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The Doomsayer (Stefano “Vlad” Ghersi)

Di Stefano Burini - 12 Marzo 2014 - 0:02
The Doomsayer (Stefano “Vlad” Ghersi)

Ciao Vlad, innanzitutto volevo ringraziarti per essere qui con me ai microfoni di Truemetal.it e farti i miei complimenti per lo show di questa sera! Come va?

Ciao e grazie a voi! Direi che va tutto alla grande! Lo show è andato bene, è venuta davvero moltissima gente e, anzi, ho saputo che in tanti, tra cui, purtroppo, alcuni nostri fan arrivati addirittura da Bologna, sono rimasti addirittura fuori perché il locale era sold out. Penso che nemmeno i Destrage si aspettassero una risposta simile!

Confermo! Io e alcuni amici siamo entrati sicuramente tra i primi cinquanta-cento e c’era ancora un mucchio di persone dietro di noi. Ti posso dire di aver visto un altro concerto live dei Destrage nel 2012 a Brescia e nonostante anche quella volta ci fosse stata una ottima affluenza, non si trattava di un pienone come quello di stasera. Comunque, al di là del giusto rammarico per chi è rimasto fuori, è bello vedere così tanta gente ad un evento di musica estrema…

E’ vero! E’ abbastanza sorprendente pensare che in Italia si riesca ancora a coinvolgere tanto pubblico ed è davvero bello vedere tanta gente e soprattutto tanti ragazzi che vengono a vedere musica live e a supportare gruppi italiani. Questa è per me una cosa importantissima che è venuta fuori anche stasera con i Destrage ma sulla quale c’è ancora da lavorare, proprio a livello di scena italiana. A volte ho l’impressione che ci sia un atteggiamento un po’ qualunquista da parte dei fan italiani verso le band italiane, quasi come se si andasse semplicemente a vedere “dei ragazzi che stasera suonano e poi magari mi becco con gli amici”; in Inghilterra o Germania, per esempio, non è così: là se suonano i Caliban i ragazzi tedeschi li osannano allo stesso modo delle grandi band americane. Questa è una cosa che secondo me qua da noi ancora un po’ manca e su cui invece bisogna insistere.

 

Stefano “Vlad” Ghersi in azione al Live Forum di Assago
 

A questo proposito, noi che siamo di Truemetal.it e quindi molto legati, per definizione alle sonorità “classiche”, quando la proposta è valida e si mantiene un certo “spirito”, non disdegniamo qualche puntata in territori più moderni. Voi come vi ponete rispetto al passato e al presente (di cui peraltro fate parte)?

Questo è un argomento interessante che si ricollega un po’ al discorso del “ricambio generazionale” e qui ti devo dire che mentre talvolta capita che, a prescindere dalla validità, le sonorità tipiche dell’hardcore e del metalcore non vengano considerate nel migliore dei modi dall’uditorio più classico, da parte nostra (ma anche di moltissime altre band come noi) c’è invece moltissimo rispetto per i miti del passato. Per farti un esempio, un gruppo come i Trivium ha davvero una grande conoscenza e una grande ammirazione nei confronti dei Metallica; non è una cosa di facciata, è proprio così. E per i ragazzi più giovani è la stessa cosa: vivono un po’ “di riflesso” le band del passato, pur rispettandole, e vivono al contrario più “in prima persona” le band di oggi. Io ho un fratello che è del ’93 e i Trivium e i Killswitch Engage sono i suoi Metallica; ascolta, conosce e apprezza anche i Metallica ma i Trivium sono una realtà più vicina, anche in termini di età. Il ricambio generazionale di cui parlavo prima passa anche di qua e passa anche attraverso tutti quei gruppi che da qualche anno a questa parte hanno provato a buttarsi nel metalcore, creando una scena che sta dimostrando il proprio valore e una longevità maggiore di quella dell’ondata nu-metal. Una serata come questa, poi, lascia sicuramente sperare che qualcosa, in particolare qui in Italia, si stia muovendo per davvero.

Mi trovi perfettamente d’accordo. Finora abbiamo parlato del presente e in generale dello stato di salute della scena metalcore italiana; raccontaci invece qualcosa della tua band. Da dove nasce? E che fine hanno fatto gli Stigma?

Ok, allora, questa in effetti è una storia un po’ particolare… In pratica, i musicisti che oggi compongono insieme a me la line-up dei The Doomsayer, sono gli stessi che costituivano la formazione gli Stigma e il cambio di nome è dovuto a due fattori. Per prima cosa abbiamo scoperto che c’era già un gruppo di nome Stigma che nel frattempo aveva depositato il marchio in America (e non si tratta peraltro di un gruppo qualsiasi ma del nuovo gruppo del chitarrista degli Agnostic Front). Poi, quando ci siamo messi a comporre i nuovi pezzi ci siamo resi conto che suonavano molto diversi da quelli “vecchi” (di impostazione decisamente più death/core un po’ alla The Black Dahlia Murder). Da qui l’idea di cambiare nome. C’è poi anche un ulteriore significato, più “simbolico”. Gli Stigma sono stati il nostro primo progetto e durante quell’esperienza nata da ragazzi, anzi da ragazzini, abbiamo fatto tutto quello che volevamo fare, abbiamo creato dei concept a tematiche horror e fatto moltissime date; abbiamo detto in pratica tutto quello che c’era da dire. Oggi con i The Doomsayer proviamo ad aprire un nuovo capitolo, teniamo le cose che andavano bene negli Stigma, togliamo quelle che andavano male e lavoriamo di più sui dettagli in maniera tale da migliorare e da non ripetere gli stessi errori.

E del nuovo album cosa mi dite? Siete soddisfatti di come è venuto e di come è stato accolto?

Si, sicuramente. Non abbiamo dati di vendita precisi ma siamo molto contenti delle critiche che ha ricevuto, in buona parte molto positive.
 

La copertina di “Fire Everywhere”

Una mia piccola curiosità è legata ai ritornelli in voce pulita: li ho trovati tutti molto azzeccati già su disco ma devo ammettere che live mi hanno colpito ancora di più per via dell’interpretazione più grintosa da parte di Andrea Bailo. Mi confermi questa impressione?

Ti ringrazio e si, è vero: le melodie in pulito live rendono meglio che su disco ma credo che questo sia dovuto semplicemente al fatto che Andrea non aveva mai fatto delle registrazioni di voce prima di “Fire Everywhere” e quindi i miglioramenti che vedi sono dovuti alla maggiore esperienza e convinzione che lui stesso sta man mano acquisendo in questo ruolo.

E tu hai mai pensato di provare a cantare anche in pulito con i The Doomsayer?

Sì, ma ad Andrea riesce sicuramente meglio proprio perché la sua voce è più squillante e con il genere che facciamo viene fuori meglio. Io ho un registro vocale da baritono e con le accordature così basse, soprattutto live, è davvero problematico riuscire a venir fuori. Credo che quel che proverò a fare con il cantato “clean” sarà comunque calato nel contesto di armonizzazioni vocali, niente di più.

Progetti futuri? State già lavorando a nuove canzoni?

Sì, stiamo lavorando a nuove canzoni che finiranno di certo sul prossimo album; ti posso anticipare che stiamo provando a lavorare con accordature ancora più basse e che proveremo ad inserire qualche partitura più sinfonica. Anche dal punto di vista del cantato stiamo spingendo molto sulle linee vocali di Andrea, sullo studiarle meglio e cercare di strutturarle un pochino di più; poi adesso lo vediamo anche molto lanciato sulla sperimentazione con la voce e quindi vogliamo metterci ancora più attenzione. Poi insomma, il nostro primo album alla fine è uscito da poco e intendiamo supportarlo bene, anche fuori dall’Italia, quindi il nuovo disco è un progetto che vedrà in ogni caso la luce non prima del 2015. Vogliamo anche capire come muoverci bene a livello di registrazione per il nuovo disco, perché negli anni abbiamo sviluppato una buona rete di contatti e quindi potremmo riuscire ad effettuare noi le prese “in casa” e poi andare all’estero per il mixaggio. Anche questo è un mondo che è cambiato molto e quindi vogliamo provare a sperimentare anche in questo senso. Il primo disco degli Stigma l’abbiamo registrato con Ettore Rigotti dei Disarmonia Mundi, il secondo con Simone Mularoni dei DGM e poi l’abbiamo fatto mixare in Inghilterra dal discepolo di Andy Sneap (e il risultato è stato veramente notevole a livello di produzione); come Doomsayer invece abbiamo fatto questa esperienza di registare nell’Oxfordshire e poi l’abbiamo fatto mixare in America e anche lì abbiamo cercato di sperimentare nuove soluzioni…

E sul fronte live?

Sul fronte live la nostra idea, rispetto ai tempi degli Stigma, è di fare magari meno date ma di calibrare meglio il tutto: abbiamo qualche aggancio per dei festival in estate e poi qualche altra data in ballo ma onestamente non è il momento, anche e soprattutto da un punto di vista economico, per imbarcarsi in un tour autofinanziato. Inoltre ora abbiamo un nuovo chitarrista che ci segue nei live e che ci sta dando anche una mano in fase di composizione dei nuovi pezzi; sentivamo la necessità di riempire il sound dal vivo con una seconda chitarra e con questo ragazzo ci stiamo trovando davvero bene; ora vedremo come andrà e magari ci sarà anche modo di farlo entrare stabilmente in formazione.

Da quel che mi accennavi prima, peraltro, avendo ridotto l’attività live rispetto ai tempi degli Stigma mi viene spontaneo chiedervi se oggi siate musicisti a tempo pieno o meno…

Beh sì: nonostante, come detto, il nostro orientamento oggi sia quello di puntare più sulla qualità che non sulla quantità, andando a selezionare per bene gli eventi a cui partecipare, la band rimane la nostra occupazione principale. La cadenza nel provare, alla fine, è rimasta regolare e tutto sommato nemmeno il fatto che il nostro chitarrista sia andato a vivere da gennaio in Belgio (con la sua attuale fidanzata conosciuta proprio in un locale di quelle parti in cui abbiamo suonato ai tempi degli Stigma) ha creato problemi. Eravamo già abituati a lavorare separatamente buttando giù le prime idee e spedendoci le registrazioni tramite mail; poi, certo, quando le canzoni vanno davvero a prendere forma ci ritroviamo tutti insieme e lavoriamo in gruppo sulle varie tracce, ma il modo di comporre non è cambiato più di tanto e questo ci permette di lavorare velocemente e con continuità. Bisogna poi tenere conto del fatto che tutta la rete di conoscenze e di agganci che negli anni duemila permetteva a noi e agli altri gruppi di riuscire a fare molte date in tutta Europa oggi è venuta meno. Prima c’erano appassionati che avevano la loro mini-agenzia e con il loro aiuto si riusciva a organizzare delle serate; da due-tre anni a questa parte, anche a causa della crisi e con la gente che ha magari nel frattempo messo su famiglia e ha quindi sempre meno soldi e tempo libero da dedicare, questo meccanismo è un po’ scemato, almeno nel metalcore. Rimane, diciamo, in piedi nel caso del crust o di altri sottogeneri ancora più estremi, ma è anche vero che quelli sono stati sempre mondi un po’ “a parte”, che vivono proprio di underground. Per tutti questi motivi, oggi, organizzare concerti è molto più difficile che in passato e quindi, pur non lasciando da parte l’attività live, dobbiamo stare un po’ più attenti e selezionare di volta in volta. Poi ti dico, l’anno scorso abbiamo fatto festival in Germania e in Slovenia e abbiamo fatto le solite maratone con migliaia di chilometri in furgone, per cui non è che adesso abbiamo deciso di fare solo date a dieci metri da casa…

Immagino! Come ultima curiosità volevo chiederti di raccontarci qualcosa di questa “partnership” tra Monster Energy e la musica estrema che dura ormai da qualche anno…

Si, Monster crede molto nella musica alternativa e in particolare nel Metalcore; ha un roster di gruppi europei, tra cui noi, ma anche di gruppi americani che vanno dagli Shinedown agli Of Mice And Men. E poi anche artisti come Tommy Lee e Dave Lombardo sono ambassador del marchio ormai da tempo. L’idea è proprio quella di avere alle spalle un’organizzazione che ti aiuti e ti dia anche un minimo di sostegno nell’organizzare date ed eventi; loro ti chiedono in sostanza cosa vuoi fare, non ti promettono la luna, ma ti danno una mano e ti allestiscono anche il palco e il locale con il loro brand che comunque ha un certo richiamo. Noi, per esempio, per registrare “Fire Everywhere” siamo andati in Inghilterra e ci piaceva l’idea di creare una sorta di video-diary come testimonianza dell’esperienza; tramite Monster siamo entrati in contatto con un regista inglese giovane e davvero molto bravo che ha poi finito per dirigere anche il nostro videoclip, creando un bel rapporto professionale.
 

Bene, da parte mia direi che è tutto! Ti ringrazio per la disponibilità e per la lunga chiacchierata, è stato un vero piacere!

Grazie a te, anche per me è stato un vero piacere. Alla prossima!

Intervista a cura di Stefano Burini