Heavy

Live Report: Saxon + Diamond Head @Alcatraz, Milano – 10/10/2022

Di Davide Sciaky - 12 Ottobre 2022 - 14:16
Live Report: Saxon + Diamond Head @Alcatraz, Milano – 10/10/2022

Saxon + Diamond Head
@Alcatraz, Milano – 10/10/2022

Qui puoi vedere le nostre foto del concerto.

Saxon e Diamond Head sbarcano all’Alcatraz di Milano ed è subito nostalgia in quella che non può che essere una serata di celebrazione della NWOBHM, quella corrente esplosa quarant’anni fa in Inghilterra e che in pochissimo sfornò tanti gruppi, tanti grandi album e tanta musica che influenzò drasticamente tutto il Metal venuto dopo.

I Diamond Head, oltre che per i propri indubbi meriti musicali, sono noti a tanti per l’influenza che hanno avuto sui Metallica che spesso hanno suonato cover del gruppo inglese. Se i primi Metallica sono stati molto influenzati dalla band – al loro primo concerto mezza setlist era composta da cover dei Diamond Head – la stessa band inglese deve la propria longevità proprio a questo rapporto speciale con i Metallica: il chitarrista Brian Tatler, unico membro originale ancora nella band, ha dichiarato più volte che le royalties provenienti dai Metallica gli hanno permesso di andare avanti nei momenti più difficili.

Probabilmente (anche) le cover dei Metallica hanno fatto conoscere a tanti presenti questa sera la musica dei Diamond Head perché, nonostante la band sia “solo” il gruppo di supporto, e nonostante si parli di un gruppo che per quanto storico non ha mai avuto un grande successo commerciale, l’entusiasmo che si è percepito in sala è stato davvero grande. Il momento revival della serata inizia proprio con la prima canzone, “The Prince”. Il brano viene dal classico debutto degli inglesi, “Lightning to the Nations”, disco che la band ha riregistrato nel 2020 e che questa sera suona quasi per intero (cinque brani su sette). Vengono suonate solo un paio di canzoni più recenti, “Bones” e “The Messenger”, che vengono dagli ultimi due album dei Diamond Head ma che non sfigurano accanto ai classici che compongono il resto della scaletta.

L’esibizione è potente ed efficace con esaltanti duelli di chitarre e una batteria non indifferente. Il cantante Rasmus Bom Andersen, sebbene non incisivo come lo storico cantante originale Sean Harris, fa il suo lavoro in maniera dignitosa sparando anche occasionali acuti di buona fattura. Sulle ultime due canzoni della performance, “Helpless” e “Am I Evil?”, vediamo il maggior entusiasmo del pubblico che le canta a gran voce e si scatena sotto al palco.

 

Quando arrivano i Saxon il palco è allestito in maniera minimale ma efficace: diversi amplificatori Marshall con l’aquila della band stampata sopra, un grosso telo con il logo dei Saxon sul fondo e poco altro costituiscono la scenografia, ma non serve altro perché la grande musica degli inglesi, e soprattutto la loro immensa energia sono tutto quello che serve per conquistare i fan accorsi all’Alcatraz. I Saxon erano già stati in Italia qualche mese fa al Rock the Castle, ma in quell’occasione non avevano ancora inaugurato il tour per l’ultimo album, “Carpe Diem”, ed è quindi questa sera che i fan hanno l’occasione per la prima volta di sentire i nuovi pezzi. Si inizia proprio con “Carpe Diem (Seize the Day)” che viene subito accolta calorosamente dal pubblico.

La prima parte dello show vede una band sicura di sé che non si fa problemi a pescare a piene mani dal proprio catalogo più recente: vediamo quindi l’alternarsi di pezzi del nuovo disco come “Age of Steam” e “Dambusters” ad altri pezzi degli ultimi anni come “Sacrifice” e “I’ve Got to Rock (To Stay Alive)”. Tutti i brani sono accolti con grande calore dal pubblico e dai grandi sorrisi dei musicisti si vede che la band è soddisfatta e a volte sembra quasi sorpresa dal calore dei cori da stadio che si alzano dagli spettatori.

Il calore diventa ancora più grande quando ormai all’ottava canzone della scaletta la band si avventura finalmente nel territorio dei grandi classici che ovviamente non possono mai mancare prima con “Dallas 1 PM” e poi con “Heavy Metal Thunder”. Se sotto al palco i fan vanno in delirio, è davvero impressionante vedere come sul palco Biff Byford, ormai ultrasettantenne e con una recente operazione al cuore sulle spalle, continui a fare headbanging e a saltare su e giù incitando il pubblico. Gli altri membri della band non sono da meno, Nigel Glockler (69 anni) che picchia come un fabbro sulla sua batteria, Nibbs Carter (che a 56 anni è il giovincello della band) che continua a correre su e giù per il palco, mentre i due chitarristi si scambiano riff roventi e assoli fulminanti sempre con un sorriso stampato in faccia.

In un momento “interattivo” Byford chiede al pubblico se preferisce sentire “Broken Heroes” o “The Eagle Has Landed” e con un acclamazione i fan scelgono la prima canzone, meravigliosa ballad che spezza il concerto con un momento un po’ meno frenetico, ma non per questo meno sentito. Si continua con altri classici, intervallati da qualche brano nuovo o meno suonato, come “Metalhead” che viene ripescata dopo non essere stata suonata per quasi dieci anni. Nel frattempo, come è quasi tradizione, c’è chi lancia smanicati o altri capi d’abbigliamento sul palco che verranno autografati da Biff. Quando qualcuno lancia una maglietta dei Motörhead il cantante commenta divertito dicendo, “E di questa cosa dovrei farmene?” prima di aggiungere che “Lemmy sicuramente ci sta guardando” scatenando un sentito applauso forse anche un po’ commosso.

Dopo una breve ritirata dietro le quinte, la band torna per un doppio encore aperto dalla nuova “The Pilgrimage” prima di passare ad un micidiale set di classici: “747 (Strangers in the Night)”, “Strong Arm of the Law” che si trasforma senza interruzioni in “Solid Ball of Rock” prima di concludere con la doppietta di “Denim and Leather” e “Princess of the Night”.

Come prevedibile su questo finale il pubblico diventa ancora più scatenato, ma per tutto il concerto il calore è stato enorme e la band ha ripagato il grande entusiasmo dei fan con una performance di livello e un’energia inimmaginabile per un gruppo di “vecchietti”.

Forza Saxon, ora e sempre!