Recensione: Antichrist Reborn

Di Marco Donè - 22 Luglio 2022 - 0:05
Antichrist Reborn
70

Leggenda: questo è il termine con cui può essere definito Jairo T. Per i metalhead più datati, perlomeno, quelli che hanno vissuto il mito dei primi Sepultura, quelli di “Morbid Vision”, per capirsi. Sì, perché Jairo T, o Jairo Tormentor – all’anagrafe Jairo Guedz – è il chitarrista che ha incrociato la sua sei corde con quella di Max Cavalera, nei primissimi lavori della formazione brasiliana. Dopo l’esperienza con i Sepultura, Jairo T continuò la sua attività di musicista con varie collaborazioni, senza però riuscire a lasciare il segno come aveva fatto con “Morbid Vision”: il suo nome è profondamente legato a quel disco. Perché non provare a riproporne lo spirito, quindi? Questo è sicuramente quello che ha pensato Jairo T nel 2020, quando ha messo in piedi la sua nuova band, i Troops of Doom: un nome che suona come un’autentica dichiarazione di intenti.

Dopo due EP, nel 2022 i Troops of Doom sfornano il loro primo full length, intitolato “Antichrist Reborn”, pubblicato dall’intraprendente Alma Mater Records, label di Fenando Ribeiro, cantante dei Moonspell. Basta inserire il CD nel lettore e pigiare il tasto play per attraversare un portale spazio-temporale e ritrovarsi catapultati nella seconda metà degli anni Ottanta. “Antichrist Reborn” è infatti un lavoro caratterizzato da quel thrash, intriso di aperture blackeggianti, proprio di quel periodo. Il disco è un vero e proprio assalto frontale, fatto di riff abrasivi, batteria esplosiva e voce graffiante e in your face. In “Antichrist Reborn” riassaporiamo quelle atmosfere che hanno fatto la fortuna dei primissimi Sepultura e Kreator, in cui incontriamo influenze Slayer e Celtic Frost. Un massacro in musica, insomma, soprattutto se consideriamo che le sonorità appena descritte vengono valorizzate – e potenziate, verrebbe da dire – da una produzione “grossa”, al passo con i tempi. E non potrebbe essere altrimenti, visto che a occuparsi del mix è stato un certo Peter Tägtgren: un nome, una garanzia. Se poi ci soffermiamo un attimo sulla copertina, “Antichrist Reborn” acquista ulteriore fascino. Sì, perché a occuparsene è stato Sergio “AlJarrinha” Oliveira, che aveva realizzato l’artwork di “Bestial Devastation”, il primo demo dei Sepultura. L’infernale creatura alata presente sulla copertina di “Antichrist Reborn” è la stessa di “Bestial Davestation”, un particolare che va a creare un ulteriore collegamento tra il passato e il presente di Jairo T.

Dopo l’inevitabile passaggio nostalgico, ci addentriamo ulteriormente nel dettaglio di “Antichrist Reborn”. Come evidenziato poco sopra, il lavoro è sicuramente ben confezionato e riporta in auge delle sonorità tipiche degli anni Ottanta. L’album, quindi, non spicca certo per originalità. La cosa è voluta, ovviamente, ma è giusto sottolinearlo. Soprattutto se consideriamo che “Antichrist Reborn” piazza i suoi colpi migliori nella parte iniziale, perdendo tiro e impatto nelle battute conclusive. Un aspetto che viene forse amplificato proprio da quella mancanza di originalità di cui parlavamo solo qualche riga sopra.

Come considerare “Antichrist Reborn”, quindi? Come un lavoro che saprà far scapocciare gli amanti delle sonorità thrash più violente e malvagie della seconda metà degli anni Ottanta. Un disco ben confezionato, che può contare su una produzione esplosiva. Come detto in sede di analisi, l’album spara i colpi migliori nella sua prima metà – come l’opener ‘Dethroned Messiah‘ – perdendo qualcosa nelle battute conclusive. Nonostante questo, però, “Antichrist Reborn” è un lavoro che merita rispetto, in particolare per la presenza di Jairo T. Un platter che va gustato per quello che è: un viaggio a ritroso nel tempo, in un’epoca magica, in cui l’istinto, l’aggressività e il fascino del lato oscuro rappresentavano le parole d’ordine di un intero movimento. “Antichrist Reborn”, insomma, è un disco genuino, in cui il metallo pesante viene riproposto nella sua essenza primigenia, badando al sodo, alla violenza in musica, e non all’immagine e ai follower sui canali social. Un album che non cambierà le sorti della musica a noi cara, ma che saprà strappare un bel sorriso, carico di soddisfazione. Bentornato Jairo T, avanti così.

Marco Donè

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