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XXIII Agglutination Metal Festival: il Live Report ufficiale di TrueMetal.it

Di Giuseppe Casafina - 25 Agosto 2017 - 11:00
XXIII Agglutination Metal Festival: il Live Report ufficiale di TrueMetal.it

XXIII AGGLUTINATION METAL FESTIVAL

19 AGOSTO 2017 – CHIAROMONTE (POTENZA)

Il Live Report Ufficiale Di TrueMetal.it

(a cura di Giuseppe “House” Casafina)

 

 

Puntuale come un orologio svizzero, ecco che anche quest’anno è giunto, per la gioia dei nostri padiglioni auricolari mai troppo soddisfatti dell’esser torturati con suoni distorti sparati al limite del sopportabile: ecco a voi la 23esima edizione dell’Agglutination Metal Festival! Stiamo parlando di una edizione che, diciamocelo subito, è andata ben oltre le più rosee aspettative: la gente è accorsa da tutta Italia il che significa moltissimo pubblico, moltissimi stand (per la prima volta nella storia del festival l’area stand era praticamente al completo quidi felici noi, ma assai meno felici i nostri portafogli perennemente sottoposti a tentazioni…) e tanto, tanto divertimento.

Inutile dire che per il sottoscritto ed allo tempo qualunque metalhead del Sud Italia il giorno dell’Agglutination, figliol prodigo del suo creatore Gerardo Cafaro, rappresenta per i nostri calendari un qualcosa di simile al Giorno di Natale per i più piccini, tanto presi dall’esaltante conto alla rovescia fino al giorno tanto atteso…che così, finalmente è giunto! Ma bando alle ciance fanciullesche e procediamo subito con la carrellata di band, otto in tutto come da recente tradizione, che hanno trasformato questo evento in una grande festa verso cui ogni metallaro del Sud Italia ripone il proprio animo e la propria Fede Metallica!

Una cosa prima di cominciare, che mi sta molto a cuore affermare: GRAZIE GERARDO!

 

Tocca ai nostrani Memories Of A Lost Soul, che giungono dalla Calabria per portare a noi (per la seconda volta, la band era già stata presente in una delle primissime edizioni del festival di fine anni ’90) il loro robusto e personale Death Metal a tinte melodiche e progressive. La ciurma comandata dal leader, chitarrista e cantante Giuseppe “Buzz” Nicolò, dopo un primissimo approccio di timidezza sul palco (pienamente comprensibile dato quello che rappresenta l’Agglutination per noi meridionali) riprende immediatamente quota per viaggiare alto, propronendo quattro pezzi del proprio repertorio. Partono proponendo la triade che apre il loro ultimo disco in studio “Empty Sphere Requiem” quindi ecco che ci ritroviamo servite su un piatto d’argento ‘Destiny Awaits No One’, ‘The Darkest Aenima’ e ‘Staring At God’s Eyes’, tutte ripoposte con una buona carica live: il resto della band è in tuttà onestà abbastanza statico sul palco salvo alcuni momenti di ripresa ma in fondo stiamo parlando di un genere fortemente progressivo e non certo di materiale musicale fortemente incitante al pogo selvaggio. Nonostante quanto affermato, il buon leader della formazione ( – che nell’apparenza mi ha rimembrato un grande e saggio capotribù indiano – Nda) si lascia andare al sogno, all’evocatività pura che la musica della sua creatura sprigiona da ben 22 anni (la formazione è attiva dal 1995 ed è non a torto considerata una delle matrici fondamentali del suono prog/death italiano nel movimento underground) nel sottobosco del metal tricolore, introducendo ogni brano con colte citazioni filosofiche, vere e proprie radici del suono Memories Of A Lost Soul.

 

Il leader Giuseppe “Buzz” Nicolò in preda a visioni sospese tra sogno e realtà!

 

Chiude il loro breve ma intenso set ‘The Art Of Neurel’, con un pubblico che per una volta tanto non ha condannato la band a quella che il sottoscritto definisce ‘maledizione della band di apertura’, ma che anzi assiste numeroso ed attento al live act della formazione calabrese. Solo applausi per loro, con ovvi ringraziamenti verso la figura di Gerardo Cafaro da parte del buon Buzz, vero e proprio ‘patrono’ dell’Agglutination ed anche di tutta la scena live del Metal meridionale.

Di mio, spero di rivederli presto dal vivo: ventidue anni di esperienza che si sentono e che hanno introdotto il festival nel migliore dei modi! 

Setlist Memories Of A Lost Soul:

01 . Destiny Awaits No One
02. The Darkest Aenima
03. Starring At God’s Eyes
04. The Art Of Neurel

 

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…l’intera band è preda delle visioni forgiate dal suo stesso suono!

 

 

…neanche il tempo di prendersi una bibita al banchetto ed ecco che il sottoscritto viene richiamato nell’Area Press: è il turno dei melodeath metallers pugliesi Ghost Of Mary! E che turno!

Visti due anni fa dal vivo nella prima edizione del Breaking Sound Metal Fest e già allora estremamente convincenti con un lungo set sudato dall’inizio alla fine, ecco che il sestetto oggi si ritrova nuovamente a calcare le assi del palco, ma questa volta si tratta del palco relativo al festival più importante e longevo di tutta Italia: la band è riuscita nel difficile compito di condensare al meglio l’energia dei propri live set nei soli quattro pezzi per cui è stata chiamata a suonare, ed infatti sin dalla iniziale ‘The Ancient Abyss’ tutta la formazione parte carica come non mai come se dovesse convincere tutti in pochi minuti, muovendosi a più non posso per tutta l’area del palco e dimostrando così tutta la propria efficacia dal vivo. Con i Ghost Of Mary insomma, non valgono per nulla i soliti luoghi comuni della serie “Il gothic death metal è roba per femminucce!” perché questa esibizione ha dimostrato con prepotenza come la formazione pugliese si meriti al 100% l’attenzione ricevuta dalla Revalve Records, non certo l’ultima arrivata, e che ha permesso loro di presentare oggi il loro disco di debutto “Oblivaeon” con tutta questa carica…anzi super carica, tanto che a tratti la band è apparsa seriamente diifficile da immortalare live, almeno per la mia piccola e decisamente modesta compatta che uso per i live (- …e che nei successivi show è riuscita a fotografare tutto senza problemi, il che qualcosa vorrà pur dire – Nda)!

 

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Sei elementi, tutti coinvolti all’inverosimile, dal singer Daniele Rini (vero fenomeno in sede live) fino al violinista Joele Micelli, quest’ultimo tutt’altro che una bella statuina. Seguono ‘Last Guardians’, ‘Something To Know’ e ‘Nothing’, tutti brani saccheggiati dal proprio debutto disocgrafico per un breve, ma intensissimo act dove la formazione riceve le consuete ovazioni di rito, anche stavolta meritate appieno: è tempo di abbandonare il palco, tra un po’ tocca alla prossima band…no aspettate, toccherebbe anche al sottoscritto andare a prendersi questa maledetta bibita la banco, sempre che riesca a fare in temp…ehm no!

Setlist Ghost Of Mary:

01. Corpse Embodiment
02. Flagellation
03. Eyes Without Sight
04. Proud To Be Dead

 

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I Ghost Of Mary ci dimostrano che si può suonare gothic death metal senza risultare per forza ‘leggeri’ sul palco!

 

 

…ecco no, neanche stavolta son riuscito a prendere la mia bibita, dannate file chilometriche…eh sì quest’anno, la gente era davvero tanta!

Insomma, la Press Area mi richiama nuovamente alle armi per immortalare le gesta dei progressive death metallers romani Gravestone i quali, sin dai primi momenti, sciorinano on stage una furia che nulla ha da invidiare ad acts ben più storici e blasonati, grazie anche alla carica devastante fornite dal loro batterista David Folchitto, uno dei più attivi e preparati ‘picchiapelli’ della scena italiana (nel suo attuale CV vi sono nomi quali Stormlord, Prophilax e Scuorn, solo per citare quelli oggi più noti). I due chitarristi sono estremamente carichi ( – di cui ho apprezzato molto nelle loro sincere manifestazioni di amicizia on stage, dando l’impressione di una band molto unita – Nda ) tanto che scorazzano da una parte all’altra del palco, mentre il singer Daniele Biagiotti urla come un maniaco le sue parti: un impatto più death che progressive quindi e che assicura così i primi, timidi accenni di mosh e pogo tra la folla grazie ai cambi di tempo e di atmosfera di pezzi quali ‘Corpse Embodiment’, ‘Flagellation’, ‘Eyes Without Sight’ e della conclusiva ‘Proud To Be Dead’, brano finale a cui la band pare tenere molto, almeno a giudicare dalla furia ulteriormente raddoppiata negli ultimi attimi in cui questa è chiamata a suonare.

 

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L’ensemble romano è recentemente tornato in auge dopo uno stop di 18 anni (dal 1995 al 2003) e con una formazione rinnovata che pare davvero dar nuova vita alla band. L’unico leggero appunto che finora mi sento di riservare riguardo al festival non è affatto da imputare alla band o all’organizzazione stessa ma al pubblico in quanto, nonostante la indubbia carica espressa on stage dalle band (tra cui i Gravestone, appunto), finora raramente si è lasciato andare al classico mosh d’ordinanza…ma le cose stanno per cambiare

Setlist Gravestone:

01. Corpse Embodiment
02. Flagellation
03. Eyes Without Sight
04. Proud To Be Dead

 

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Il ritorno in pista dei Gravestone è una cosa terribilmente seria, a giudicare dalla loro peformance su quel palco!

 

…dicevamo, appunto, che le cose stanno per cambiare! Tanto per cominciare, son riuscito a prendermi una bibita, yeah!

No vabbè, di questo non credo importi qualcosa a qualcuno, piuttosto dicevamo che il pubblico, finora, sebbene già folto, era stato ben poco reattivo.

Appunto…era.

Gli Assaulter, fieri thrashers e tarantini, salgono sul palco dell’Agglutination senza alcun timore: hanno dalla loro un ampio pubblico affezionato che li segue, almeno a giudicare dalle t-shirt (io stesso indossavo una patch della band installata sulla mia ‘giacca da battaglia’ apposta per l’occasione), dalle urla e dalle bestemmie senza alcun freno durante che hanno accompagnato il breve soundcheck della band prima ancora che questa potesse iniziare ad emettere la prima nota! La motivazione dietro tutta questa frenesia + dovuta al fatto che la formazione pugliese è ormai molto ben conosciuta nel sottobosco metal del Sud Italia tanto che in questa edizione dell’Agglutination erano, in tutta onestà, un po’ come i beniamini di tutti noi (..dove io stesso ho urlato al buon Enzo, bassista, singer ed ‘uomo immagine’ della formazione, “ENZO UNO DI NOI!”). Al che, si è subito instaurato un rapporto tra band e pubblico assolutamente inusuale ed inarrivabile per qualsiasi band finora salita su quel palco: partono i primi rintocchi di ‘Assaulter’, pezzo iniziale dell’ultimo studio album “Meat Grinder”, ed è subito mosh! Ma violento, di quelli seri, bestiali, assassini!

 

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L’intera esibizione degli Assaulter ha avuto come contorno appunto un moshpit di livello comparabile a quello degli Slayer (no, non scherzo, dovevate esserci per capire) tra walls of death, circle pits, gente che volava tra gli spalti e persone assolutamente impazzite che saltavano una addosso all’altra: non che la prestazione della band fosse da meno, dato che le quattro menti ‘pazze’ dietro la macchina Assaulter deliziano i presenti con una prestazione indiavolata al pari di un tritacarne impazzito che di colpo sale sul palco e ti perfora le interiora! Insomma, soffici come un panzer da combattimento situato in terra di pace e, non per nulla, quando la band è chiamata a suonare on stage ‘Meat Grinder’ rivela se stessa al 100%, perché nessun altro titolo si sarebbe potuto rivelare più azzeccato di questo! Enzo, al basso e voce, guida come uno stregone del Thrash la sua ciurma di folli adoratori mimando il circle pit e il wall of death con le mani, tanto che nel finale chiede ai presenti di farsi ancora più in là ( “…nooo, fatevi più in là, ancora di più, questo è quello finale!” ) e, dopo simpatici incazzamenti contro il Pay To Play, meccanismo mandato avanti da “…dei pezzenti che giocano sulla passione, VI DOVETE VERGOGNARE!” a cui segue l’omonimo pezzo, chiude il ferocissimo set ‘Beer’, dedicata dalla band a tutti i presenti, seguita dalla bestiale (appunto) ‘Bestial Vomit’!

Appena concluso l’ultimo pezzo, nell’area del pubblico troviamo maglie Assaulter rivolte al cielo ed urla di approvazione neanche fossero stati gli Slayer oppure gli Exodus (questi ultimi parte del bill della scorsa edizione) in persona, bottiglie di birra ai lati dell’area pubblico, sudore, urla, pogo, bestemmie e lividi! Questi sono gli Assaulter, tra i vincitori assoluti di questa a sua volta vincente edizione dell’Agglutination!

Ultima nota: la band ha accellerato leggermente i pezzi rispetto alla versione in studio, che di certo lenti di per loro non sono, il che ha contribuito ulteriormente a creare il caos tra il pubblico pogante…a buon intenditor…

Setlist Assaulter:

01. Assaulter
02. Mind Control
03. Meat Grinder
04. Dead End Siding
05. Pay To Play
06. Beer!!!
07. Bestial Vomit

 

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Signore e signori, i teneri e delicati Assaulter, direttamente sul palco dell’Agglutination!

 

 

Quest’anno ai riuniti In.Si.Dia è toccato esibirsi dopo una esibizione terremotante quale quella degli Assaulter, formazione che ha preceduto la band bresciana e che come avrete appena letto ha causato un devasto assolutamente inaspettato tra il pubblico: non che la cosa preoccupi minimamente Fabio Lorini (bassista, vocalist e frontman della formazione) & soci, considerando che salgono sul palco sparando una cartuccia quale ‘Il Mondo Possibile’ con un tiro da professionisti che aiuta molto a rianimare ampia parte del pubblico finora sfinito per l’esibizione a dir poco devastante della band precedente. Quella a cui assistiamo oggi è una ‘prova del nove’ per la band italiana, che dimostra come la formazione sappia farsi valere anche all’ìnterno di un grande festival (gli In.Si.Dia sono stati anche headliner del Warm-Up Agglutination tenutosi lo scorso maggio a Bari) e che quindi non teme nulla e nessuno, nemmeno una band di tarantini da manicomio…in senso buono, ovviamente.

 

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Fabio Lorini appare visibilmente esaltato dalla risposta del pubblico.

 

Il pubblico anche qui si anima, interagisce e salta all’unisono con la band, per un set di ben 40 minuti vissuti appieno sino alla fine, massiccio e ricco di momenti intensi quali le dediche anti-Isis (citando letteralmente “Vaffanculo Isis”) ed i continui incitamenti a non mollare mai sino alla fine, tutte incitazioni che il pubblico sostiene con un pogo sicuramente non ai livelli estremi della band precedente, ma che comunque si difende bene sia per ampiezza dell’area che per pesantezza dello stesso.  La band è carica con non mai questa sera e ci delizia con una setlist dove, tolte le fasi iniziali ovviamente dedicate all’ultimo lavoro in studio “Denso Inganno”, i restanti pezzi vanno a ripescare direttamente dal debutto della band “Istinto e Rabbia” del 1992 (‘Grido’, ‘Parla… parla’, ‘Il Tempo’), senza dimenticare di prelevare anche ‘Terzo Millennio’ dal secondo disco “Guarda Dentro Te” del 1995, per poi concludere con la loro reinterpretazione personale di ‘Tutti Pazzi’ dei Negazione, ormai brano di chiusura tradizionale dei loro concerti.

Devo essere sincero: questa formazione, stando al loro ultimo disco, non mi aveva convinto molto in studio, ma stando a quel che si è potuto vedere dal vivo è tutta un’altra storia!

Promossi a pieni voti.

Note curiosa: l’esibizione degli In.Si.Dia termina con un’improvvisa calata sul palco del mastermind Gerardo Cafaro per ringraziare tutti i presenti e tutti coloro che si sono impegnati a diffondere il verbo dell’Agglutination nel giro dei social, perché “è grazie a voi se quest’anno siamo così tanti!”. Considerando che questa è una cosa che secondo tradizione il buon Gerry effettua solo a fine festival, direi che questa edizione ha sorpreso un po’ tutti, compreso il suo leader!

 

Setlist In.Si.Dia:

01. Il Mondo Possibile
02. Mai Perdere Il Controllo
03. Terzo Millennio
04. Grido
05. Il Tempo
06. Parla Parla
07. Sulla Mia Strada
08. Tutti Pazzi

 

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Grande trionfo dal vivo per gli In.Si.Dia: qui l’urlo finale del singer Fabio Lorini.

 

 

“Che la festa abbia inizio! E ringraziate Gerardo per questa grande festa, stasera!”

Calano sul festival le prime ombre della notte, è il turno dei White Skull e queste sono le parole con cui il buon Tony “Mad” Fontò descrive questa serata, dopo aver aperto le danze della sua ciurma sulle note di ‘Holy Warrior’, pezzo tratto dall’ultimo disco della formazione “Will Of The Strong”: tutta la formazione sale on stage nei consueti abiti ‘pirateschi’, forti del ritorno da qualche anno della singer originaria Federica “Sister” De Boni, vero e proprio asso nella manica della formazione la cui voce grintosa ed acuta dona, dal vivo, quel qualcosa in più a pezzi già decisamente energici in studio. 

E’ un set davvero divertito quello che ci propone questa sera la formazione tricolore, con un Tony “Mad” di nome e di fatto che scorazza felice come un ragazzino lungo il palco e che a più riprese si ‘scontra’ con il funambolico chitarrista dalle ‘mani di piovra’ Danilo “Man Bar”, virtuoso di livello sopraffino le cui intricatissime parti cui è chiamato ad eseguire non rubano un singolo briciolo della sua energia in sede live! Come faccia, non si sa. Nemmeno il tastierista Alessandro Muscio è stato capace di starsene bello e buono, essendosi mostrato per tutta la durata dello show urlante, furioso e rimbalzante nonostante la fredda staticità che la sua posizione dietro le tastiere impone.

 

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“Ciao Tony, pare proprio che tu ti stia divertendo un Mondo su quel palco!”

 

Uno show che ripesca un po’ tutta la discografia della band con Federica alla voce, da ‘Roman Empire’ fino a ‘Red Devil’. Stupisce la presenza nella metà del set (otto i pezzi suonati questa sera) la title-track dell’ultimo disco, più che altro perché dedicata dal buon Tony a Gerardo Cafaro, una dedica a cui è seguita una ovazione del pubblico da sfasciare l’udito anche ai sordi. La formazione viaggia compatta e divertita fino alla fine del set, dove salutano i presenti con il cavallo di battaglia ‘Asgard’, mentre il pubblico si fa sempre più adorante e coinvolto, con un coinvolgimento ovviamente differente dalla furia del thrash metal proposto fino ad un’ora prima e che qui si è fatto più saltellante, meno fisico ma più urlato quindi non per questo meno assordante!

La classe dei campioni trionfa ancora una volta: ecco a voi gli altri grandi vincitori di una edizione che, quest’anno come non mai, ha raccolto consensi strepitosi da parte sia del pubblico che delle band.

Quindi diciamocelo, grandi White Skull!

Setlist White Skull:

01 . Holy Warrior
02. I’mYour Queen
03. Roman Empire
04. Under This Flag
05. Will Of The Strong
06. Lady Of Hope
07. Red Devil
08. Asgard

 

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La ‘Grande Festa’ offerta dai White Skull è stata largamente apprezzata dal pubblico dell’Agglutination!

 

 

E’ arrivato il turno dei mattatori tedeschi per eccellenza, di coloro che nella triade del thrash metal tedesco (assieme a Kreator e Destruction) non hanno mai rinnegato le radici thrash metal e che tutt’oggi suonano sempre del puro e fottuto Thrash Metal! E’ il turno dei Sodom!

Parte il cambio batteria e subito il pubblico comincia ad invocare i beniamoci teutonici, che arrivano sul palco accolti da un boato fracassante e da una serie di corna al cielo che rasentano tutta, ma proprio tutta l’area pubblico del festival: appena Tom Angelripper sale sul palco quel boato fracassante si rende ancora più insopportabile, cosa che fomenta sin da subito i tre tedeschi, in modo da regalarci così una ‘In Retribution’, opener dell’ultima fatica in studio “Decision Day”, sparata ad un volume ed una carica di livello altissimo, degna del nome Sodom. Al termine di essa, Angelripper stupisce tutti i presenti con un inaspettato “Buona Sera”, cosa che per molti è valso il soprannome di “Papa Francesco Angelripper”!

Il pubblico è talmente incitante che praticamente alla fine di ogni pezzo il buon Tom poggia il braccio ad un orecchio per poter ascoltare meglio la sua folla, mentre Bernemann, che proprio quest’anno compie 20 anni alla sei corde nelle fila dei thrashers tedeschi, si sposta da una parte all’altra del palco tra svariate risate ed espressioni buffe in grado di coinvolgere il pubblico. I Sodom questa sera sono davvero indiavolati, così come indiavolato è il pogo devastante ce ne consegue: nessun wall of death come nel caso degli Assaulter, ma solo pogo…e vi assicuro che faceva malissimo! Evitavi il primo? Bene, di sicuro allora ti beccavi il secondo che ti colpiva con violenza alle spalle! Bello vero? Ma il thrash metal è anche questo ed in tali casi, ammetiamolo, il dolore è gioia!

 

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Ecco a voi ‘Zio’ Tom Angelrpper, intento a vomitare bello e beato nel microfono!

 

Le ovazioni del pubblico si rendono completamente annichilenti quando il buon ‘Zio Tom’ annuncia i pezzi facenti parte della prima fase della band: ‘Outbreak of Evil’ e ‘Blasphemer’, entrambe tratte dallo storico EP di debutto “In The Sign Of Evil”, stordiscono del tutto il pubblico, mentre ‘Agent Orange’, ‘The Saw is the Law’ e ‘Napalm in the Morning’ causano il delirio collettivo dello stesso, impegnato com’è tra urla ( – io stesso credo di aver urlato un ‘THE SAW…IS THE LAW!’ talmente forte che credo si sia sentito fino in Molise! – Nda), pogo e devasto senza alcun ritegno.

In fondo, come fare altrimenti? Sono i Sodom, mica Papa Francesco! Papa Francesco non introdurrebbe mai ‘Secret Warpath’ citando Donald Trump!

(…ok, la smetto con queste battute da ‘Blasphemer’)

 

Il pubblico si calma un po’ solo su ‘City of God’, o meglio ‘…of Fucking God’ come viene introdotta dal buon Zio Tom, mentre a chiudere il set ci pensa, come da tradizione, ‘Bombenhagel’.

Esibizione paurosa, in grado di mostrare come i Sodom siano ancora i signori incontrastati del Thrash Metal tedesco nonostante l’età che inevitabilmente avanza. Vero che son mancate alcune hit, quali ‘Nuclear Winter’ oppure ‘Ausgebombt’, ma alla fine i festival impongono sempre certi tagli forzati…eh sì, siamo incontentabili noi e Gerardo non ha nessuna colpa, ma solo meriti.

(…a titolo di completismo, cito l’accenno della loro cover di ‘Surfin’ Bird’ anche se non ricordo prima di quale pezzo, potrebbe essere uno dei primi ma non ne sono sicuro!)

Bene, il primo ‘Grande Massacro’ della giornata è stato compiuto, ora passiamo al secondo…

Setlist Sodom:

1. In Retribution
2. In War and Piece
3. Sodomy and Lust
4. The Saw is the Law
5. Outbreak of Evil
6. Napalm in the Morning
7. Secret Warpath
8. Agent Orange
9. Stigmatized
10. Caligula
11. City of God
12. Tired and Red
13. Belligerance
14. Blasphemer
15. Rolling Thunder
16. Remember The Fallen
17. Bombenhagel

 

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“Scream For Me, Agglutination!”

 

 

…ed arrivò così il secondo ‘Grande Massacro’ della giornata: dopo tanta estenuante attesa (inutile dire che moltissimi dei presenti sono qui per loro), con i membri dei Venom visibili nell’area del retropalco e conseguenti ovazioni, ecco che parte ‘Eruptus’, intro dell’ultimo album in studio dei rinnovati Venom capitanati da Cronos (diversamente dai Venom Inc., a loro volta capitanati da Mantas) con i suoi sibili assillanti, che poi porta direttamente alla title-track del suddetto album “From The Very Depths”!

Eccoli! Il deciso attacco del pezzo porta con sè sul palco tutto il terzetto all’unisono: l’arrivo di Cronos sul palco in particolare, suscita un boato che lacera i padiglioni, ma il buon Conrad Lant non si fa intimidire e sciorina come un forsennato le liriche del pezzo.

 

I’ll ask the question – You will confess!
Worshipping Satan – From the very depths!

(‘From The Very Depths’)

 

Credo che sia inutile specificare che ‘questi’ Venom aldilà del loro valore effettivo sia in palco che in studio poco o nulla hanno a che fare con quelli della prima formazione storica, quella un tempo vedeva uniti Cronos, Mantas e Abaddon: oggi assieme a Cronos ritroviamo Rage alla chitarra (alias John Stuart Dixon) e Danté (alias Danny Needham, già batterista della Tony Martin Band), per un risultato sonoro del tutto differente da quello a cui Cronos & compagni passati ci avevano abituati alle origini. Il suono dei nuovi Venom (quelli senza l’Inc. appunto) è appunto del tutto orientato al futuro: il timbro chitarristico ed il fare solistico di Rage sono figli bastardi della più pura scuola Slayer, con un timbro hi-gain che si porta appresso anche un certo spirito hardcore (che il buon Cronos, da ‘vecchio volpone’ sfrutta per sputare fuori la sua attitudine punk e l’amore per un certo tipo di liriche), mentre il drumming di Danté è del tutto lontano dalla storica approssimazione percussiva del buon Abaddon che fu (e che ancora è, nei Venom Inc. appunto), risultando un drummer poliedrico, funambolico e dal fare circense, in grado di donare una potenza assurda ai pezzi sia in studio che soprattutto dal vivo, oltre che a fornire una certa dose di spettacolo in quest’ultimo caso si intende.

I Venom di oggi quindi, non son più i Venom storici di un tempo: ‘quei’ Venom son logicamente lontani anni luce ormai, Cronos e Mantas non son mai realmente andati così d’accordo e tutte le reunion tentate finora sono falite miseramente (almeno fino all’ultimo “Resurrection”, del 2000, una resurrezione che è durata ben pochi anni…), quindi i Venom di oggi sono questi tre tamarri inglesi: prendere o lasciare.

Io francamente prendo, anche se non nego che il continuo citare di Cronos circa le Venom Legions ( “Vedo tutti i vecchi membri delle Venom Legions, mi fa piacere che siete ancora qui nonostante tutti questi anni” è ciò che afferma subito prima di suonare ‘Rise’, pezzo tratto dall’ultimo album dedicato appunto alle Venom Legions) e gli sfottò ai Venom Inc. ( “In giro esiste solo una formazione in grado di chiamarsi Venom ed è questa!” ) mi spiazza alquanto, così come mi spiazza parecchio quel caprone di “Black Metal” situato proprio dietro la band, a mò di tendone.

 

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In tutta onestà, è una situazione un po’ alienante quella in cui mi son ritrovato in quanto, sebbene come molti altri qui presenti ho sempre considerato Cronos come la vera icona ed anima dei Venom, ogni volta che vedo questi due musicisti affiancarlo sul palco, rimango di sasso e devo sempre ‘rendermi’ conto che sto assistendo ad uno show dei ‘veri’ Venom e non di una cover band della stessa…strana sensazione indubbiamente, così come credo che lo sia stata anche quella di tantissimi altri presenti soprattutto della vecchia guardia, rimasti immobili ed attenti circa ogni gesto della band sul palco, mentre per quanto concerne il pogo questo era effettuato perlopiù da legioni di giovanissimi (seppur con qualche eccezione), ragazzi a cui sicuramente del ‘vero passato’ dei Venom importa poco.

Scrivo questa prefazione senza nulla ridire sulla performance della band stessa ovviamente, che è comunque di alto livello: Cronos è in stato di grazia, Rage è ormai entrato appieno nel ruolo del “chitarrista dei Venom” (è in formazione sin dal 2008 e data la difficile convivenza con Cronos direi che è un vero e proprio primato!) mentre Danté spinge il suono a livelli che dai Venom non ti aspetti certo, soprattutto dati i precedenti storici con Abaddon. Ma come già detto, questi sono altri Venom e logicamente nei primi pezzi il terzetto britannico spinge molto sull’ultimo disco in studio (davvero riuscito, a mio parere), con Cronos che tiene egregiamente a livello vocale anche nella più melodica ed atipica ‘Smoke’, il tutto mentre si alternano vecchi classici del calibro di ‘Bloodlust’, ‘Buried Alive’, l’inaspettata ‘The Evil One’ (da “Cast in Stone”) e molti altri, per una setlist sufficientemente lunga.

Tra i nuovi brani, potentissima si rivela dal vivo ‘Long Haired Punks’, tratta sempre dall’ultimo disco in studio della formazione ed introdotta da un Cronos che afferma ( – Succo del discorso! – Nda ) “In giro esiste solo una formazione in grado di chiamarsi Venom ed è questa! E’ grezza, è oscura e chi la segue è una massa di punk dai capelli lunghi che capisce davvero chi siamo, noi siamo i Venom e voi siete dei punk dai capelli lunghi esattamente come noi!”. A lasciare particolarmente spiazzati i presenti invece, è una versione forse troppo rallentata di ‘Welcome To Hell’, mentre su un classicissimo quale ‘Black Metal’ Cronos dimostra di essere sempre il caro vecchio bastardo che tutti amiamo, anche se il timbro secco ed hi-gain di Rage forse su questo cavallo di battaglia stona un bel po’, così come i suoi contributi solistici in puro stile Slayer…d’altro canto però, un inno quale ‘Countess Bathory’ rimane tale in qualsiasi veste lo si riproponga, stessa cosa per la dissacrante e conclusiva nenia di ‘In League With Satan’.

Arriva la fine del set, arrivano i ringraziamenti dei tre inglesi e, come da tradizione, giunge anche Gerardo sul palco per i saluti finali.

Un grandissimo finale con dei Venom all’altezza delle aspettative: insomma, come già accennato numerose volte in questo report, abbiamo potuto assistere ad un’edizione semplicemente straordinaria in ogni dettaglio.

Setlist Venom:

01. Eruptus + From The Very Depths
02. The Death Of Rock’n’Roll
03. Bloodlust
04. Smoke
05. Buried Alive
06. Pandemonium
07. The Evil One
08. Fallen Angels
09. Long Haired Punks
10. Grinding Teeth
11. Welcome To Hell
12. Welcome To Hell (Reprise)
13. Countess Bathory
14. Warhead
15. Rise
16. Black Metal
17. Witching Hour
18. In League With Satan

 

 

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Ma è Cronos quello? Eh sì, sono proprio i Venom quelli che vedete sul palco dell’Agglutination questa sera!

 

 

Insomma…cosa dire in conclusione se non che è stata, a mio parere, la più divertente e riuscita edizione a cui il sottoscritto abbia mai partecipato?

Il pubblico è arrivato da tutta Italia e finalmente la quantità dello stesso pare esser stata soddisfacente: la fila alla biglietteria era interminabile sino a poco prima dell’esibizione dei White Skull, tanto che da quel momento la gente era talmente tanta che l’aria si era fatta quasi irrespirabile! Menzione d’onore anche per il coinvolgimento stesso del pubblico, attivo e presente sin dalla prima band salita sul palco.

Prezzi popolari (35€ l’ingresso, 3,50€ una birra o un panino, 1,50€ una bottiglia d’acqua e 2,50€ una bibita), divertimento e passione come non mai ci hanno regalato anche quest’anno ricordi che speriamo di non poter mai dimenticare, il tutto grazie alla sfrontata insistenza del Sommo Leader Gerardo Cafaro, quest’anno felice come non mai nel vedere la sua creatura risplendere come merita, dopo due edizioni non esattamente al top per quantità di pubblico accorso.

Quindi no, quest’anno non me uscirò sul finale con la solita frase “…non vi è mai abbastanza pubblico all’Agglutination” perché quest’anno, semmai, forse eravamo addiirttura troppi per le capacità dell’arena concessa, non enorme ma di certo non piccolissima!!!! …e, sul serio, davvero non potete immaginare quanto piacere mi metta addosso lo scrivere queste parole. Scrivo tutto ciò con orgoglio, perché è sempre una grande emozione rivedere, ogni anno, quel palco ormai glorioso con il logo Agglutination, montato a festa per poter ospitare su di esso nomi storici dell’Heavy Metal nazionale ed internazionale: l’Agglutination è giunto ininterrottamente alla sua 23esima edizione senza stop volontari o involontari che siano, e pertanto si conferma il più grande e longevo evento Metal di tutta Italia!

Colgo l’occasione per salutare tutti gli amici e colleghi di altre testate incontrati per l’occasione quali Francesco Gallina di Metallized (e che mi ha gentilmente fornito le tracklist di tutte le band, dato che le mie erano incomplete), Fabio Sansalone di Insane Voices Labirynth con la sua crew al seguito, Gabriele Fusco della Rude Awakening Records, Antonio Urso della Blasphemous Art Records, la crew di Policoro TV (anche se loro non conoscono me!) e tanti altri di cui ora sicuramente mi starò dimenticando.

Ci rivediamo alla prossima edizione, con la speranza di reincontrarci nel frattempo proprio alla terza edizione del Breaking Sound Metal Fest nel frattempo (link – domani, sabato 26 agosto, a Mesagne)!

…e chiudo quindi, con una dedica personale al buon Gerardo Cafaro, autentico e verace Metal Warrior meridionale che finalmente quest’anno potrà dormire sonni tranquilli: se lo merita anche se, in fondo, merita questo e molto altro.

E noi siamo con lui, e sempre lo saremo: come uso di solito affermare, Agglutination Warriors United!

FOREVER!

 

Report interamente a cura di Giuseppe “House” Casafina