Recensione: A Chainsaw In The Cunt

Di Matteo Bovio - 6 Gennaio 2005 - 0:00
A Chainsaw In The Cunt
Band: Funeral Rape
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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70

Questo demo è un bel miscuglio di tutto quel che di perverso c’è nel Grindcore. I Funeral Rape, gruppo che ignoravo fino a poche settimane fa, si propone con un demo interessante: il trademark non è solo l’immagine volutamente provocatoria (e spesso troppo pacchiana), facile tentazione che segna la rovina di non pochi gruppi, ma anche (e soprattutto) una buona capacità compositiva e un’enorme potenza sonora. L’impatto visivo non mi ha lasciato certo sconcertato (si vede di ben peggio nel Grindcore odierno); ma inserire il cd nel lettore sì: tutto quel che la mia mente aveva già costruito intorno al gruppo è stato infatti smontato dall’evidenza dei fatti. Se mi aspettavo di trovare un mancato clone dei Gut, mi sono dovuto ricredere fin dalla prima “The Land Of Sluts“, dove impera un modo completamente diverso di intendere il Grindcore.

Andiamo dunque con ordine. Influenze dei suddetti Gut non mancano, ma sono una parte poco rilevante all’interno del sound complessivo. Nonostante la scelta di trattare tematiche porno miste a pacchianissimo gore, il gruppo musicalmente imbocca una via diversa da quella solitamente associata a questo genere di liriche. Si passa dunque attraverso un Grindcore molto influenzato dal suono dei primi anni ’90, minimale e in your face, a parti rallentate e costruite su una manciata di power-chord. Inutile ricondurli dunque a un particolare stile, visto che i Funeral Rape attingono un po’ da tutto quello che il Grindcore ci ha regalato. Il tutto suonato con una discreta dose professionalità ma anche con la giusta ironia (immancabile in questo tipo di prodotti se non si vuole apparire come dei ritardati…). Là dove occorre serietà il gruppo non cede al dilettantismo: dunque si propongono con un buon suono (anche se non mi sembra il più pertinente per le loro canzoni) e con un’esecuzione all’altezza della necessità insita nel genere.

Buona la prova del cantante (anche bassista, Assmasher il “nome d’arte”), decisamente più convincente quando spinge la timbrica verso il basso rispetto a quella che invece prevale nelle canzoni. Lord Funeral, alla batteria, è sicuramente una delle colonne portanti del gruppo (a livello musicale, chiaramente): i pattern ritmici infatti sono sempre precisi e, nella loro linearità, azzeccati. Completa il trio Cuntripper (chitarra e screams), anch’egli con una discreta prova.

Nel complesso A Chainsaw In The Cunt è una buon demo. Gli unici consigli che posso umilmente azzardare sono di eliminare alcuni riff sinceramente troppo sterili (che sono però compensati da un’ottimo impatto, violento e diretto) e di andare alla ricerca, per le uscite future, di un suono più personale e non ancorato alla sola necessità di far sentire ogni strumento. Un gruppo intransigente, che dunque è destinato ad un solo e preciso pubblico. Se vi piace il Grindcore, e non siete necessariamente ancorati alle sonorità moderne che si stanno facendo largo da 5-6 anni a questa parte, non avete valide ragioni per non dare una seria possibilità a questa nuova realtà italiana.
Matteo Bovio

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