Recensione: Antireligion
Pare che la Polonia non la smetta per nulla di sfornare band aventi in tasca un buon contratto discografico. Lo affermano in questo caso i Saratan che, con “Antireligion”, aggiungono il secondo tassello alla loro carriera. Carriera che ha avuto inizio nel 2003 e che, dopo l’autoproduzione di un demo, “Infected With Life” (2006) e di un EP, “The Cult Of Vermin (Promotional Version)” (2007), nel 2008 ha avuto la prima spinta in avanti con la pubblicazione del full-length “The Cult Of Vermin”.
Se con tale lavoro i polacchi non ottennero grandi consensi da parte della critica specializzata, temo, ahimè, che anche con questa seconda creatura la tendenza negativa non cambierà di molto. In questi ultimi due anni, cioè, non c’è stata una progressione tecnico/artistica tale da portare il combo mitteleuropeo agli onori della cronica. Il tiro posseduto dal sound prodotto dai ragazzi provenienti da Cracovia non si mette in discussione, per consistenza e, soprattutto, per furia. È il resto, che continua a far nascere dubbi sulle reali possibilità, da parte dei Nostri, di forare il mercato internazionale.
Lo stile è assestato, senza dubbi, sul thrash più incontaminato, anche se qualche odorino di death, c’è. Thrash «ignorante», cioè refrattario a qualsiasi orpello o abbellimento. Forse qualche tentativo di rendere la proposta meno elementare c’è (“Reject Adonai”), tuttavia affoga nel caotico turbinio (la produzione è confusa e mal calibrata per discernere adeguatamente strumenti e accordi) prodotto da una sezione ritmica semplice e approssimativa, per finire annacquata dal tedio di linee vocali sempre uguali.
Il guitarwork, pur presente e attivo, regala riff già ascoltati troppe volte; cosi come i soli, retaggio di un passato ormai lontano: “Destroy Yourself”, brano potente e veloce è, di ciò, un chiaro modello. Da buon thrash primordiale, non mancano momenti tetri e bui come in “Dead Inside” che, inoltre, propone un ritornello addirittura accattivante. L’aggressività è quella giusta, e in questo sono esemplificative “Antireligion Pt.1” e “My Demise”. Brani come “Pray For The Rest” sono solo, invece, banali reiterazioni di concetti espressi venticinque anni fa, peraltro proposti con l’immancabile stile «alla Chuck Billy». Il mood accigliato dell’album è ogni tanto spezzato da qualche tentativo di uscire dagli schemi, ma il sitar di “Extinguishing The Hope” è un esperimento già abusato oltre i limiti; cimento che comunque si ripete, avvicinando allo strumento una voce femminile nella conclusiva “Antireligion Pt.2”.
Si può salvare il sound, piuttosto personale. Anche se non c’è alcun elemento di novità, questi è sviluppato in maniera relativamente esclusiva. La povertà del songwriting, però, inficia il tutto: dopo parecchi ascolti, non è facile riconoscere le varie canzoni, omogeneizzate dalla confusione più sopra descritta. Dopo un po’ è davvero arduo resistere alla tentazione di premere il tasto per espellere il CD dal lettore.
Non c’è nemmeno un episodio degno di particolar menzione. Segno che manca l’estro compositivo: ci si limita, cioè, a mettere sul rigo musicale sequenze di note e accordi presi a piene mani da altre e ben più nobili realtà.
Se si desidera quindi passare una mezz’oretta per ricaricare le batterie con una buona dose di energia, “Antireligion” può andar bene. Per il resto (che, in sostanza, è il tutto), non credo che nemmeno i thrasher più incalliti troveranno del tempo da spendere dietro all’ascolto del disco.
Daniele “dani66” D’Adamo
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Track-list:
1. Extinguishing The Hope 4:26
2. Antireligion Pt.1 3:11
3. Dead Inside 4:12
4. My Demise 3:26
5. Reject Adonai 3:05
6. Pray For The Rest 3:52
7. Destroy Yourself 3:51
8. Crave Suicide 3:40
9. Antireligion Pt.2 3:37
Line-up:
Jaroslaw Niemies – Vocals, Bass
Adam Augustynski – Guitars
Wiktor Niemiec – Drums
Guests:
Wacek Kiltyka – Solo on Antireligion Pt.1
Jacek Hiro – Solo on Antireligion Pt.2
Daniel Kesler – Solo on Destroy Yourself
Emilia Bardan – Vocals on Antireligion Pt.2