Live report: Atheist a Dublino, Irlanda

Di Alberto Fittarelli - 27 Giugno 2011 - 11:00
Live report: Atheist a Dublino, Irlanda

Atheist: un gruppo nato troppo presto, incompreso per decenni, tornato alla ribalta quando la gente l’ha finalmente capito. Dopo iniziali titubanze nel voler comporre album e dare seguito a quella che sembrava solo una serie di ristampe degli album classici (titubanze ben evidenziate dall’intervista che feci al tempo al leader storico Kelly Shaefer), l’avventura e’ proseguita, con tanto di nuovo album, il fantastico Jupiter, e decine e decide di date e tour per il mondo, con il gruppo ogni volta sugli scudi.

E nel 2011, finalmente, tocca all’Irlanda essere toccata per la prima volta da un tour del gruppo floridiano. 
Peccato solo che, anche grazie a un clima che definire da bufera e’ poco, solo un centinaio scarso di persone si presenta al Button factory: pochi ma buoni in ogni caso, visto il coinvolgimento dell’audience sin dalle prime note.
 
 
La scaletta e’ ben distribuita sui quattro album della band: si inizia immancabilmente con Unquestionable Presence, la cui intro e’ prolungata in un lungo crescendo fino all’esplosione della canzone. Subito evidentissimo e’ lo stato “di salute” dei singoli musicisti a livello tecnico: il nuovo bassista, Travis Morgan, e’ un ventenne con doti da piovra, perfetto nel riprodurre le parti di bassi appartenute a Tony Choy e, prima ancora, a Roger Patterson; lo storico drummer Steve Flynn suona a piedi nudi ed e’ semplicemente mostruoso, senza la minima sbavatura; la coppia di chitarre di Chris Baker e del nuovo arrivato Jason Holloway e’, di nuovo, perfetta. Holloway non ha grande presenza scenica, essendo molto concentrato sul proprio strumento, a differenza di Baker, un rodato animale da palco.
E Shaefer? Ovviamente, il leader che ci si aspetta. Movenze da hippie in pieno trip, dialogo continuo col pubblico, molta ironia e molti ringraziamenti ai presenti; divertente, carismatico e, naturalmente la voce atipica che ci si aspetta da quel tipo di death metal da lui inventato.
 
La setlist prosegue con grandi classici come On They Slay, puro impatto, la coppia Mother Man/And The Psychic Saw, ancora da Unquestionable Presence; e si va a toccare anche Elements con due veri gioielli, Air e Mineral. Ma sono i nuovi pezzi a sorprendere: Second to Sun distrugge; Live and Live Again (dedicata allo scomparso Patterson) coinvolge, anche grazie al ritornello melodico; Faux King Christ suscita ironie sul gioco di parole e, di nuovo, mette sugli scudi tutti i musicisti.
 
Si chiude dopo un’oretta e mezza di concerto con il classico dei classici: Piece of Time, title-track dello storico debutto. Il pubblico e’ in visibilio, l’intro di basso e batteria catapulta i fan addosso al palco. I cinque minuti piu’ intensi di una serata di fuoco di per se’.
Kelly e soci si fermano a stringere mani, ringraziare e invitare tutti al bancone per una bevuta collettiva: affrontare la bufera e’ sempre doveroso quando ci si trova di fronte a musicisti del genere. Chapeau!
 
Alberto Fittarelli