Recensione: Anomalia

Di Daniele D'Adamo - 24 Agosto 2012 - 0:00
Anomalia
Band: Khonsu
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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83

Khonsu (“viaggiatore”) era una divinità lunare dell’antico Egitto. Ora, è un progetto musicale retto dall’‘uomo dietro la maschera’ Steffen Grønbech, polistrumentista, fratello di Arnt Ove “Obsidian Claw” Grønbech, chitarrista dei Keep Of Kalessin. Dalla black metal band norvegese Steffen Grønbech ha preso in prestito, come cantante, Torbjørn “Thebon” Schei, sì da formare un duo dotato di grande talento, classe e qualità. Non per caso non c’è stato quasi il tempo di esordire, l’anno scorso, che la Season Of Mist ha messo la coppia sotto contratto per pubblicare il debut-album, “Anomalia”, ora in uscita.

Come si può facilmente immaginare, l’ombra della band di Obsidian Claw e del suo “Reptilian” (2010) è una compagna scomoda, per Steffen Grønbech; tuttavia sarebbe ingeneroso, per lui, considerare i Khonsu come una semplice succursale dei Keep Of Kalessin. Nonostante il pungente aroma di sperimentazione che attraversa la superficie dei due disegni, i primi – secondi in ordine di tempo – fanno vita a sé, proponendo un lavoro, “Anomalia”, che per la sua autonomia artistica va inquadrato e quindi assimilato in maniera del tutto indipendente, senza cioè che si cada nell’errore di confrontarlo con chicchessia. Tantomeno con i lavori di Arnt Ove Grønbech e soci, seppur ci sia, in comune – questo sì – l’ugola di Torbjørn Schei.   

E così, facendo fede al significato del loro moniker, “Anomalia” è il diario del lungo viaggio intrapreso dai Khonsu nell’infinito dedalo di meandri e gangli del cervello umano. Impossibile per meglio dire limitante classificare il loro sound, gonfio di così tanti elementi disomogenei fra essi che è inutile elencarli. Il black (di più) e il death (di meno) sono certamente importanti, nell’economia stilistica del combo di Trondheim, tuttavia se si dovesse tentare di dare un’idea dell’immenso universo sonoro inventato da Steffen Grønbech, allora ci si potrebbe riferire a qualcosa come ‘symphonic extreme metal’. La varietà con la quale Thebon affronta le linee vocali, praticamente senza fine poiché tutti gli approcci sono tenuti in considerazione (whispers, clean vocals, growling, screaming, …), aumenta sensibilmente la difficoltà di chi ascolta a inquadrare le canzoni di “Anomalia” entro dei limiti conosciuti. Il che, in questo caso, non è un male giacché il suo grande talento, assieme a quello di Steffen Grønbech, impediscono all’opera della band di disperdersi nel vuoto stellare. Anzi, prendendo a caso un qualsiasi segmento del platter, dopo qualche ora necessaria per l’inizio della sua assimilazione, appare chiara e inequivocabile la personalità della musica dei Khonsu che, davvero, non ha riscontro nel panorama attuale del metal estremo mondiale. E, in ciò, a parere di chi scrive, ha grande merito Steffen Grønbech che, oltre a tritare riff devastanti e cesellare finissime armonie di chitarra, tesse con le tastiere un tappeto le cui dimensioni non hanno né inizio né fine e che, come una cappa, avvolge strettamente il sound di base donandogli una profondità enorme e una visionarietà assoluta.      

Parimenti gigantesca l’estensione del songwriting, mai inquadrato in strutture prestabilite oppure scontate. La bravura dei due musicisti norvegesi è la miglior ricetta per evitare il rischio di disperdere così tanto materiale in giro per l’etere e, infatti, ciascun brano – pur essendo un mondo a sé – mantiene intatto il cordone ombelicale con la realtà, in particolare con una consistenza che rende perfettamente intelligibili tutti i momenti che formano le singole composizioni. Composizioni che, pur spaziando a destra e a manca senza apparente filo logico, messe insieme formano le tappe di quel lunghissimo viaggio di cui si è parlato più su e che, una volta incominciato, diventa difficile abbandonare: la longevità di “Anomalia” è sicuramente una delle peculiarità più interessanti che Steffen Grønbech e Torbjørn Schei siano riusciti a mettere su disco, e di questo bisogna dargliene il giusto merito. La ‘bellezza’ del CD è, quindi, la sua attitudine a essere sorseggiato lentamente, gustandone ogni molecola di sapore e scoprendo ogni volta un particolare diverso, un passaggio nascosto, una nuova chiave di lettura, un successivo stimolo per l’immaginazione. Con che diventa inutile ovvero riduttivo citare delle song o certi loro itinerari interni e/o di collegamento: dal primo istante di “In Otherness” sino al tramonto di “Va Shia (Into The Spectral Sphere)” tutto vale la pena di essere vissuto e metabolizzato. In toto.   

“Anomalia” è un album eccellente, al di fuori dello spazio e del tempo. Va vissuto senza pregiudizi e limitazioni mentali di sorta. Solo così si potrà apprezzare la grande inventività di due musicisti straordinari che, uscendo da ogni schema, hanno voluto dar vita ai Khonsu: Steffen Grønbech e Torbjørn “Thebon” Schei.
   
Daniele “dani66” D’Adamo
 

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Tracce:
1. In Otherness 9:33
2. The Host 8:05
3. Darker Days Coming 6:41
4. Inhuman States 9:45
5. So Cold 6:16
6. The Malady 5:41
7. Va Shia (Into The Spectral Sphere) 14:31

Durata 60 min.

Formazione studio:
Torbjørn “Thebon” Schei – Voce
Steffen Grønbech – Tutti gli strumenti

Formazione live:
Torbjørn “Thebon” Schei – Voce
Steffen Grønbech – Chitarra
Arnt Ove “Obsidian Claw” Grønbech – Chitarra
Shandy Mckay – Basso
Kenneth Kapstad – Batteria
 

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