Recensione: Al Intihar [EP]
Forse in pochi lo sanno e ancora in meno lo immaginano ma in Algeria c’è un nucleo di musicisti che pratica l’ortodossia black/death così come insegnata, eoni fa, dai Maestri scandinavi. La base è ad Algeri e il mastermind di tutto questo è Lelahel, al secolo Redouane Aouameur.
Il Nostro, attivo dal 1993 e quindi dal 1996 con la leggendaria death band Litham, autrice di un full-length autoprodotto (“Dhal Ennar”, 1998), nel 2011 ha assoldato due membri dei connazionali blackster Barbaros (anch’essi padri di un album “Amaluk N’ Zik”, inciso nel 2009 con la label inglese Thorn Laceration Records), Nihil e SlaveBlaster, sì da dare vita al progetto Lelahell.
Lelahel ha militato quale bassista e/o vocalist in altre realtà ultra-underground dello stato nordafricano (Carnavage, Devast, Neanderthalia), acquisendo così l’esperienza necessaria per affrontare, in origine, l’idea Lelahell come un’one band man. L’aiuto di un bassista e di un batterista di ruolo, però, si sente e anzi aiuta senz’altro il chitarrista algerino a fissare in tal modo un sound corposo, maturo e tecnicamente corretto. Un sound in grado, cioè, di garantire al trio la giusta professionalità per sperare in un contratto discografico e, quindi, per provare a uscire, anche se solo di poco, dall’universo sotterraneo del metal estremo.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la provenienza geografica non influisce quasi per niente sulla musica dei Lelahell. A parte qualche inserto etnico con il fiabesco strumento a quattro corde chiamato Ud, “Al Intihar”, l’EP in questione e primo esperimento d’incisione da parte degli algerini, è un fumante crogiolo di lava rovente che forgia un death metal rabbioso e aggressivo, in puro stile old school, ricco d’influenze black, anche sinfonico.
SlaveBlaster, come si può intuire dall’azzeccato war name, è un batterista che non si lascia intimidire dall’ebbrezza dell’alta velocità. Preciso, potente e rapido, è in grado di scatenare delle vere e proprie tempeste di sabbia con i suoi fulminanti blast beats. “Emperor” ne è la prova lampante. L’opener, inoltre, è palestra per l’ugola di Lelahel, in grado di spaziare fra più di uno stile: scream, growl e, non ultimo, un inhale da brutal davvero efficace. “Into The Past”, come da titolo, è una full immersion nel brodo primigenio del death/thrash, con qualche eco del già menzionato Ud a rendere il più rovente possibile l’atmosfera. Che non manchi una buona dose di abilità strumentale lo dimostrano “Al Ihtiqar” e “Hermanos” (qui fanno capolino le nacchere…), le quali si spingono ai limiti del techno thrash. L’amore per le sonorità violente e asciutte dei Mayhem, infine, trova sfogo nella cover della mitica “Freezing Moon”, resa in maniera personale senza stravolgimenti eccessivi dall’originale.
“Al Intihar” mostra il raggiungimento di un sufficiente carattere stilistico. Seppur tradizionale, il death dei Lelahell ha in sé i necessari capisaldi atti a renderlo personale. Il songwriting è ancora un po’ discontinuo nella sua apparente indecisione sulla definitiva strada da seguire ma è probabile che, date le premesse, un full-length – ora in lavorazione – potrà dare il giusto spazio e i dovuti modi per risolvere questo inconveniente.
Quando la passione è così forte come in questo caso non esistono frontiere, non esistono distanze. Anche in un Paese lontano dagli usi e costumi occidentali, soprattutto nordeuropei, può accadere il miracolo. Quello di un ensemble nascosto sotto la rovente superficie del Sahara da cui fuma la condensa di un alito glaciale!
Daniele “dani66” D’Adamo
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Tracce:
1. Emperor 4:50
2. Al Moutanabi 0:53
3. Into The Past 5:30
4. Al Ihtiqar 2:20
5. Hermanos 5:03
6. Freezing Moon (Mayhem cover) 8:25
Durata 27 min.
Formazione:
Lelahel – Chitarra e voce
Nihil – Basso
SlaveBlaster – Batteria