Recensione: A Brighter Side of Death

Di Daniele D'Adamo - 5 Maggio 2021 - 4:00
A Brighter Side of Death
Etichetta: Arising Empire
Genere: Modern Metal 
Anno: 2021
Nazione:
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90

L’arte del travestimento, in chi fa musica, si sovrappone spesso alla musica stessa. Basti pensare al black metal, a gruppi quali KISS, Lordi, Slipknot, Cradle Of Filth, Mushroomhead, GWAR e primi Manowar, giusto per menzionarne qualcuno. In questa fattispecie rientrano i Mister Misery, che propongono un camuffamento in stile gothic/horror piuttosto piacevole nello stacco fra colori caldi (rosso) e freddi (blu).

Detto ciò, se qualcuno pensasse che il make-up renda dette (e altre) band assimilabili solo e soltanto a dei gruppi di pagliacci, intendendo l’accezione più negativa se non offensiva del termine, prenderebbe un abbaglio gigantesco. Come quello proveniente da un’esplosione solare. E, nello specifico, nel giudicare il quartetto svedese, magari senza averne ascoltato nemmeno una nota.

Già il fatto che i Nostri siano di Stoccolma dovrebbe attivare l’attenzione, poiché si sa bene che dal Nord Europa giungono act di prima qualità. Quasi che sia una condizione necessaria, questa particolare provenienza geografica. Del resto quarant’anni di (heavy) metal sono lì se non a dimostrarlo, a evidenziare un connubio fecondo di idee e innovazioni intrisi nei più disparati generi e sottogeneri. A proposito, per Mister Misery si parla di horror modern metal. Una definizione piuttosto calzante, sia come tematiche, sia come musica. Soprattutto quest’ultima, potente e massiccia ma piena zeppa di armonizzazioni che la fanno discendere come erede diretto del gothenburg metal, magari incrociato con un po’ di gothic.

Del resto, l’opener-track di “A Brighter Side of Death” – secondo full-length in carriera, e cioè ‘Ballad of the Headless Horseman’, dopo il tradizionale incipit ambient scatena immediatamente un poderoso attacco frontale, davvero possente nell’intreccio fra il duro riffing di chitarra, le ariose orchestrazioni e il ritmo picchiato, pestato; per poi esplodere improvvisamente in un ritornello meraviglioso, quasi imprevedibile nella sua incredibile orecchiabilità. Ma, attenzione, non si tratta certamente di easy listening. Il mastermind Harley Vendetta e i suoi tre compagni d’avventura menano le mani come dei dannati, rendendo il disco, nel suo insieme, tutto fuorché colonna sonora di sottofondo agli acquisti nei supermercati o nei centri commerciali. Se qualcuno avesse dei dubbi, meglio fugarli subito: i Mister Misery fabbricano metallo puro. Metallo incandescente. Metallo modernissimo. Metallo ad alta energia. ‘Buried’ prosegue il leitmotiv che si è subito intravisto nella song precedente: feroce aggressività e, assieme, melodie straordinarie, abbracciati in un sublime ossimoro. Certo, non si tratta di un esempio rivoluzionario ma è necessario mettere a nudo la circostanza che tale antitesi viene elaborata al massimo delle possibilità umane.

Segno, questo, di un talento compositivo enorme, strabordante, in grado di unire pure accenni di barocco (attacco di ‘Mister Hyde’) a una pietanza dal gusto paradisiaco. Un gusto che si ripete brano dopo brano, nel segno di una continuità totale, nel senso che tutti e si sottolinea tutti, i brani di “A Brighter Side of Death” sono a dir poco formidabili. Bastano pochi ascolti affinché essi si stampino sulla parete interna della scatola cranica per roteare nel cervello anche a speaker spenti. Pochi ascolti ma anche tanti. Sì, giacché tracce come ‘Burn’, ‘Devil in Me’, ‘I’ll Never Be Yours’, e le altre, rivelano sempre qualche particolare nascosto da scoprire e assaporare, amano a mano che si manda a memoria l’intero LP. Le ridette ‘Burn’ e ‘I’ll Never Be Yours’, per esempio, sono di una pesantezza micidiale, tale da sconquassare le budella. Metallo. Metallo. Metallo. Impreziosite, ma non occorreva nemmeno rammentarlo, da chorus fuori dal comune.

Harley Vendetta segue linee vocali per nulla semplici, movimentate fra harsh, clean vocals e anche un pizzico di growling, che nondimeno riescono a essere sempre incastonate come brillanti nei movimenti musicali, anche in quelli dissonanti. Un cantante che… canta. E benissimo. Appare quasi inutile menzionare gli altri tre membri in quanto perfetti esecutori, in grado di dare vita a un sound senza difetti, pregno di esemplare professionalità, compattezza e pulizia. Per uno stile sostanzialmente unico nel suo genere rapportato a quello che c’è nel panorama internazionale. Basta anche un solo morso del platter, insomma, per capire quale sia il marchio di fabbrica: Mister Misery.

Benché i singoli episodi si posizionino sulle più alte vette della classe musicale pura, occorre menzionarne due che, se possibile, arrivano ancora più in alto. ‘Home’, anzitutto. Clamoroso, indimenticabile, straordinario, struggente inno alla lontananza fra le persone. Messe assieme strofe, ponte e refrain, ciò che nasce è qualcosa di davvero unico. Capolavoro inimitabile, inarrivabile, irraggiungibile.

I feel your pain, so far away (Do you miss me)
Will I survive the war?
I’m just so tired of it all
Will I ever come home?
I’d lay down my life,
for you I’d die tonight
I’d lay down my life,
In darkness you’re my light

Eppoi la suite ‘Through Hell’, retta da un ritornello da far chiudere gli occhi per sognare mondi colorati, dove la musica è l’unica Imperatrice, e i suoi soldati sono le armate dei sogni. Sensazionali anche gli altri elementi della forma-canzone, rigorosa nel rispetto dell’ordine cronologico del rock’n’roll, là da dove è nato tutto. Così come aveva aperto le danze, ‘Ballad of the Headless Horseman’ le chiude con la sua versione orchestrale, durante la quale si può apprezzare l’eccellenza vocale e interpretativa di Harley Vendetta.

“A Brighter Side of Death” è, in definitiva, almeno a parere di chi scrive, un disco fra i migliori mai nati negli ultimi mesi. Parecchi mesi. In esso c’è tutto. Talento, classe, bravura, competenza, grandezza del songwriting e tanta, tanta passione per il metal. Nonché, ultima ma non ultima, la presenza al 100% della famosa capacità di scrivere grandi canzoni.

Imperdibile. Assolutamente.

Daniele “dani66” D’Adamo

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