Recensione: Asuelum

Di Vittorio Sabelli - 22 Novembre 2013 - 15:17
Asuelum
Band: Goresoerd
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2013
Nazione:
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65

 

I Goresoerd sono una band di Tallinn formatasi nel 2004 che ha all’attivo due dischi, oltre a un paio di demo, un EP e uno split con i finlandesi Tukkanuotta. Dopo qualche avvicendamento negli anni, la formazione si è finalmente ‘stabilizzata’ per l’uscita del loro terzo full-length “Asuelum”, in inglese “Asylum”. Il titolo in estone non è casuale, poiché l’intero disco è cantato interamente in lingua madre, quindi lasciate ogni speranza voi che ‘entrate’ e vediamo cosa tratta sotto il profilo musicale.

L’urlo sovrumano di Nagy apre le danze con “Depressive Media” dalla quale si evince che il quartetto vira in ambiti punkeggianti con accenni di grind (pochissimo)e *-core (poco), con aperture melodiche e rallentamenti di tempo. La seguente “The Machine” viene letteralmente ‘messa in moto’ come un’auto in fase di partenza e sorgono contorni melodici a far da cornice alla voce aggressiva e tagliente di Nagy. L’intro di batteria di “Hangman” è un fiume in piena con Ken che riporta in auge il punk di cui act come Sodom, Master e Autopsy ne hanno forgiato il loro stile. “King-Director” continua in modo più soft quest’andazzo, e, se non fosse per la voce, di davvero pesante non ci troveremmo altro. L’odore degli anni ’90 tra Rancid e Offspring torna in auge come visioni (non troppo) lontane.

Fortuna che “Soerd” inizia a far intravedere qualche scompenso mentale con le chitarre che si lasciano andare per qualche momento, e le armonizzazioni sono ben congeniate. Lo stesso si può dire per la batteria di Ken, che colpisce a muso duro, anche se il suono non convince appieno. “Cloned God” segue il filone punk/metal sia per le ritmiche sia per la cadenza vocale, nonostante qualche riff metalcore affiori qua e là mentre “Drowned Pet Shelter” inizia con un synth che ben si amalgama al resto, ma sempre su ritmiche e riff abbastanza deboli. “Root Of All Evil” segue a ruota con qualche breve solo di chitarra fuori dagli schemi e qualche ritmica spezzata nel finale che stempera un po’ di ripetizioni riscontrate durante tutto l’ascolto.

“Dead Siberia” ha un’impronta metalcore e viene espressa con buone intenzioni dal quartetto, anche se presto si assesterà su un 4/4 che non lancia troppe emozioni; “Expressway To Hell” torna sui passi dell’opener con qualche breve sezione tra punk e grind, nella quale la voce di Nagy risulta sempre la cosa più interessante. La title-track “Asylum” e la conclusiva “Flying Bastards”, nonostante qualche accordo dissonante e poco più, nulla aggiungono di nuovo a questo disco d’esordio dei Goresoerd, che si capisce da dove parte ma non è ben chiaro dove voglia andare a parare.

Alla prossima!

Vittorio “versus” Sabelli
 

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