Kamelot: fotoreport e intervista – Milano 13/04/08

Di Marco Ferrari - 28 Aprile 2008 - 9:41
Kamelot: fotoreport e intervista – Milano 13/04/08

Il ritorno in Italia da headliner dei Kamelot, dopo lo show datato marzo 2008, era un evento decisamente atteso e noi di www.truemetal.it non potevamo mancare all’appuntamento. Ecco a voi il racconto della lunga quanto intensa ed indimenticabile giornata. Buona lettura.

Intervista e Report a cura di Marco Ferrari
Foto a cura di Simone Castelli

Ore 15: Arrivo all’Alcatraz di Milano in perfetto orario per la programmata intervista al batterista Casey Grillo e noto, con piacere ed un pizzico di stupore, che un nutrito gruppo è in paziente attesa davanti al locale nella classica immagine che anticipa i grandi eventi.

Ore 15.15: E’ con puntualità svizzera che il tour manager della band mi invita ad entrare per quella che, purtroppo, si rivelerà una veloce intervista ad un Casey Grillo più interessato all’imminente sound check che alle domande del sottoscritto:

Ciao Casey, innanzitutto benvenuto su www.truemetal.it, è un piacere incontrarti e poter parlare con te del passato, del presente e del futuro dei Kamelot.

Grazie del caloroso benvenuto, il piacere è tutto mio.

Finalmente rieccovi in Italia per la seconda parte del tour mondiale di supporto a “Ghost Opera” che senza dubbio rappresenta il tour più lungo e maestoso dei Kamelot, come sta andando?

Alla grante è veramente entusiasmante.

Mi puoi togliere una piccola curiosità relativa al tuo cognome di chiare origini italiane?

I miei nonni sono italiani, ma onestamente non so dirti da quale città provengono, probabilmente dal sud Italia.

Parlando di “Ghost Opera” non posso esimermi dal chiederti come mai la scelta di pubblicare “Ghost Opera, the second coming”?

Credo semplicemente perché era il momento giusto vista l’enorme quantità di materiale che avevamo. Devi sapere che durante la prima parte del tour abbiamo registrato tutte le date e quindi ci è sembrato interessante inserire un live come bonus material che raccontasse anche questa esperienza per dare slancio alla seconda parte del tour.

La nuova uscita contiene appunto anche un live album, “Live in Belgrado”, come mai la scelta di pubblicare un altro live nonostante lo stupendo “One Cold Winter’s Night?” sia molto recente?

Guarda sinceramente il tutto è legato al fatto che non volevamo dimenticare in un cassetto l’ottimo materiale registrato  ed abbiamo ritenuto che fosse un bel regalo per i fan.

A proposito di “One Cold Winter’s Night”, guardando il dvd ho avuto l’impressione che la voce di Roy Khan sia stata un po’ ritoccata in fase di produzione e questa mia impressione è legata al fatto che praticamente durante tutto il concerto non gli si riesce mai a vedere la bocca. Cosa mi puoi dire a riguardo?

Posso assicurarti che tutto quanto è presente nel dvd è frutto della nostra prestazione di quella sera. Per quanto riguarda il tuo appunto su Roy Khan devo ammettere di non aver notato questo particolare anche se devi tener presente che la posizione del  microfono molto vicino alla bocca  è una sua caratteristica.

Cosa ne pensi oggi di Ghost Opera, ne siete ancora soddisfatti o rimpiangete la scelta di sperimentare territori più gothic a discapito della componente power?

Ne sono senza dubbio soddisfatto. I Kamelot sono cresciuti e Ghost Opera rappresenta esattamente quello che siamo ora.

Come mai la scelta (poi parzialmente smentita dalla set list del concerto) di riproporre dal vivo solo pezzi degli ultimi quattro album e specialmente degli ultimi due? Credo che dischi come “Karma” ed “Epica” abbiano inciso in maniera determinante nella vostra carriera.

La scelta si spiega semplicemente con il fatto che per noi con “Karma” è iniziata una nuova epoca, esplicitata in  un nuovo modo di intendere la musica. La riproposizione live di pezzi antecedenti a “Karma” non permetterebbe di avere quella unità di sound che contraddistingue i nostri show.

La scorsa estate ho avuto il piacere di intervistare Simone Simons degli Epica, che mi ha raccontato la loro esperienza in tour con voi sottolineando quanto questa avventura sia stata una grande scuola che ha permesso loro di imparare molto sulla esecuzione dal vivo di pezzi molto ricchi di parti orchestrali. Quali sono le difficoltà che incontrate nel riproporre live i pezzi del vostro ultimo album?

Ma se devo essere sincero per me non ci sono assolutamente difficoltà.

E per quanto riguarda i prossimi progetti in casa Kamelot?

Nulla è ancora certo, per il momento siamo concentrati nel portare a termine il tour, poi probabilmente ci prenderemo un piccolo periodo di vacanza prima di pensare al prossimo album. Direi che per un nuovo lavoro targato Kamelot dovrete attendere ancora un paio d’anni.

Un’idea stimolante potrebbe essere quella di scrivere una vera e propria rock opera da riproporre nei teatri.

Sinceramente non ci abbiamo mai pensato, ma non credo che siano idee che spettano a me.

Puoi raccontarci qualcosa sul progetto Almah in collaborazione con Edu Falaschi?

E’ stata una bella esperienza anche se, visti gli impegni con i Kamelot dubito che si potrà ripetere. Ora scusami però devo scappare a fare il sound check. Un saluto a te e a tutti i fans italiani: vi auguro di divertirvi stasera.

Terminata l’intervista, con un po’ di amaro in bocca, mi fermo un momento ad osservare il sound check della band americana al quale non prendono però parte né Thomas Youngblood né Roy Khan e dopo una decina di minuti passati ad assistere ad un drum solo di Casey Grillo mi avvio all’uscita del locale  pronto per tornarci dopo qualche ora quando sarà, finalmente, la musica a parlare.

Ore 19: Rispetto a poche ore prima la coda per entrare nella venue designata per l’esibizione dei Kamelot è interminabile e purtroppo riesco a prendere posizione all’interno del locale quando gli opener act della serata, gli spagnoli Forever Slave, sono ormai giunti al termine della propria esibizione. L’unico aspetto che riesco a percepire è la difficoltà della spregiudicata Lady Angelica a mantenere una adeguata intonazione. Purtroppo non mi trovo nella possibilità di esprimere un giudizio completo, ma nei pochi minuti che ho avuto a disposizione, sono rimasto spiazzato: un errore nel prendere una nota ci sta, stonare i continuazione no.

Fortunatamente a indirizzare la serata su binari giusti ci pensano i pirotecnici Firewind pronti a scaldare il pubblico presentando i brani dell’ultimo nato “The Premonition”. La band greca capitanata dal carismatico Gus è decisamente in grande spolvero e ripropone i propri pezzi con un’energia veramente contagiosa a cui il pubblico risponde con sincero entusiasmo. I tanti pezzi estratti dall’ultimo album ben si alternano con i brani storici della band, ed è così che i Firewind passano da una “Into The Fire”, ad una “Insatity” e a “Mercenary Man” con estrema disinvoltura e senza mai perdere il grintoso approccio che li contraddistingue. Nota di merito alla bella “Between Heaven And Hell”, brano che dal vivo riesce ad esprimere tutta la propria forza. Senza dubbio una prestazione da applausi.

  

  

Prima di iniziare il racconto del concerto dei Kamelot vorrei aprire un piccola parentesi in quanto, mentre assistevo allo show dei Firewind, ho avuto una piacevole, quanto inattesa, chiacchierata con Roy Khan, che si è dimostrato molto disponibile svelandomi le piccole sorprese previste nella scaletta e piccoli aneddoti sulla giornata milanese. Incredibile come il singer norvegese si sia appassionato alla chiacchierata con occhi vispi e sempre sorridente tanto da venire “rimproverato” dal tour manager: l’inizio dello show si stava inesorabilmente avvicinando.

Ore 21: Signore e Signori i Kamelot.

Le luci si spengono e ha inizio la magia che da sempre contraddistingue i live show dei californiani. E’, infatti, una violinista mascherata che si presenta sul palco ad accompagnare le note di “Solitare”  ad aprirci il cancello del regno incantato. Esattamente come accade su “Ghost Opera”, al suggestivo intro segue “Rule The World” a formare un binomio ormai inscindibile che mette subito in luce come i brani più recenti della discografia della band di Youngblood cambino pelle in sede live divenendo al tempo stesso potenti e visionari. Nemmeno il tempo di rifiatare che immediatamente viene accesa la macchina del tempo per un tuffo nel passato recente del repertorio della band con l’enigmatico Roy Khan che prima introduce la trascinante “When The Lights Are Down” per poi offrire, al numeroso e caldo pubblico convenuto, una prestazione da brividi ed applausi sulla superba “Soul Society”. La band è senza alcun dubbio in una forma smagliante e, oltre ad un Khan strepitoso, la precisione e la potenza dei Kamelot vengono esaltate da una sezione ritmica di forte impatto. Sono le note della bella “Descent Of The Archangel” quelle che ci introducono all’accoppiata più emozionante della serata che inizia con la travolgente “Center Of The Universe”, durante la quale il pubblico si scatena, per poi planare sulle note della meravigliosa “Abandoned”, brano sul quale il bravo singer norvegese incanta i presenti con una interpretazione degna della sua fama. La prima sorpresa, anticipata da Roy nella nostra intima chiacchierata, prende la forma dell’applaudita “Night Of The Arabia”  la quale precede un piacevole intermezzo musicale dove Casey Grillo diviene padrone della scena. Arriva il turno di un altro estratto da “Ghost  Opera” con quella che personalmente considero la migliore composizione dell’album, ovvero “Human Stain”, prima di proporre la super hit “The Hunting”, durante la quale la bella e brava Anne Catrin, prende sul palco il posto che fu di Simone Simons dando prova di grande talento. E’ la malinconica “Eden Echo” a portarci al superclassico “Forever”, brano che, come di dovere, viene cantato da tutti i presenti sotto lo sguardo evidentemente emozionato di Roy Khan.
Ci si avvia così, ancora incantati e storditi da tanta magnificenza, verso la fine dello show con il primo encore che si apre con la title track dell’ultimo studio album prima degli orientaleggianti riferimenti di “Love You To Death”. Il primo encore viene chiuso da un’altra title track, questa volta tratta dal fortunato “Karma”, prima di lasciare spazio alla classica conclusione rappresentata da una graffiante versione di “March Of Mephisto”.

Ha così fine, con il caldo tributo del pubblico milanese, una serata memorabile in cui prima i Firewind, poi i Kamelot hanno dimostrato le loro qualità anche in sede live. Un plauso particolare va ad un Roy Khan in grande spolvero e sempre più vero e proprio traghettatore di emozioni senza dimenticare l’incredibile classe di Thomas Youngblood che viene esaltata anche grazie ad un fondamentale contributo dei restanti membri della band.

Ore 00:30: Arrivo finalmente a casa dopo una giornata impegnativa, ma sicuramente indimenticabile, pronto ad “abbandonarmi” alle forti suggestioni musicali che ancora mi annebbiano il pensiero come un incantesimo che giunge da terre magiche.

Marco Ferrari