Recensione: All That We Had
È la Finisterian Dead End a dar distribuzione a “All That We Had”, esordio discografico della metal band francese Overcharger. Il disco è infatti uscito originariamente nel 2014 in forma indipendente ed è ora lanciato sul panorama internazionale dalla giovane label focalizzata su produzioni dal gusto sperimentale, comunque marchiate dal suffisso -core.
“All That We Had” è una delle tante release dal retrogusto sludge/thrashcore moderno. Si presenta melodico, vario a livello ritmico e pregno di soli. Apparentemente potrebbe sembrare una fighettata da poser, se non fosse per l’alto contenuto di causticità e ruvidezza che riporta l’operato della band ad un livello più marcio, da strada (anche se la sincertià della band andrebbe testata in sede live). Le sezioni ritmiche passano da accelerate a tratti doom stile Cathedral in un baleno. Viene così garantita un’interessante variabilità compositiva, sopratutto sotto il profilo ritmico, dalle tinte sludge tanto di moda di recente.
Basso, chitarre e batteria sono caratterizzati da quei tipici suoni grezzi dello sludge che si integrano perfettamente nel mood complessivo di un disco che non vuole di certo regalare ascolti eleganti, quanto lanciare una tonnellata di fango in faccia all’ascoltatore. Fin qui quindi tutto bene.
Il grandissimo limite della band è invece il cantato ad opera di Seb che ostenta un mix tra un ormai vecchio Phil Anselmo e una specie di Rob Dukes con il mal di gola. Se l’intento era quello di corroborare il tutto di un flavour vocale grave ed aggressivo, beh, dobbiamo dirvelo, il risultato è invece stato quello di rendere grossolano, barboso ed asettico un songwriting che aveva il suo perché, sopratutto perché identificabile in un determinato movimento asrtistico-musicale.
Al momento non ci sentiamo di giudicare positivamente la pubblicazione in esame in quanto difettosa di coesione tra strumenti e voce e quindi inadeguata per consapevolezza tecnica. Ci auguriamo che in futuro gli Overcharger siano in grado di dar maggior spessore ai prossimi full-length e di caratterizzarli con gli stessi buoni sprazzi musicali, ma con linee vocali assai più curate. Al momento appaiono ancora troppo immaturi.
Nicola Furlan