Death

Live Report: Cryptopsy + Bleed Someone Dry @ Dagda Club, Borgo Priolo (PV) 19/06/2017

Di Daniele Ruggiero - 20 Giugno 2017 - 16:30
Live Report: Cryptopsy + Bleed Someone Dry @ Dagda Club, Borgo Priolo (PV) 19/06/2017

CRYPTOPSY – BLEED SOMEONE DRY

19/06/2017 @ Dagda Club, Borgo Priolo (PV)

 

INTRO

 

Un anniversario è legato a due fattori imprenscindibili: il tempo e la celebrazione. Il tempo è la costante inarrestabile che cambia le cose trasformandole in ricordi. La celebrazione è una sorta di rito che festeggia un evento unico e speciale, sopravvissuto nel tempo. É dunque l’intrecciarsi di questi due elementi che contraddistingue l’attesa serata al Dagda Club di Borgo Priolo (PV).

“None So Vile” ha compiuto vent’anni e dei Cryptopsy del 1996 è rimasto “soltanto” il batterista Flo Mounier: una circostanza che non può ovviare alla giusta commemorazione di una pietra miliare del brutal death metal. Un disco che ha inciso la storia (qui la nostra recensione) e che, a distanza di tutti questi anni dalla pubblicazione, impressiona ancora all’ascolto. “None So Vile” è tanto crudo quanto tecnico, è una macchina infernale spinta al limite delle proprie capacità che sfreccia nel tempo senza mai invecchiare: potere della musica.  

Per celebrare questo capolavoro assoluto, il quartetto canadese ha appena intrapreso il tour europeo None So Live MMXVII che li vedrà esibirsi in Francia, Germania, Belgio, Austria, Olanda e Repubblica Ceca. Non poteva mancare una tappa nel bel paese e il Dagda Club ha accolto i Cryptopsy per l’unica data italiana. Ad inaugurare la serata ci sono i nostrani Bleed Someone Dry con il loro mathcore tecnico ed arroventato.

 

tour

 

BLEED SOMEONE DRY

Nonostante la temperatura tra le colline dell’Oltrepò sia alquanto gradevole, all’interno del Dagda Club domina un caldo asfissiante, tant’è che il locale resta semivuoto siano all’arrivo dei Bleed Someone Dry. I quattro ragazzi di Pistoia imbracciano gli strumenti e salgono decisi su un palco ben allestito e consono alla serata che sta per iniziare. La band celebra dieci anni di carriera, con all’attivo tre full-length, e questa sera propone in scaletta otto brani dell’ultima fatica “Post Mortem | Veritas” datata 2015. I ragazzi mostrano subito una buona presenza scenica cercando di coinvolgere un pubblico inizialmente timido e distante ma che si lascerà andare nel corso dell’esibizione. Il palco è il loro habitat naturale e si vede: tecnici ed ordinati, i Bleed Someone Dry riversano un deathcore massiccio e corposo su una platea poco gremita che apprezza lo spettacolo. Sul volto di Alessio si accendono sguardi schizofrenici convertiti in vocalizzi ruvidi e graffianti mentre il resto della band plasma un sound coinvolgente senza sbavature, se non con qualche distorsione di troppo nel finale che non danneggia uno show trascinante. Ogni brano offre sezioni ritmiche potenti di stampo moderno e dall’impatto devastante: è bastato ascoltare pezzi come ‘A Violent Awakening’, ‘Doom And Gloom’ e ‘Cycle Of Decay’ per rimanere appagati. Il suono violento della chitarra ed i sussulti compulsivi del combo batteria-basso sorprendono per l’intensità e la facilità di penetrare i muri più spessi della mente.

In poco più di quaranta minuti i Bleed Someone Dry dimostrano una maturità compositiva degna di attenzione ed una notevole capacità di imbastire uno spettacolo che, malgrado l’esigua presenza di pubblico, è riuscito a centrare il bersaglio. Bravi.

 

Setlist:

01. A Violent Awakening

02. Damnetur Misericordia

03. Our Martyrdom

04. Justice Has Become Utopia

05. Doom And Gloom

06. Cycle Of Decay

07. The Sacrifice

08. Devil In Me

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CRYPTOPSY

 

É giunto il momento. Il quartetto canadese sta per entrare in scena e solcare il cuore degli appassionati accorsi fin qui in un banale lunedì sera che presto si trasformerà in un monolitico ricordo da esporre con orgoglio. 

É vero che al cospetto degli sguardi presenti non appariranno le figure di Lord Worm, Jon Levasseur ed Éric Langlois ma posso garantirvi che alla fine del primo brano tutto questo potrà riassumersi in un modesto “Ma chi se ne frega!”.

Tecnici e professionisti sono i primi aggettivi che contraddistinguono i Cryptopsy a cui segue il termine devastanti. I Nostri, prima di eseguire per intero “None So Vile” deliziano il pubblico con il trittico formato da ‘Two-Puond Torch’, Mutant Christ  e Detritus (The One They Kept). Tre brani che, come un uragano, spazzano via qualsiasi cattivo pensiero dalla mente, annegandola in un mare agitato di adrenalina.

Veloci e precisi sono i successivi attributi che emergono poggiando gli sguardi su ogni strumento che, nella fantasia, muta in un luogo sacro. L’olimpo di Flo Mounier è maestoso ed inarrivabile, la Stonehenge di Chris Donaldson è rocciosa e mastodontica, il tempio di Olivier Pinard è sorretto da cinque colonne solide e sfarzose mentre, nel porto di Rodi, si erge il monumentale colosso di Matt McGachy.

Dopo aver ricordato ai presenti chi sono gli attuali Cryptopsy, Matt ci introduce nel passato, nella storia di questo gruppo straordinario concentrata in tre vocaboli “None So Vile”. L’attacco di ‘Crown of Horns’ è da pelle d’oca, una violenza inaudita investe la platea in delirio che non aspettava altro che scatenarsi. Non ci sono intermezzi, non ci sono pause né tanto meno parole, la musica dei Nostri piomba sul Dagda Club come una valanga inarrestabile portando con sé una massiccia dose di eccitazione e godimento. Ogni singolo musicista è concentrato a portare a termine una dimostrazione ineccepibile di forza che fuoriesce da ogni  singolo brano. 

La proposizione live di un intero album potrebbe risultare una scelta azzardata in quanto il risultato potrebbe differire dalle registrazioni in studio, ma più ci si addentra nello show più la scelta appare azzeccata. A parte l’affidabilità con la quale viene eseguito, ci si rende conto che “None So Vile” è un album composto da sole hit, da pezzi tanto chirurgici quanto impressionanti in termini di veemenza e qualità. 

Il mostruoso growl di Matt si coagula sulle ritmiche nervose ed incessanti che la band sovrappone con maestria sino ad erigere un’enorme torre di Babele nella quale il brutal death è l’unico ed il solo linguaggio universale.

Passando per virtuose accelerazioni e tempi più o meno cadenzati si arriva al celebre intro di pianoforte dell’acclamata ‘Phobophile’: un’opera d’arte racchiusa nel dipinto di Elisabetta Sirani che capeggia sulla copertina di “None So Vile”. Lo sguardo soave di Erodiade sovrastato dalla violenta immagine della testa decapitata di San Giovanni Battista è l’anima di un manifesto simbolo di un’epoca nonché l’apice di questo concerto.

L’esibizione esemplare dei Cryptopsy termina con la conclusiva e trionfante ‘Orgiastic Disembowelment’. Nonostante il pubblico inneggi “One more song!” i ragazzi lasciano il palco concedendosi ai fans per foto, autografi e per ricevere ogni sorta di complimento del tutto meritato.

 

Setlist:

01. Two-Pound Torch

02. Mutant Christ

03. Detritus (The One They Kept)

04. Crown Of Horns

05. Slit Your Guts

06. Graves Of The Fathers

07. Dead And Dripping

08. Benedictine Convulsions

09. Phobophile

10. Lichmistress

11. Orgiastic Disembowelment

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CONCLUSIONI

 

I Cryptopsy danno dimostrazione di essere uno tra i migliori gruppi in ambito technical death metal. Un live nel quale la band è riuscita a creare un vortice di sana violenza che ha devastato le banalità che ruotano attorno ad un genere poco apprezzato mostrando un enorme bagaglio di professionalità. Di fronte a poco più di un centinaio di persone i Nostri hanno celebrato degnamente la loro storia con una prestazione impeccabile che avrebbe meritato un affluenza di pubblico ben più consistente. 

Ma alla fine “Chi se ne frega”, lunga vita ai Cryptopsy!