Report – Scaligero Metal Party… il sabato

Di Redazione - 14 Maggio 2005 - 12:06
Report – Scaligero Metal Party… il sabato

Evento: Scaligero Metal Party 2005
Report: Davide ‘darkesteclipse’ Bono
Foto: Davide ‘darkesteclipse’ Bono
Location: Teatro Tenda Estravagario – Verona

Salutati da un sole tanto splendente quanto irridente – visto che il festival organizzato dai ragazzi della Metal In Fabula questa volta si terrà al coperto!!! – il sabato mattina presto partiamo alla volta di Verona, decisi a intraprendere un viaggio di 300 km di sola statale per evitare gli esosi balzelli autostradali. Dopo 5 ore di viaggio raggiungiamo il duo superstite della cricca veneta, mezzo sciolto al sole per l’attesa nell’oceanico parcheggio dell’Estravagario (facilissimo da raggiungere!) e intraprendiamo un viaggio enogastronomico – turistico nel cuore della città degli Amanti: l’unica cosa di prezzo abbordabile (e neanche tanto!!) nel centro di Verona sono i gelati…e i pochi cd del Pentagramma rimasti dalla svendita. Tornati al locale in tempo per l’apertura conosciamo finalmente l’Ale e gli altri squisiti organizzatori del festival e già sentiamo voci sul prolungato soundcheck degli headliner, ma tutto sarà detto a suo tempo. Il locale è bello, grosso, anzi enorme e già ci si stringe il cuore nel vedere quanto poco verrà riempito.

Poco dopo le 7 (dopo 5, dico 5, minuti di check dei co-headliner Dark Moor) salgono sul palco il primo dei tre gruppi del packaging Morgana Lefay: i Mindcrime. La band molto giovane con un solo disco all’attivo, è dedita ad un heavy metal con influenze power tedesche, ma intelligentemente miscelate con ottime melodie al limite del prog e partiture più moderne. Bravo soprattutto il singer che riesce ad interloquire con un pubblico che, evidentemente, non è lì per loro, risultando coinvolgente. Band da seguire nella sua crescita

Verso le 7.30 salgono sul palco i Lanfear, altra band del tour dei Morgana Lefay e si capisce subito che siamo di fronte ad una band di livello tecnico – professionale superiore. I tedeschi sono infatti considerati una delle promesse dell’underground teutonico, anche se, oramai al terzo disco, forse si dovrebbe parlare di conferme. Eppure, nonostante dei mezzi notevolmente superiori, un cantante che ha impressionato (anche per la notevole somiglianza con un certo Stanne), i brani scivolano via velocemente, senza lasciare appigli nell’ascoltatore non pratico della loro musica, forse per un eccessiva omogeneità del songwriting, finendo per penalizzarli più che su disco. Il suono fin è qui ottimo, anzi, di più. Fin qui…

Alle 8 circa, sale sul palco la prima band italiana, i veronesi Arthemis, in una delle rare apparizioni quest’anno, vista l’imminente uscita del nuovo disco Back from the heat. La band ha all’attivo tre dischi di heavy metal classico, anche se sul nuovo, l’ottimo Golden Dawn, le canzoni si fanno più intricate e accattivanti, su tutte la mini-suite epica, “Arthemis“. La band è calda e coinvolgente, nonostante forse il volume del microfono più basso, e nonostante, o forse soprattutto, per la presenza scenica molto debitrice di band come Judas Priest e Iron Maiden. Così si snodano via via tutti i classici Arthemis con buon coinvolgimento del pubblico, che, finalmente, è tutto sotto il palco. Suonano un breve set, ma va bene così, anche il sound, nonostante le preoccupazioni, a fine show, del bravo Andrea Martongelli (guitars).

Verso le 9 salgono sul palco gli Elvenking, e io sto addentando un panino. Forse è questa l’unica vera pecca del festival, ovverosia tempi troppo ridotti tra una band e l’altra (massimo 5 minuti), ma cio è dovuto anche al notevole ritardo dell’inizio, dovuto all’eccessivo soundcheck degli headliner. E con gli Elves, ahimè, si tocca il fondo. Il mixer settato per i Morgana Lefay e le sue band spalla, è stato reso dispoticamente inavvicinabile dal loro manager, tanto che gli Elves non hanno potuto fare il soundcheck (!) e neanche sapevano, al mixer, che avessero un violino. Così le prime due canzoni sono quasi inintelligibili e anche gli Elves sembrano disorientati sul palco, facendo fatica a sentirsi e suonando a memoria. Per fortuna dal terzo brano la situazione migliora e la band riacquista fiducia e il consenso del pubblico, sfoderando tutti i suoi brani più belli sia dal magico Heathenreel che dal nuovo Wyrd, i cui brani, cantati su disco da Kleid, sono stati ottimamente interpretati dal rientrante Damnagoras. La mancanza della seconda chitarra di Jarpen, partito verso altri lidi musicali, una volta migliorato il sound, non si fa sentire più di troppo, grazie anche al contributo fondamentale di Elyghen, violino e tastiera. Dunque un’ottima band, penalizzata da un sound scarso e ultimamente bersagliata dalla sfortuna. Speriamo in una stabilità di line-up che consenta loro di raggiungere il posto, alto, molto alto, che spetta loro nell’ambito della scena folk metal mondiale.

SETLIST ELVENKING : Intro / Jigsaw puzzle / Pagan purity / Pathfinders / The dweller of rhymes / The silk dilemma / White willow / Elyghen violin solo / The perpetual knot / Disappearing sands / Hobs an’ Feathers

Verso le 10 tocca ai Dark Moor, una delle rivelazioni mondiali power degli ultimi due anni. Una band che, partita come band clone dei Rhapsody e saccheggiando qua e là le band più note (Nigthwish, Children of Bodom e soliti noti), ha trovato inaspettatamente nell’avvicendamento alle vocals tra l’ottima Elisa e il superbo Alfred Romero, la quadratura del cerchio. Complici alcune geniali soluzioni sinfoniche (che avvicinano molto la band ai migliori Kamelot) hanno prodotto due grandi album, il nuovissimo Beyond The Sea e soprattutto il precedente omonimo Dark Moor. La band sale sul palco conscia del proprio valore, ma anche conscia di essere mezza sconosciuta al pubblico italiano, o comunque non ben vista sia dai detrattori che dai sostenitori dei Rhapsody e dunque a pronta a tutta per scrollarsi di dosso delle “etichette” scomode. Così Alfred corre, canta, impreca e incita il pubblico che raccoglie, capendo di trovarsi al cospetto di una grande band, che snocciola tutti i propri brani migliori degli ultimi 3 dischi, prediligendo soprattutto il nuovo disco che è uscito da poche settimane. Anche qui qualche problemino di sound come con gli Arthemis, soprattutto di microfono, ma nettamente meglio che gli Elves. Nota di folklore per l’ottimo chitarrista Enrik Garcia, un clone estetico di Toni Iommi e fan dei Queen, al quale si deve molto per l’inserimento in chiusura di concerto di un medley appunto dei Queen, che a momenti fa crollare l’Estravagario. Alfred ci lascia, dopo una setlist anche qui sfoltita per problemi di orari, promettendo che torneranno presto in Italia e lo speriamo davvero, magari da headliner, se raggiungeranno la notorietà che oramai si meritano.


SETLIST DARK MOOR : Before the duel / Wind like Stroke / In the hearth of stone / Mozart / The Silver key / From hell / Medley Queen

Ed ora tocca ai Morgana Lefay, una band che tra alti e bassi ha tenuto alto la bandiera del metal svedese per oramai più di 15 anni. Il primo disco, infatti, l’autoprodotto Symphony of the Damned, è datato 1990. Nonostante diversi cambi di line-up, i Morgana raggiungono l’apice del successo nel ’95 dopo l’uscita di Sanctified e il tour di spalla ai Gamma Ray, con anche una data al Forum di Milano. Nel ’97 avviene lo split e nel ’98 la ricostituzione sotto il nome Lefay per motivi legali. Nel 2005 il nuovo disco Grand Materia e il ritorno al vecchio monicker riporta i Morgana Lefay in tour alla conquista dei metal kids. La band sul palco è veramente grintosa e merita la posizione da headliner, sapendo coinvolgere come pochi, soprattutto il singer Charles Rytkonen e il chitarrista Peter Grehn che sfoggia una splendida chitarra “Washburn Dime Signature”. Con un suono a metà tra Pantera e primissimi Savatage (quelli di Sirens e Power of the night), i Morgana Lefay portano tutti i 200 presenti all’Estravagario ad un furioso headbanging, e ad un accenno di “pogo” nel momento in cui Peter scende tra la gente tra lo stupore della sua crew e la preoccupazione della (scarsa) security. Bisogna ammettere che 20 anni sulle spalle di heavy metal suonato su tutti i palchi (anche prestigiosi come Bang Your Head e WOA) si sentono, eccome, e che forse sarebbe ora di tributare ad un ottima ed onesta band, a lungo sottovalutata, i giusti tributi, tanto più che pochi attualmente suonano così potenti: a più persone è corsa una lacrimuccia pensando al defunto Dimebag e alla sua band. Il tutto finisce verso le 12, nonostante il “bis” a lungo richiesto i Morgana Lefay non usciranno più avendo dovuto, anche loro, sfoltire la scaletta per problemi di timing.


SETLIST MORGANA LEFAY : Source of pain / Out in the silence / Another dawn / Angel’s deceit / S.o.s. / To Isengard / I roam / Maleficium / End of living / Edge of mind / State of intoxication / The boon he gives / In the court of the crimson king.

In definitiva uno show ottimo, con delle band, seppur non famosissime, piacevolissime; non è un mistero, d’altronde, che l’underground nasconda spesso delle gemme. Peccato per l’atteggiamento dispotico, non già delle band, ma delle figure che vi gravitano intorno, che finisce per penalizzare altri gruppi che hanno lo stesso diritto di suonare nelle giuste condizioni, tanto più che trattasi di un festival e non di uno show con una band headliner e delle band spalla. Ottimo il locale, ottimi ed ospitali gli organizzatori e dunque come mai così scarsa l’affluenza? Cos’hanno da fare i metallari il sabato pomeriggio? Finchè non si supporterà il metal globalmente al di là di gusti e disgusti, faremo tutti sempre più fatica a vedere il nostro sottogenere e le nostre band preferite in Italia, vista la costante emorragia dei tour verso altri paesi europei ben più remunerativi (Germania e Scandinavia in primis, ma anche Spagna e Francia oramai, ed est Europa per l’estremo). Meditate gente, meditate.