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Live Report: Helloween + Sabaton + Beast in Black + Moonlight Haze @Ippodromo Snai, Milano – 27/08/2022

Di Davide Sciaky - 29 Agosto 2022 - 17:28
Live Report: Helloween + Sabaton + Beast in Black + Moonlight Haze @Ippodromo Snai, Milano – 27/08/2022

Helloween + Sabaton + Beast in Black + Moonlight Haze
@Ippodromo Snai, Milano – 27/08/2022

Qui puoi vedere le nostre foto del concerto.

Dopo quasi tre anni di attesa dal primo annuncio, e dopo diversi spostamenti dovuti alla pandemia, finalmente Milano ospita le zucche di Amburgo, gli Helloween, che in compagnia di ben altri tre gruppi di grande valore accendono l’ultimo sabato di agosto con il calore di una vera e propria festa in onore del Power Metal.
Inizialmente i tedeschi dovevano essere accompagnati dagli Hammerfall come co-headliner, ma con gli spostamenti di data non è stato possibile mantenere intatta la formazione; i Sabaton sono però i sostituti d’eccezione che sicuramente hanno soddisfatto tutti i presenti. Ad aprire il concerto prima i nostri Moonlight Haze e poi i Beast in Black.

I Moonlight Haze sono una realtà italiana recente, ma che in poco tempo ha già dimostrato grande valore. Fondati nel 2018, hanno pubblicato l’anno dopo il disco di debutto e nel 2022 sono già al terzo disco.
Guidati da Chiara Tricarico, volto noto nella scena Power Metal italiana, già nei Temperance ma non solo, i cinque aprono le danze in grande stile con “The Nothing”, brano di apertura dell’ultimo album, “Animus”, che comincia subito a scaldare il pubblico.
Sotto al palco non c’è ancora una grandissima folla, gli spettatori continuano ad affluire per tutta l’esibizione, ma i presenti sono subito coinvolti dall’ottima musica della band e non è raro sentire chi canta i testi delle canzoni. Il tempo a disposizione non è tanto, ma la band lo sfrutta bene andando a suonare sei brani estratti da tutti i tre dischi finora pubblicati.
Al termine dello show è chiaro che i Moonlight Haze sono affiatati e talentuosi e con tutte le carte in tavola per far parlare ancora tanto di sé, e speriamo quindi di rivederli presto. Dopo che i Manowar stessi hanno chiamato la Tricarico per un’ospitata sull’ultimo EP, possiamo solo augurare alla band di trovare il successo che meritano anche all’estero.

A seguire salgono sul palco i Beast in Black, gruppo che in pochi anni si è guadagnato un certo seguito e rispetto, sia tra i fan che tra i colleghi. Non per nulla, come ricorda il cantante Yannis Papadopoulos dal palco, nei prossimi mesi torneranno in Italia ben due volte: prima a dicembre a supporto dei Nightwish, e poi all’inizio dell’anno prossimo in un tour da headliner.
Il motivo del loro successo è chiaro ed evidente: in tre album i finlandesi hanno scritto una sfilza di canzoni divertentissime che uniscono abilmente il Power Metal più allegro e divertente con tastiere estremamente catchy dalle sonorità quasi dance che non possono che mettere il buonumore e trascinare gli ascoltatori.
Anche qui il tempo a disposizione non è tantissimo, ma in 45 minuti circa la band suona otto canzoni dai loro tre album tra canzoni più note e amate come “Blind and Frozen” e “Beast in Black” e più recenti come “One Night in Tokyo”. Su tutti i brani il pubblico è molto partecipe tra chi salta, chi applaude a tempo e i, non pochi, che cantano ogni parola.
Come dicevamo sopra, negli scorsi anni la band si è conquistata tanti fan, e ad ulteriore conferma della loro qualità notiamo un Kai Hansen molto coinvolto che guarda tutto il concerto dal bordo del palco spesso anche facendo headbanging e dispensando sorrisi ai colleghi sul palco.
Un altro classico, “End of the World”, chiude l’esibizione lasciando purtroppo fuori altri brani divertentissimi che avremmo voluto sentire come “Crazy, Mad, Insane” e “Sweet True Lies”. Non resta che aspettare il ritorno dei Beast in Black a dicembre, e soprattutto il prossimo febbraio da headliner, per poter apprezzare al meglio la band.

A questo punto un telo cala sul palcoscenico a nascondere l’allestimento del sostanzioso palco dei Sabaton. Chi li ha già visti saprà già cosa aspettarsi, ma anche essendo pronti sorprende sempre la quantità di elementi che gli svedesi portano sul palco tra carro armato, trincee e chi più ne ha più ne metta, ricreando un vero e proprio campo di battaglia.
È “Ghost Division” che ha il compito di aprire il concerto, e la massiccia canzone funzione benissimo per trasportare il pubblico nella guerra che Joakim Brodén racconta nei suoi testi. Il cantante, in particolare, colpisce per la performance vocale ottima che supera quella di diversi concerti recenti in cui era risultato un po’ affaticato.
Come dicevamo all’inizio, la scelta di chiamare i Sabaton in sostituzione degli Hammerfall sicuramente avrà soddisfatto tutti i presenti, ed è evidente giudicando da quanti cantano a squarciagola ogni parola di ogni canzone, le braccia sollevate e le corna al vento.
La band ha pubblicato all’inizio dell’anno il nuovo album “The War to End All Wars”, ed il disco è il protagonista della serata con quattro canzoni suonate che riscuotono un grande successo, quasi al pari dei vecchi classici più amati.
Non mancano trovate sceniche di grande impatto (che si aggiungono al già nominato carro armato che troneggia in mezzo al palco), come l’aereo del Barone Rosse che compare sul palco proprio per “The Red Baron” o le maschere antigas indossate dalla band per “The Attack of the Dead Men”, oltre ai bellissimi video proiettati sul megaschermo alle spalle del gruppo che abbelliscono tutto il concerto.
Dopo una sfilza di brani carichi e tirati, è una canzone nuova a spezzare il ritmo e a regalare uno dei momenti più toccanti della serata: “Christmas Truce”.
La canzone racconta della tregua tra francesi, tedeschi e inglesi che nel 1914 interruppe la Prima Guerra Mondiale per un giorno in cui i soldati nemici si scambiarono presenti e auguri di Natale. Su questa canzone Joakim si accomoda dietro ad un piano che suona mentre canta la commovente storia della tregua di Natale.
Durante lo show non mancano siparietti e momenti di interazione con gli spettatori, come quando il cantante si fa passare una bambola gonfiabile dal pubblico, o quando il chitarrista Tommy Johansson si rivolge agli spettatori in un italiano un po’ incerto ma più che discreto scherzando sul fatto che i Sabaton suonino di sabato e lanciandosi in una sfilza di luoghi comuni sull’Italia (dalla Ferrari ai Rhapsody) che scatenano risate (forse un po’ forzate?) e acclamazioni.
Una breve pausa separa la parte principale del concerto dall’encore che consiste in un tris micidiale di classici, “Primo Victoria”, “Swedish Pagans”, “To Hell and Back”, che fa esplodere per l’ultima volta i fan dei Sabaton in canti entusiastici e appassionati.
Co-headliner della serata, i Sabaton regalano un’esibizione potente, appassionante e divertente che gli spettatori apprezzano in maniera evidente e la risposta del pubblico è caldissima, cosa che si percepisce anche dal palco, dato che i musicisti stessi a tratti sembrano quasi sorpresi dall’entusiasmo che sale dall’Ippodromo.

Al termine dello show inizia una pausa di ben 45 minuti necessari soprattutto per smantellare la scenografia dei Sabaton, più che per montare quella degli Helloween che è sicuramente meno ingombrante ed impegnativa, anche se comunque ad effetto.
Il fulcro della scenografia della band, infatti, è una grossa zucca gonfiabile nel centro della quale svetta la batteria, oltre al megaschermo su cui sono proiettate delle animazioni che si fondono alle riprese del palco.
Un telone con il logo della band copre il palco, e allo scattare dell’ora di inizio i sette musicisti saltano sul palco e cominciano subito a suonare “Skyfall”.
La canzone, il primo singolo pubblicato dall’ultimo album, è una vera e propria dichiarazione: lungo brano nella tradizione del classico “Halloween” (che ha aperto gli ultimi due concerti italiani), “Skyfall” mostra una band che ha interiorizzato la nuova formazione a sette ed è riuscita a far convivere l’insolita combinazione di tre cantanti e tre chitarristi producendo musica che è assolutamente convincente. Se la reunion del 2017 aveva fatto pensare a qualcuno ad un’operazione meramente commerciale, con il nuovo album gli Helloween sono riusciti a convincere che c’è di più della nostalgia per i vecchi classici suonati insieme a Kai Hansen e Michael Kiske, e dimostrano di crederci aprendo il concerto con questa canzone.
Il pubblico sembra apprezzare la scelta, ma il vero entusiasmo scoppia con la seconda canzone, “Eagle Fly Free”, cantata da Kiske mentre Deris lascia il palco. Il vecchio classico inevitabilmente fa esplodere il pubblico e ogni singola parola viene cantata da tutti i presenti o quasi. Kiske lascia poi il palco al collega che canta la nuova “Mass Pollution”. Dopo ormai alcuni anni dalla reunion la band ha trovato la quadra per far funzionare questa formazione: un’abilmente congegnata alternanza tra i cantanti permette a tutti (forse soprattutto a Kiske) di prendere il respiro e quindi le performance vocali sono praticamente sempre di alto livello. Queste alternanze vedono a volte un cantante o l’altro essere protagonista riflettendo le registrazioni in studio, come “Power” cantata solo da Deris, o “I’m Alive” cantata solo da Kiske, ma a volte i cantanti si aiutano e completano come in “Forever and One (Neverland)” che vede un azzeccatissimo intervento di Kiske.
Come negli ultimi show, è immancabile un momento più tirato e spaccaossa con il medley di “Walls of Jericho” che include parti di “Metal Invaders”, “Victim of Fate”, “Gorgar” e “Ride the Sky” e vede come protagonista Kai Hansen anche alla voce. Inevitabile a questo punto lo scatenarsi di un energico pogo che solleva una colonna di polvere che soffoca un po’ i presenti, ma di certo non il loro entusiasmo. Il fatto che la canzone seguente sia la micidiale “Heavy Metal (Is the Law)” aiuta a mantenere altissimo il ritmo per questa parte centrale di concerto.
Lo show continua con un alternarsi di canzoni più o meno classiche e dopo una sentitissima “How Many Tears” che vede la partecipazione al microfono di Hansen, Kiske e Deris, e lunghi assoli finali di chitarra, la band lascia il palco.
Ovviamente non può mancare il classico encore e quindi dopo poco i musicisti rientrano per la stupenda “Perfect Gentleman” ed il capolavoro “Keeper of the Seven Keys” che si conclude con la presentazione della band. Un secondo finto ritiro del gruppo anticipa un secondo encore dove i sette suonano l’immancabile “I Want Out”, forse il brano più famoso, e sicuramente tra i più amati delle zucche di Amburgo.

Al termine dello show ci guardiamo intorno e vediamo solo sorrisi, volti stanchi ma felici, sentiamo non pochi che hanno perso la voce a forza di cantare, insomma, la serata è stata un grande successo.
Se è stato faticoso aspettare anni perché finalmente il concerto avesse luogo, siamo certi che tutti i presenti siano tornati a casa soddisfatti da quella che è stata una vera e propria festa Power Metal con quattro gruppi di grandissimo valore.