Recensione: Abandon Of The Self

Di Gianluca Fontanesi - 21 Maggio 2018 - 8:30
Abandon Of The Self
Etichetta:
Genere: Progressive 
Anno: 2018
Nazione:
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81

Ci sembra ormai inutile precisare ancora una volta o disquisire sui francesi e il post metal: i cugini sembrano avere scritte nel dna le coordinate di certe derivazioni e questo è quanto! Lo fanno bene e lo fanno meglio, non c’è altro da aggiungere, e gli Eryn Non Dae. non sono di certo un’eccezione. Band piuttosto giovane e ancora sconosciuta al giro grosso, i nostri danno alle stampe il loro terzo album, e che album! Forte di un improbabile sodalizio con la Debemur Morti, Abandon Of The Self è un disco che si discosta parecchio dai due precedenti lavori Hydra Lernaia e Meliora, inspiegabilmente bistrattati prima dalla Metal Blade poi dalla M&O Music. Gli Eryn Non Dae. sono un’entità in continua evoluzione, mai saputa valorizzare fino in fondo dalle proprie etichette e che ha sempre mutato forma ad ogni sua release. Erano partiti con un metalcore sbilenco e furioso per poi passare a un assalto più ragionato e assestarsi ora in una dimensione più intima, criptica e spaziale dalle molteplici sfaccettature. Lo stesso titolo dell’opera descrive ciò che ascolterete e che trova appunto la dimensione più opportuna nell’abbandono.

Il sound odierno degli Eryn Non Dae. prende molto dai Tool, dai Neurosis e dal progressive metal che dilata e crea effetti stranianti, il tutto però cantato rigorosamente in harsh – growl tranne qualche piccola eccezione dove si arriva anche a sfiorare uno spoken word. I giochi, i contrasti e i ripetuti saliscendi  vanno a toccare i centri più emozionali del nostro cervello e ci si insinuano dentro tra dissonanze, arpeggi e sussurri. La tensione è gestita piuttosto bene per tutti i cinquantadue minuti dell’opera e l’ascolto difficilmente stufa; dettagli e nuove sfumature saltano fuori ad ogni passaggio ed è cosa buona e giusta. La produzione è ottima per il genere ed è tutto tranne che plasticosa e sintetica; si sentono tutti gli strumenti e i volumi sono calibrati in maniera da dare il giusto risalto ad ognuno di loro. Le prestazioni dei singoli sono tutte di alto livello e riescono a rendere semplice anche un essere difficoltoso e poco assimilabile; ci vorrà tempo, parecchio tempo per metabolizzare completamente un disco del genere e crediamo sia una cosa voluta. Abandon Of The Self inizia a funzionare nel momento in cui gli si vende l’anima e gli si concede il permesso di poterla manipolare; è un disco che lavora dall’interno e che difficilmente riuscirete a decifrare con ascolti superficiali e disinteressati. La proposta degli Eryn Non Dae. può quindi sembrare gratuita, elitaria e anche un po’ stronza, ma fa tutto parte del pacchetto e del suo essere sfuggente e mutevole.

Se in musica vi piace la ricerca e il progredire, questo è pane per i vostri denti: la qualità di Abandon Of The Self è piuttosto alta e non concede cali o disattenzioni. Se fosse stato però registrato come un unico flusso di coscienza invece che in tracce separate avrebbe reso ancora di più; nonostante tutto, il risultato è di quelli per cui andare fieri. Il dove andranno a parare questi ragazzi nella prossima release probabilmente è cosa che nemmeno loro sanno e il bello di certi generi e mentalità è proprio questo; non vi resta ora che premere play ed entrare in uno stato di completo abbandono e assuefazione. Nel limbo dischi come questo sono la colonna sonora perfetta.

Abbiamo avuto il piacere di intervistarli, per ulteriori approfondimenti cliccare qui.

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