Heavy

Recensione Libro: Never Surrender – Biff Byford Biography (Saxon)

Di Stefano Ricetti - 27 Agosto 2007 - 15:36
Recensione Libro: Never Surrender – Biff Byford Biography (Saxon)

Never Surrender (O Nearly Good Looking)
Saxon – An Autobiography by Biff Byford and John Tucker
Iron Pages Books

www.iron-pages.de

2007

 

Qualsiasi vero fan dei Saxon come il sottoscritto, in cuor proprio, si aspettava un libro ufficiale sulla band, o qualcosa del genere. Al posto della storia del gruppo scritta dal giornalista specializzato di turno con l’avallo postumo dei Saxon della situazione, come un fulmine a ciel sereno giunge sui mercati la biografia di quello che da sempre viene identificato come simbolo stesso degli Stallions of the Highway inglesi: Peter Rodney Byford detto Biff, di professione cantante. La parabola del singer lungocrinito è per molti versi affine ad altri pilastri della musica dura mondiale, intendo gente del calibro di Lemmy per quanto attiene i Motorhead o Dave Brock degli Hawkwind. Personaggi senza i quali per una band non avrebbe proprio senso continuare… vi immaginereste qualcun altro dietro al microfono delle Teste di Motore o del fiero guerriero Sassone? Penso proprio di no…

La storia di Biff Byford parte dagli albori, ossia da quando il piccolo Peter inizia fisicamente a muovere i primi passi (e ad allungare le mani… ah,ah,ah!) fino ad arrivare al periodo The Inner Sanctum, ultima fatica discografica del combo inglese. Per certi versi la parte iniziale del libro contiene parecchie similitudini con White Line Fever, ovvero la biografia del Suo prode pard di scorribande elettriche Ian Fraser Kilmister. I ricordi dell’infanzia e dell’adolescenza scorrono abbastanza bene, anche se va sottolineato che Lemmy, in queste occasioni, è stato molto più preciso di Biff. Il problema che spesso compare in Never Surrender è che il racconto salta occasionalmente di palo in frasca, così come accadde Nella Sottile Linea Bianca di Mr. Motorhead. Boh… probabilmente questa peculiarità fa direttamente parte del Dna delle biografie dei singer inglesi!

Su tutte quando Biff, durante la spiegazione del Denim and Leather Tour inizia di botto a raccontare, per la prima volta all’interno del libro, di sua moglie Christine, un’americana, senza che precedentemente avesse detto che si era sposato. Roba da sceneggiatura di film porno anni Ottanta di serie C! Poco male, perché di materiale interessante ce n’è a go-gò. Alcune chicche: durante l’interpretazione di To Hell and Back Again in studio Biff è svenuto dal tanto “tirava”; Strong Arm of The Law l’avrebbe voluto intitolare Heavy Metal Thunder poi in realtà la casa discografica ha deciso diversamente; da gran mandrillo qual era al primo tour giapponese s’è beccato la Gonorrea (scolo) e mi fermo qua per non rovinare le numerose successive sorprese – anche a carattere sessuale – ai tanti metallari che compreranno il libro. Never Surrender contiene inoltre le tantissime ammissioni di colpa da parte di Peter Rodney, sugli innumerevoli errori commessi durante la carriera dei Saxon.

Onestamente non riesco a ben definire il Suo comportamento semplicemente perché negli anni ho avuto dei riscontri personali su certi episodi chiave di natura esattamente opposta a quello che Biff ha scritto in Never Surrender. In alcuni stralci addirittura si fa passare da carnefice a vittima: in realtà la verità delle cose resterà per sempre a metà strada fra le Sue dichiarazioni e quelle degli altri ex membri originali. Quello che è certo invece, e che nessuno può mettere in discussione – peraltro anche Biff lo sottoscrive a nove colonne – è che la prima incarnazione della Band, quella con la line-up Gill/Quinn/Byford/Oliver/Dawson costituiva una corazzata inaffondabile, unita e indistruttibile, formata da cinque tamarri della working class che volevano spaccare il mondo con il proprio heavy metal duro, feroce e violento.

Questo concetto così viscerale di “band”, all’epoca, fra i big dell’HM classic, solo i Saxon, i Manowar e i Judas Priest potevano vantarlo. Gli Iron Maiden erano già una creatura di Steve Harris così come i Motorhead di Lemmy. Fra le tante ammissioni di errori spiccano quelle relative al fatto di essere partiti per il Denim And Leather Tour senza aver aspettato che Pete Gill si rimettesse da un problema fisico, sbattendolo fuori senza pietà e rimpiazzandolo con Nigel Glockler, un comprimario o poco più. Oppure quando Peter ha praticamente consegnato l’intero piano di carriera dei Saxon nelle mani del manager Nigel Thomas e da lì gli infiniti problemi con le miriadi di produttori e i dubbi sulle scelte artistiche da effettuare. Si dimostra altresì onesto quando, in occasione delle sei settimane di tour negli Usa insieme con gli Iron Maiden, ammette che quando i Saxon hanno spaccato, nella migliore delle ipotesi, sono riusciti solamente a raggiungere le vette toccate da Dickinson & Co.

Molto interessante, e per certi versi inaspettato, il peso che viene dato da Biff alle varie recensioni che escono, particolare che, per chi scrive, fa sempre piacere leggere. Riguardo i testi dei primi album non si nasconde, anzi rincara la dose, dicendo che alcuni erano veramente impresentabili, proprio come Paul Di’Anno mi aveva fatto notare in un nostro recente incontro. D’altronde il Sassone puntava diretto all’attacco frontale, l’ultima cosa che poteva interessare erano le liriche. L’opera, all’interno delle 272 pagine, ne contiene anche una trentina riguardanti foto di repertorio. Nulla di stra-inedito in realtà, la parte più succosa riguarda gli scatti all’abitazione natale di Biff e quelli della location da dove è nata l’idea per la composizione di Princess of the Night, il resto è ordinario. Concludendo, è inutile sottolineare che si tratta di un lavoro ciclopico che non può assolutamente mancare nella libreria di tutti gli appassionati della storia dell’heavy metal, così come ai defender di professione.

Come sempre accade in questi casi, la tiratura iniziale del libro è solamente in inglese, peraltro nella fattispecie abbastanza abbordabile per chiunque abbia una conoscenza che vada un po’ più in là del livello medio. Tanto per capirci Never Surrender è molto più alla mano che non White Line Fever. Dubito fortemente che l’opera venga tradotta in futuro in italiano così come sul fatto che possa essere acquistata presso le librerie. La maniera migliore per procurarsela è andare direttamente presso la casa editrice Iron Pages di Berlino, a questo indirizzo: www.iron-pages.de

Buon Heavy Metal Thunder.

Stefano “Steven Rich” Ricetti