Recensione: Age Of Consent [Reissue 2011]

Di Stefano Ricetti - 28 Novembre 2011 - 0:00
Age Of Consent [Reissue 2011]
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Anno: 2011
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90

Disco originariamente uscito nell’ottobre 1988, partorito dopo importanti tour con Black Sabbath e Manowar, Age Of Consent dei Virgin Steele giunge al terzo update, quest’anno, a opera di Spv, dopo le reissue del 1997 (Noise Records) e 2008 (Dockyard 1). Come per altri lavori degli americani rivisitati, le recensioni dell’album nativo campeggiano negli almanacchi da tempo, per pura comodità di fruizione si riporta pari pari quella pubblicata nel 2008 qui sotto, dal momento che lo scritto che segue riguarda le sette bonus track che compongono il secondo dischetto ottico, in accompagnamento alla versione 2011 doppio digipak targata Spv, denominato The “Under The Graveyard Moon” Cd.

Inattaccabile la confezione della reissue a tre+tre facciate apribili e il booklet di ben venti pagine contenente tutti i testi, foto inedite e quattro di liner notes confezionate dal leader incontrastato degli ‘Steeler, il cantante David DeFeis.

Delle sette bonus track cinque risultano completamente inedite (di cui due cover), mentre la prima accoppiata possiede una storia, essendo già stata pubblicata nella versione di Age Of Consent griffata Dockyard 1 e per le quali si rimanda alla recensione del 2008.

Discorso opposto per le rimanenti, a partire da Breach Of Lease, pezzi rimessi assieme o scritti di recente dai Virgin Steele appositamente per la reissue di Age Of Consent. La sopraccitata è la cover di un brano dei Bloodrock, un gruppo hard rock texano che nei primi anni Settanta raggiunse un discreto successo commerciale e chiuse la carriera con sette full length all’attivo. La canzone suona Virgin Steele quanto deve, bella e melodica ma l’interrogativo piuttosto è un altro: perché la scelta di Breach Of Lease e non qualcosa di più segnatamente possente preso da altre band maggiormente focalizzate?

Another Nail In The Cross risale ai tempi gloriosi dell’immenso Marriage Of Heaven And Hell part One. DeFeis spiega all’interno del booklet come tale Dave Ferrara abbia dato il La alla composizione di un pezzo che, seppure pregevolmente atmosferico, spiega da solo come non fosse stato scelto fra i titolari non per caso ma per scelta tecnica, parafrasando il calcio.      

A Changeling Dawn è Noble Savage in veste acustica con David al piano. Brano originariamente pensato come bonus della reissue dello stesso Noble Savage 25th Anniversary Edition, finisce su Age Of Consent 2011 per il semplice motivo che non fu finito a dovere in tempo utile. Dopo aver sentito la canzone più d’uno potrà capacitarsi delle recenti divagazioni di DeFeis durante le performance dal vivo in occasione della proposizione dell’originale Noble Savage. A Changeling Dawn è un gran pezzo, commovente davvero, lungi dall’essere etichettato frettolosamente come una bestemmia, della durata di più di dieci minuti, adulto e non certo adatto per tutti i palati. Chi ha amato fortemente Noble Savage – la title track – molto probabilmente verrà rapito anche da questa A Changeling Dawn, uno dei due highlight del Cd2, per chi scrive.  

Durante la rilettura di alcune poesie scritte da se stesso, David DeFeis sente la chiamata per recarsi al piano e in pratica compone Under The Graveyard Moon, solamente qualche settimana fa. Inizio intrigante che sa d’antico poi un viaggio di sei minuti abbondanti a cavallo fra il Dark e il romanticismo epico tipico dei newyorchesi. Ancora lo zampino dell’amico Dave Ferrara per l’ultima bonus track, intitolata Down By The River, una cover che riporta ai tempi andati, quando David era ancora un ragazzino e insieme all’omonimo ne canticchiava il pezzo embrionale. ‘River è la testimonianza tangibile che DeFeis e soci ci sanno ancora fare e la magia che sempre contraddistingue buona parte della Loro discografia non si è persa per strada. Grande e illuminata l’interpretazione, insieme con un crescendo imperiale irresistibile a segnare a colpi di spada una delle rivisitazioni migliori dei Nostri. Il secondo highlight di Under The Graveyard Moon, ove DeFeis finalmente e sufficientemente osa come tutti ci si aspetta da un fuoriclasse del suo lignaggio, sebbene su di un pezzo altrui.    

Tirando le somme i cinque inediti godono di una produzione che rende giustizia al suono dei Virgin Steele, segnando quindi un passo avanti rispetto al recente passato. Per quanto attiene il feedback generale in linea di massima ci si assesta sulle medesime coordinate stilistiche sulle quali sono stati concepiti gli ultimi Visions Of Eden e The Black Light Bacchanalia, quindi nessuna nuova Blood and Gasoline piuttosto che Veni, Vidi, Vici. Alta velocità e violenza iconoclasta sparsa ancora bandite, per il momento.

One nation, one kingdom, one child survives
one nation, one kingdom, one child survives
I’ll meet you again through the eyes of our son
remember to tell him the price we had to pay
AND CRY FOR POMPEII
CRY FOR POMPEII

The Burning of Rome – Age Of Consent

 

RECENSIONE INTEGRALE DEL 28 APRILE 2008 RIPUBBLICATA  

Il nome dei Virgin Steele è arrivato fino a noi, ma soprattutto il simbolo e il Loro messaggio: come una spada, la Loro musica riecheggia l’età dell’oro, il sogno della verità… Questo è uno stralcio dell’incipit scritto da Pierfrancesco Aztori in occasione della primissima intervista della carriera dei Virgin Steele per un magazine italiano, il “trasversale” ma sempre credibile ROCKSTAR, numero 44, anno 1984, dopo l’uscita di “Virgin Steele”, dei due Ep Wait For the Night e A Cry in the Night e di Guardians of the Flame.

Ebbene, quello slogan targato “Early Eighties” dal collega è ancora fottutamente reale oggi, Anno Domini 2008,  motivo per far uscire sul mercato Age of Consent da parte della Dockyard 1, in versione remaster, esattamente undici anni quella “arricchita” con enne bonus track del 1997 per T&T che ricalcava l’esatta sequenza dei brani auspicata da David DeFeis. Il booklet contiene un commento per ogni brano contenuto da parte di Mr. DeFeis, tutti i testi e le due pagine centrali riempite con una compilation di foto. Il retrocopertina vede David ed Edward in versione recente immortalati all’interno di un capanno nella foresta.              

La prima release del quarto full length dei Virgin Steele vide la luce esattamente venti anni fa, con questa tracklist – quantomeno nella versione in vinile che posseggo – voluta e imposta da management e casa discografica e praticamente senza promozione alcuna:

1.         On the Wings of the Night    
2.    Seventeen    
3.    Tragedy    
4.    Stay on Top    
5.    Chains of Fire    
6.    The Burning of Rome (Cry for Pompeii)
7.    Let It Roar    
8.    Lion in Winter
9.    Cry Forever    
10.    We Are Eternal

Il primo pezzo è detonante: The Burning of Rome è un capostipite del manuale dell’Epic Metal, un po’ come se per spiegare come si gioca  a calcio si facessero vedere a un extraterrestre i tocchi magici e le magie di gente come Platini, Pulici, Maradona, Ronaldinho, Kakà, Ibrahimovic e così via. Dopo il clangore delle spade irrompe la sezione ritmica incessante e immaginifica dei Virgin Steele: riff a rasoiate di Pursino ed esordio di David DeFeis che più epico di così si muore. Acciaio, Tradizione, Storia, Sangue, Violenza, Sinfonia, Dramma, Melodia e Amore in un bridge che è leggenda. Cry For Pompeii rappresenta uno dei pezzi migliori del metallo eroico della storia e senza dubbio uno dei brani simbolo dei Virgin Steele. Un capolavoro, punto e basta! Chiudete gli occhi e oltre a respirare l’orgoglio di quando l’impero romano dominava il pianeta, vi sembrerà di essere sulle mura di Troia ad assistere all’immenso duello fra Ettore e Achille piuttosto che immaginare una battaglia con Excalibur come protagonista, fra le magiche nebbie e lo sferzante vento del Nord.

Let it Roar è ancora HM valoroso con cori carichi come usavano fare i Twisted Fuckin’ Sister, Prelude to Evening, come intuibile, prepara il terreno di battaglia per Lion in Winter, un cavalcata inarrestabile nelle praterie del metallo incontaminato con un David Defeis incontenibile e un chorus +riff che materializza un esercito di Templari a galoppo. Stranger at the Gate è una strumentale ancora ricca d’atmosfera, grazie a un piano suonato magnificamente da quel genio che risponde al nome di David DeFeis. Perfect Mansion è solenne, dura e perentoria: la chitarra di Pursino incide il granito dell’Adamello mentre l’ugola di DeFeis è sinuosa e tratteggia un affresco gioviale senza tempo né spazio. Altro highlight, senza dubbio. Una voce effettata in stile hollywoodiano costituisce Coil of the Serpent, apripista di Serpent’s Kiss, episodio parzialmente avulso da Age of Consent, dove i Virgin Steele si cimentano in territori non di loro competenza, con scarsi risultati.

Ci pensa l’HM melodico di On the Wings of the Night a risollevare gli animi con un coro fatto su misura per essere gridato a squarciagola con il pugno alzato durante i concerti. Ottimo il falsetto di David a metà pezzo, così come il solo chirurgico di Pursino. Segue Seventeen, altro errore di percorso dei Nostri. C’è poco da fare, l’heavy metal “facile” non si addice ai Virgin Steele e questo ulteriore episodio ne è la conferma. Tragedy è pregna di pathos e fa subito dimenticare il brano che l’ha preceduta. Nell’occasione la band di New York si cimenta in una pseudo-ballad adulta, a tratti struggente, senza assolutamente “sbragare” nel patetico. Riguardo la cover degli Uriah Heep Stay on Top vedasi definizione di Seventeen. Grandissima chitarra Nwobhm per l’inizio di Chains of Fire, poi heavy metal di stampo Usa fino al termine, sulla scia di band come Riot, Armored Saint e Lizzy Borden. Il brano numero 14 è semplicemente estasiante, si tratta della cover di Desert Plains dei Judas Priest, nell’occasione proposta in maniera magistrale. Niente di più da aggiungere, se non la solita frase di rito: uno dei brani che vale il prezzo del disco! Atmosfere suadenti aprono Cry Forever, un’altra gemma di questa versione di Age of Consent: armonia e urgenza sonora a braccetto. We Are Eternal non è all’altezza del resto, nonostante gli ottimi arpeggi vocali del singer e il pregevole lavoro cromato della chitarra, così come la prima bonus track del lotto, quella Screaming for Vengeance del Sacerdote di Giuda che nel 1982 dettò legge in campo HM classico: prodotta male e suonata alla meno peggio non rende giustizia a una band maestosa come i Virgin Steele. Troppo sforzata e caricata inutilmente… un’occasione perduta, senza dubbio. Si chiude con la seconda bonus track, l’iperveloce The Curse, un episodio interessante e nulla più che non avrebbe sfigurato su un album come Invictus.  

Age of Consent: comunque imprescindibile, nonostante qualche lieve ombra. Per molti il vero inizio della Barbaric-Romantic saga, Noble Savage permettendo …

Stefano “Steven Rich” Ricetti

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Tracklist

CD1:

01.   THE BURNING OF ROME (CRY FOR POMPEII) 6:39
02.   LET IT ROAR 3:48
03.   PRELUDE TO EVENING 1:10
04.   LION IN WINTER 5:32
05.   STRANGER AT THE GATE 1:30
06.   PERFECT MANSIONS (MOUNTAINS OF THE SUN) 8:33
07.   COILS OF THE SERPENT 1:24
08.   SERPENT’S KISS 8:15
09.   ON THE WINGS OF THE NIGHT 4:41
10.   SEVENTEEN 4:21
11.   TRAGEDY 4:22
12.   STAY ON TOP 3:37
13.   CHAINS OF FIRE 3:35
14.   DESERT PLAINS 4:52
15.   CRY FOREVER 4:32
16.   WE ARE ETERNAL 4:13

CD2:

01. SCREAMING FOR VENGEANCE 5:11 (Bonus Track)
02. THE CURSE 2:57 (Bonus Track)
03. BREACH OF LEASE 5:58 (Bonus Track – previously unreleased, Bloodrock cover)
04. ANOTHER NAIL IN THE CROSS 6:24 (Bonus Track – previously unreleased)
05. A CHANGELING DAWN (Noble Savage Acoustic Version) 10:56 (Bonus Track – previously unreleased)
06. UNDER THE GRAVEYARD MOON 6:53 (Bonus Track – previously unreleased)
07. DOWN BY THE RIVER 5:43 (Bonus Track – previously unreleased, Neil Young cover)

Line-up Age Of Consent 1988:
David Defeis
Edward Pursino
Joe O’Reilly
Joey Ayvazian

                                         
 

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