Live report: Black Sabbath a Bologna

Di Giacomo Cerutti - 8 Luglio 2014 - 11:00
Live report: Black Sabbath a Bologna

Oggi per il popolo metal italiano è una giornata storica, dopo due occasioni mancate finalmente avrà la fortuna, l’onore e il piacere di vedere (in molti per la prima volta) una band che non ha bisogno di presentazioni, una leggenda vivente dell’heavy metal, sono proprio loro… gli intramontabili BLACK SABBATH. Dall’inizio carriera nel 1968 hanno dato alla luce 19 album di cui l’ultimo “13” uscito l’anno scorso, vederli nella formazione originale (tranne il batterista) penso sia un sogno sia per i più giovani che per i veterani dell’epoca. I fans più temerari hanno dormito fuori dai cancelli sfidando il freddo, per loro fortuna le previsioni si sono rivelate sbagliate e non ha piovuto, durante la giornata l’affluenza è notevole, il sole picchia sulle teste di migliaia di persone che si riversano ai vari cancelli, aspettando impazienti l’apertura preparandosi alla folle corsa alla transenna fronte palco e la seconda che delimita il pit.

 

Come opening act abbiamo i REIGNWOLF, band emergente che intrattiene il pubblico con un breve repertorio di pezzi stoner rock con in influenze grunge e blues. Questo genere essendo di nicchia non esalta la maggior parte del pubblico, ma ogni pezzo è ripagato da discreti applausi. Senza dubbio il trio suona con grinta e passione, Jordan Cook e Stich duettano in un turbinio di ritmiche distorte, accompagnate da un anonimo ma energico batterista, ma personalmente la mancanza di un bassista è rilevante.

Il frontman Jordan Cook è senz’altro il più scalmanato, ha grande carisma e personalità sia nel modo di suonare che di tenere il palco, ha una voce pulita ma dal timbro graffiante; inoltre si è dilettato in un pezzo solista suonando inizialmente chitarra e grancassa, passando poi alla chitarra e batteria contemporaneamente dimostrandosi molto talentuoso. Per tutta l’esibizione è stato molto coinvolgente, infine per chiudere in bellezza è sceso dal palco eseguendo l’ultima canzone direttamente sopra la transenna. È stata una performance breve ma intensa, la band ha dato il meglio di sé raccogliendo buoni consensi, spianando prontamente la strada agli special guest.

 

Uno special guest di tutto rispetto, si tratta dei massicci BLACK LABEL SOCIETY, per i quali non mancano i cori d’incitamento durante il cambio palco. Forti dell’appena sfornato decimo album “Catacombs Of The Black Vatican”, entrano in scena sulle note di “My Dying Time”, l’atmosfera si riscalda notevolmente di fronte a Mr. Zakk Wylde, che si staglia imponente sulla pedana centrale. Anche per loro il tempo è ridotto, dall’ultimo album eseguono “Heart of Darkness” e “Damn the Flood”, lasciando poi spazio ai classici. Nella line up abbiamo 2 new entry, Dario Lorina (ex Lizzy Borden) alla seconda chitarra si dimostra un buon sostituto di Nick Catanese, dotato di grande tecnica e precisione ma carente di presenza scenica, mentre alla batteria Jeff Fabb da sfogo a tutto il suo potenziale dietro alle pelli.

Ovviamente il biondo e barbuto Zakk domina incontrastato, riversando sulla folla tonnellate di riff granitici e assoli vorticosi, in particolare quello tenuto in serbo verso la fine dello show, e come sempre le sue parti vocali sono degne di nota, infine al suo fianco il fedele John DeServio arricchisce la sezione ritmica con corpose linee di basso. Il pubblico entusiasta inneggia cori verso la band e Zakk, le spintonate anche se moderate non mancano mai, soprattutto durante “Suicide Messiah” ed altri pezzi di grido. Infine con “Stillborn” concludono una performance di grande spessore, purtroppo penalizzata dal cattivo audio, in quanto la chitarra e la voce di Zakk erano troppo basse rispetto alla seconda chitarra e al basso. Zakk si toglie il giubbotto mostrando fieramente la toppa alla folla che ricambia con un’ovazione, e dopo un generoso lancio di plettri e bacchette, si ritirano a testa alta lasciando lo stage al tanto atteso headliner.

Setlist:
My Dying Time
Godspeed Hell Bound
Destruction Overdrive
Heart of Darkness
Suicide Messiah
Damn the Flood
Zakk – Guitar Solo
Concrete Jungle
Stillborn

 

Signori e signore di tutte le età siamo giunti al momento culminante, l’evento atteso per tanti anni sta per avere inizio, l’arena è gremita di gente in febbrile attesa, è sufficiente la calata del telone “BLACK SABBATH” per far sussultare la platea, lo stage è avvolto dal nero a parte un paio di diavoletti emblematici luminosi sullo sfondo. Sicuramente questa è la più importante delle reunion, la tensione cresce inesorabilmente accompagnata da cori concitati, che improvvisamente vengono spezzati dalla voce di Ozzy Osbourne “Are you ready???”, i fans rispondono con urla fragorose e Ozzy rincara la dose con “Olè, olè, olè,…”. Ormai mancano pochi secondi all’appuntamento con la storia, si accendono dei fari rossi, si sente una sirena d’allarme e le note di “War Pigs” incendiano la folla, il telone si innalza ed ecco Ozzy Osbourne alla voce, a destra Tony Iommi alla chitarra, a sinistra Geezer Butler al basso e Tommy Clufetos alla batteria in sostituzione di Bill Ward, i padri del metal vengono accolti da un boato.

Solamente l’inizio è da cardiopalma, i brani a seguire son pietre miliari tratte dai primi quattro album, un vero e proprio salto temporale negli anni ’70. L’impatto sonoro è mastodontico come l’emozione di vederli suonare, Tony Iommi con i suoi inseparabili occhiali neri suona con maestria e passione i riff ed assoli che hanno segnato la storia del,’HM, seguito dal compagno Geezer Butler le cui mani viaggiano da un capo all’altro del basso con estrema precisione. L’arena è pervasa da sonorità cupe e distorte, dai ritmi che vanno in crescendo e decrescendo fluidamente, irrobustiti dai colpi di Tommy Clufetos che essendo il “giovincello” si dimostra un ottimo rimpiazzo. Nonostante il peso sulle spalle di quarantacinque anni di onorata carriera costellata di eccessi, i nostri idoli non sembrano affatto scalfiti, Tony sfodera sorrisi compiaciuti ringraziando i fans, Geezer invece rimane freddo e concentrato.

Ma ora passiamo al principe delle tenebre, sua altezza Mr. Madman Ozzy Osbourne, che nonostante sia il più provato dagli abusi si alcool e droga tutto sommato è in gran forma, occhi sgranati, sguardo spiritato e una voce che a parte qualche sbavatura regge per tutto il concerto. Camminando per il palco incita i fans con la classica frase “I can’t fucking hear you!!!”, applaude a tempo e lancia secchiate d’acqua alle prime file. Sapendo di essere il più quotato incita i fans ad intonare dei cori per i suoi compagni, comunque ognuno di loro ha avuto il proprio momento di gloria: Geezer su “N.I.B.”, mentre Tony e Tommy all’interno di “Rat Salad”.

L’euforia del pubblico cresce esponenzialmente ad ogni brano, lo show è accompagnato da riprese live, proiezioni di filmati e foto di repertorio, ma il momento apocalittico è stato sicuramente l’avvento della pioggia con rintocchi di campana per l’omonoma “Black Sabbath”, mentre durante seconda parte lo schermo diviene inferno. Dall’ultimo album eseguono solo “God Is Dead?” parecchio apprezzata, e dopo “Children of the Grave” si ritirano per una meritata pausa, durante la quale vengono acclamati a gran voce. Al rientro Ozzy ringrazia i fans per il supporto con “I love you all, God bless you”, dopodiché attaccano con “Sabbath Bloody Sabbath”, grandissimo pezzo che tutti avrebbero voluto sentire ma purtroppo la usano solo come intro per il pezzo finale, infatti Mr. Iommi manda in visibilio la folla sulle note dell’intramontabile “Paranoid”, l’intera arena canta e salta all’unisono, con molteplici ovazioni sotto il comando di Ozzy più saltellante che mai.

Il concerto si conclude con la stessa enfasi con cui è iniziato: i fans sommergono di urla e applausi i padri dell’HM, che hanno saputo regalare forti emozioni ai giovani e riportare indietro nel tempo i veterani. Un concerto memorabile oltre ogni aspettativa, di cui tutti, compreso il sottoscritto avranno l’onore di dire “io c’ero!”

Setlist:
War Pigs
Into the Void
Under the Sun/Every Day Comes and Goes
Snowblind
Black Sabbath
Behind the Wall of Sleep
N.I.B.
Fairies Wear Boots
Rat Salad + Drum Solo
Iron Man
God Is Dead?
Children of the Grave

Encore
Paranoid (with Sabbath Bloody Sabbath intro)
Zeitgeist (Outro)

Giacomo Cerutti