennio d’oro. Indipendentemente dai gusti personali, è interessante leggere quella che sembra la cronaca di un tempo veramente lontano, in cui non era facile distinguere “il metallaro”, semplicemente perché tutti, indipendentemente da sesso ed estrazione sociale, avevano almeno una cassetta degli Iron Maiden e vedevano i video dei Kiss su MTV. Le pagine scorrono veloci grazie allo stile accattivante dell’autore, che alterna aneddoti a riflessioni sulla musica, creando un interessante quadro d’insieme della cultura popolare statunitense del tempo. Seguite i capitoli che, come in un libro di storia, scandiscono metodicamente gli anni e gli eventi importanti avvenuti al loro interno. Alcuni degli aneddoti contenuti al loro interno sono deliranti, mentre altri vi faranno sorridere e pensare, ‘Ehi, questo l’ho fatto anche io!‘. Particolarmente divertenti le classifiche e le classificazioni: dai dischi preferiti dell’autore alle donne preferite dai vari gruppi, ce n’è per tutti. Sebbene la prosa di Klostermann sia piuttosto agile e le pagine lette si accumulino senza difficoltà, bisogna evidenziare che l’autore tende a rimarcare un po’ troppo spesso alcuni concetti fondamentali che, evidentemente, ritiene necessario ribadire con costanza in modo che entrino bene in testa al lettore. Fortunatamente, questa riproposizione non è troppo gravosa e non inficia eccessivamente la gradevolezza del libro.
Alla fine, la domanda è una sola: vale la pena comprare una copia di Fargo Rock City? Per quando mi riguarda, si. Il libro è divertente e ben scritto; se cercate una lettura leggera, che riesca a intrattenervi nei caldi pomeriggi di fine estate, potete tranquillamente considerarne l’acquisto. Se siete cresciuti nella stessa epoca dell’autore, probabilmente lo troverete irresistibile. Stesso discorso, se siete appassionati di hard rock e glam metal o se siete convinti che la musica sia anche migliore quando non si prende troppo sul serio. Per gustarlo al meglio, mettetevi comodi, con una bella birra fresca accanto e accendete lo stereo per crearvi un accompagnamento sonoro adeguato. Se, invece, non sopportate i capelli cotonati, preferite le fredde foreste della Norvegia alle strade di Los Angeles o non fate nemmeno la spesa se il supermercato non è “true“, girate a largo, vi risparmierete tanta acidità di stomaco. Come comunicazione di servizio, a margine della recensione, vi comunico che, nel caso restiate soddisfatti, potrebbe anche venirvi voglia di vedere l’omonimo adattamento televisivo uscito nel 2009.
Damiano “kewlar” Fiamin