Recensione: Bathory

Di Ivo Dell'Orso - 30 Giugno 2003 - 0:00
Bathory
Band: Bathory
Etichetta:
Genere:
Anno: 1984
Nazione:
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89

Siamo di fronte all’inizio di una delle più grandi e gloriose storie che il Metal abbia mai conosciuto.
L’anno è il 1984 e in quel giugno tre ragazzi, entrano in un non proprio accogliente luogo, per registrare il loro debut album.
All’epoca, gli Heavenshore Studio erano un garage adibito a studio di registrazione e Quorthon e gli altri ci impiegarono 56 ore per registrare questo disco dalle canzoni dalla struttura semplice ma di una importanza storica incommentabile.
L’inizio è affidato a Storm Of Damnation, intro dall’atmosfera claustrofobica e apocalittica, chiaro omaggio ai Black Sabbath dell’omonimo capolavoro; sono usati gli stessi effetti: campane da chiesa, vento e tuoni.
Segue la prima vera canzone del disco: Hades, un riff di chitarra gelido e ripetitivo cui seguono basso e batteria devastanti e poi la voce molto particolare del giovane Quorthon; bello lo stacco centrale che fa riprendere il respiro prima del massacro finale che riprende il riff iniziale.
Reaper prosegue il percorso traciato da Hades: riff ripetitivo con poche variazioni seguito da basso, batteria e voce; poi a metà canzone c’è anche il tempo per un assolo prima del break che ci riporta al riff portante e quindi al finale.
In Necromancy si rallenta decisamente e il ritmo quasi heavy consente a Quorthon di piazzare un assolo veramente ottimo per qualità compositiva e melodica dopo l’ormai indispensabile break centrale.
Sacrifice è massacro continuo e totale: non c’è un attimo di pace e il modo in cui la parte vocale della strofa si adatta su quella strumentale a mio avviso sarà poi utilizzata da Quorthon quattro anni più tardi anche per The Golden Walls Of Heaven (dal capolavoro Blood Fire Death 1988).
Chi credeva che dopo un pezzo massacrante come Sacrifice Quorthon avesse messo un pezzo meno tirato rimarrà deluso: In Conspiracy With Satan è, se mi è concesso, ancora più devastante della canzone che la precede; due minuti e mezzo di pura furia bathoriana che non sfociano mai in qualcosa che possa somigliare a monotonia o idiozie simili.
In Armageddon non c’è tregua per nessuno: nè per gli ascoltatori schiaffegiati dal drumming del pezzo, nè per i peccatori straziati dai forconi dei demoni di cui Quorthon canta; quindi una canzone che si inserisce alla perfezione nella seconda, sanguinosa parte del disco.
Raise The Dead si apre con il suono di luttuose campane seguito dal battito del cuore di un uomo che è ancora vivo al momento della sua sepoltura: tale tematica sarà riaffrontata nel pezzo Call From The Grave (da Under The Sign Of The Black Mark 1987). Il pezzo si presenta lento nella sua struttura portante scandita dallo stesso, ipnotico riff, ma si fa più deciso durante l’assolo; una colpo di gong chiude nel finale la canzone.
Si giunge così all’ultimo pezzo dell’album War, che in poco più di due minuti riassume tutto lo spirito del disco: riff ossessivi, drummingdevastante, assoli sparati a tutta velocità e la voce malata di Quorthon che in realtà è quanto di più dannato ascoltato fino ad allora.
Chiude l’album Outro, traccia strumentale brevissima. I primi Bathory furono accusati di essere i cloni dei Venom su tutti i piani: sia su quello musicale che su quello delle liriche; io riesco a cogliere non poche differenze tra i due gruppi e sono sicruo che Quorthon abbia creato un genere nuovo ispirandosi al massimo ai Motörhead e agli
Exploited per la struttura delle canzoni.
Quindi gli sciacalli che contiuano a nutrirsi di ridicole e patetiche ragioni di non originalità possono fare due cose: 1 – continuare a restare fermi sulle loro convinzioni di cemento a presa rapida; 2 – oppure, non dico capire, ma almeno cercare di afferrare l’immensa importanza di questo album come primo dei Bathory e di queste canzoni per liriche e composizione. Il Black Metal nasce da quest’album, tutti i gruppi che suonano o hanno suonato Black si ispirano ai Bathory e le innumerevoli cover incise da black metal bands di pezzi di Quorthon non fanno altro che confermare tale primato.
Professarsi amanti o esperti di black senza possedere questo infernale debutto è quanto di più blasfemo ci possa essere: compratelo, ascoltatelo e fatemi sapere…se non sarete d’accordo con me, sarete in errore.
Ivano Dell’Orco.

Tracklist:

1 – Storm Of Damnation (Intro) 3:06
2 – Hades 2:45
3 – Reaper 2:44
4 – Necromansy 3:40
5 – Sacrifice 3:18
6 – In Conspiracy With Satan 2:29
7 – Armageddon 2:31
8 – Raise The Dead 3:41
9 – War 2:15
10 – (Outro) 0:22
Total running time: 26:56

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