Hard Rock

Steve Vai: “Non avrei mai potuto suonare come lui, solo un idiota avrebbe cercato di competere con Eddie Van Halen”

Di Davide Sciaky - 10 Ottobre 2020 - 10:59
Steve Vai: “Non avrei mai potuto suonare come lui, solo un idiota avrebbe cercato di competere con Eddie Van Halen”

Il virtuoso della chitarra Steve Vai ha voluto ricordare Eddie Van Halen con le seguenti parole pubblicate da Rolling Stone:

La prima volta che ho incontrato Edward ero andato a vedere Allan Holdswroth al Roxy; venne fuori Edward e suonò anche lui.
Andai nel backstage, parlammo e gli dissi che lavoravo con Zappa.
Lui era un fan, così gli diedi il mio numero dicendogli, “Se volessi mai incontrare Frank fammelo sapere”.
Il giorno dopo il mio coinquilino mi disse, “Ed Van Halen ha chiamato”.
Gli diedi il numero di Frank e poco dopo il telefono squillò ed era Frank.
Disse, “Ehi bello, Edward Van Halen è qui, vieni anche tu”.
Andai a casa sua e noi tre passammo la giornata insieme ad ascoltare musica e a suonare.

Lui era fantastico.
Prese in mano una chitarra e una parte del capotasto era un po’ allentata quindi c’era una corda che suonava male.
Trovò un cacciavite enorme e lo incastrò sotto al capotasto: c’era mezzo metro di cacciavite che sporgeva dalla sua chitarra ma suonammo così, e lui riuscì a farlo funzionare.

Il giorno dopo che lasciai la band di David Lee Roth – non so come avesse fatto a saperlo – ma Edward mi chiamò.
Fu l’inizio di una bel rapporto e una bella amicizia.
Per circa sei mesi ci siamo visti e lo conobbi meglio.

Andai nel suo studio, mi fece sentire tante registrazioni.
Era sempre al lavoro, scriveva e suonava costantemente.
Mi fece sentire della roba che non ha mai pubblicato, ma era una cosa molto da Edward.
Gli dissi, “Perché non fai un disco solista?” ma lui sentiva che i dischi dei Van Halen erano già come i suoi dischi solisti.
Questa musica che mi fece sentire comunque era fantastica, era tutto ciò che amiamo del suo modo di suonare.

Questa è una storia che penso troveranno interessante i chitarristi: ero a casa mia ad Hollywood, nel mio studio, stavo usando la mia chitarra, la mia strumentazione, i miei pedali, i miei amplificatori.
Arrivò Edward.
Stavamo cazzeggiando e mi disse, “Ti faccio vedere una cosa su cui sto lavorando”.
Prese la mia chitarra, iniziò a suonare e si sentì dal primo istante che era Edward Van Halen.
Non suonava minimamente come me, era il “brown sound”, c’era tutto quello che uno può amare del tono della chitarra di Ed.
Stava suonando i miei strumenti, ma il suono era il suo.

Andavamo a giocare a softball i sabati mattina con suo fratello e altra gente. Era fantastico.
Mi ricordo che mi disse qualcosa che trovai molto interessante, “Pensavo che non mi saresti piaciuto”, qualcosa del genere.

Quando entrai nella band di David Lee Roth fu una grande opportunità per me, poter suonare quelle canzoni fantastiche. Era un sogno.
Ovviamente nessuno può suonarle come faceva Edward, ma fai del tuo meglio.
Essere sul palco con David a suonare quelle canzoni è una bomba.
Mi piaceva suonare ‘Unchained‘ perché usava un’accordatura ribassata, molto pesante.
Pretty Woman‘ aveva una melodia bellissima. E ‘Panama‘ era sempre fantastica.
E, ovviamente, ‘Hot for Teacher‘.

Ovviamente non avrei mai potuto suonare come lui.
Non ci ho mai neanche provato.
Solo un idiota avrebbe cercato di competere con Eddie Van Halen.
Ma lo sapevo già quando ho accettato quel posto.
Ma quando suoni quella musica e sei un chitarrista puoi vedere la struttura delle canzoni ed è qualcosa di meraviglioso.
Ricordo che mentre stavo lavorando ad “Eat ‘Em and Smile” il produttore Ted Templeman mi fece sentire alcune tracce isolate delle chitarre di Edward e, anche con una traccia sola, un solo microfono sulla sua chitarra suonava come un’orchestra intera.
Perfettamente racchiusa in questa potentissima espressione dinamica.

Una delle cose che cominci a notare quando giri con gente così famosa è che devono innalzare una barriera per proteggere la propria privacy, oltre che la propria salute mentale. Edward aveva una cosa del genere.
Ma quando ti lasciava entrare – cioè, quando sentiva che eri una buona compagnia e si trovava bene con te – allora non era minimamente una Rockstar.
Era una persona molto divertente, creativa e semplice.
Passare del tempo con lui era come frequentare un vecchio amico.

[…] Cosa abbiamo perso?
Mi piace semmai pensare a cosa abbiamo guadagnato.
Mi piace parlare dei suoi contributi alla musica perché sono stati monolitici.
Ho fatto un’intervista anni fa in cui mi è stato chiesto chi è che ha cambiato le carte in tavola.
Se devo usare l’intuito, la risposta è Hendrix Van Halen, nella chitarra Rock.
Tanti grandi chitarristi sono arrivati dopo e hanno contribuito, ma questi due hanno fatto qualcosa che non ha solo ridefinito il modo in cui suoniamo il nostro strumento, ma il modo stesso in cui scriviamo la musica, in cui ci vestiamo, in cui ci muoviamo sul palco.
E’ qualcosa di profondo.
Quindi credo fermamente che lui fosse uno di questi monoliti.

 

Anch’io sento lo shock e la perdita dell’intera comunità dei chitarristi.
Voglio solo dire, concentratevi su ciò che ci ha dato, perché è stato un vero dono.
E lui era incredibile.