Recensione: Awakening

Di Francesco Maraglino - 31 Marzo 2012 - 0:00
Awakening
Band: Phenomena
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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76

Negli anni Ottanta del ventesimo secolo, Phenomena si è distinto come uno dei più appassionanti progetti in ambito hard rock, viaggiando in mezzo a tre album che raccontavano l’eterna lotta tra il bene ed il male attraverso le voci di grandi cantanti adusi a tale genere musicale, quali Glenn Hughes, John Wetton, Ray Gillen e Max Bacon, accompagnati da altrettanto celebri guitarmen.
Nel 2006 la mente del progetto, il chitarrista, produttore e compositore Tom Galley, ha affilato nuovamente le proprie armi per dare un seguito alla gloriosa trilogia, dando alla luce prima il parzialmente deludente “PsycoFantasy”, e quindi, appena due anni fa, il più convincente “Blind Faith”.
L’anno domini 2012 vede sopraggiungere un nuovo capitolo della saga, “Awakening”, ancora una volta attribuito, per verosimili questioni di diritti, al lungo monicker “From Tom Galley the creator of Phenomena”. Non cambia la formula che ha deliziato, in passato, gli appassionati dell’hard rock melodico: ogni brano vede sugli scudi un singer di chiara fama, affiancato da un altrettanto gallonato axeman. Qualcuno di loro era già presente nel precedente full-length (è il caso di Mike Dimeo e Rob Moratti), in altri casi siamo alle prese con fresche new entry in questo progetto.

“Awakening”, lo diciamo subito, è un altro prodotto brillante, impeccabile, il cui limite sta probabilmente solo in una certa inevitabile prevedibilità, nella formula come nello stile musicale, nonchè in un certo andamento monolitico dell’album, spesso caratterizzato da brani di hard rock virile, cadenzato in cui si riscontrano pochi rallentamenti tra una traccia e l’altra: solo “Homeland”, “Dancing Days” e “Stand Up For Love” tendono ad allontanarsi dal rock duro così formulato.
Di contro, va riconosciuto che “Awakening” non mostra momenti di stanchezza, e fluisce piacevolmente dall’inizio alla fine facendo godere all’ascoltatore una vera e propria non-stop di canzoni massicce e melodiche di sopraffina fattura.

Opener del tutto adeguata e paradigmatica è “Smash It Up”, la quale vede Lee Small, vocalist dell’ultimo album degli Shy alla voce, sul proscenio insieme a Mat Sinner e Magnus Karlsson rispettivamente alle quattro ed alle sei corde. La song è, infatti, scandita e marziale, e Lee Small si pone efficacemente sulle orme di Glenn Hughes, mentre Karlsson si rende protagonista di un assolo di chitarra pressoché impeccabile.
Segue “Reality”, con la coppia al fulmicotone formata da Toby Hitchcock dei Pride of Lions (voce) e Mike Slamer degli Steelhouse Lane (chitarra) alle prese con un brano dal potente canto elevato con voce impostata, il quale si scioglie in un hard rock melodico ad alta velocità, impreziosito da un chorus magico e da un solo chitarra di squisita fattura.
Atmosfere più moderate e soft-rock, come si diceva più sopra, ed un mood a tratti swinging che alterna momenti più lenti ad improvvise accelerazioni sono il marchio di fabbrica di “Homeland”, con Rob Moratti dei Final Frontiers e, per un breve periodo, dei Saga, al canto.

La voce calda e sorniona dell’House of Lord James Christian dà la sua inconfondibile marcatura a “Going Away”, insieme ai graffianti riff di chitarra di Tommy Denander e Martin Kronlund, mentre “Gotta Move”, con Ralf Scheepers dei Primal Fear alla voce e Christian Wolff ed ancora Tommy Denander alle chitarra danno vita ad un veloce, drammatico e cinematografico hard rock puntellato anche da cesellature di synth.

“How Long” (ecco ancora Lee Small dietro il microfono) e “Shake” (con Mike Dimeo dei Masterplan) ci riportano nei territori di un cadenzato hard rock, il primo non privo di sfumature bluesy ed il secondo più torrido e ledzeppeliniano, con chitarre in entrambi i casi che tuonano e si presentano come staffilate.

In “Fighter” un efficace Terry Brock (Strangeways) ed un limpido axeman, Steve Newman, ci portano su percorsi deliziosi che si posizionano tra AOR e hard rock ad alto tasso melodico, introducendo l’ascoltatore in un progressivo distacco dal massiccio rock duro che fin qui ha caratterizzato “Awakening”, che si completa con la notevole, svelta e frizzante “Dancing Days”, con tutti i componenti del combo scandinavo Coldspell schierati, ed infine con la corale “Stand Up For Love”, che si apre a cappella e si evolve in un soft rock ancora una volta swingante e pieno di soul.

“Awakening”, a conti fatti, pur collocandosi un paio di tacche sotto il predecessore, a causa anche del suo più monocorde focus sull’hard rock, rappresenta comunque un lavoro di ottima qualità, confermando, ancora una volta, che il marchio Phenomena costituisce una garanzia per gli appassionati di questo genere musicale.

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Line-up:

Martin Kronlund: chitarra e basso
Tom Harlan: chitarra e tastiere
Imre Daun: batteria.
Henrik Thomsen: basso
Per Aronson-Andersson: tastiere

Musicisti aggiuntivi:

Carl Anthony Wright – chitarre
Christian Wolff – chitarra
Tommy Denander – chitarre
Mike Slamer chitarre
Magnus Karlsson – chitarre
Mat Sinner – basso
Tutti i membri dei COLDSPELL
Steve Newman – chitarre, cori, tastiere in Smash It Up

Tracklist:

01-Smash It Up (Lee Small voce Mat Sinner basso, Magnus Karlsson chitarra solista)
02-Reality (Toby Hitchcock voce Mike Slamer chitarra solista)
03-Homeland (Rob Moratti voce Martin Kronlund tutte le chitarre)
04-Going Away (James Christian voce Tommy Denander Martin Kronlund chitarre)
05- Gotta Move (Ralf Scheepers voce Christian Wolff &Tommy Denander chitarre)
06- How Long (Lee Small voce  Martin Kronlund chitarre)
07- Shake (Mike DiMeo Voce Martin Kronlund chitarre)
08- Fighter (Terry Brock voce  Steve Newman chitarre e cori)
09- Dancing Days (Niklas Swedentorp voce con tutti i membri dei Coldspell)
10-Stand Up For Love (Chris Antblad con JAVA Gospel Choir)

 

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