Recensione: Ben-Wa Baby Heads

Di Matteo Bovio - 8 Agosto 2004 - 0:00
Ben-Wa Baby Heads
Band: Retch
Etichetta:
Genere:
Anno: 2002
Nazione:
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62

Tornano a grufolare nelle nostre orecchie i Retch: un duo formato da pazzi che a quanto pare amano sbattere in faccia tonnellate di intransigenza, senza temere di risultare ridondanti o esagerati. Il tutto in un contesto a modo loro ironico (si dia un’occhiata alla copertina, che rappresenta… bè, il titolo spiega tutto). Stavolta però è un full-lenght e non più un Ep il terreno sul quale i nostri devono dimostrare di saperci fare. E la prova è modesta, forse un po’ più ispirata rispetto all’esordio, ma con gli stessi identici limiti, superati solo in piccolissima parte.

Farei dunque una breve rassegna degli elementi salienti di questo Cd. Il cantato è un gutturale che di umano non ha assolutamente nulla, supportato da una seconda voce meno atipica e, come prevedibile, di timbrica opposta. I vocalizzi così alternati si integrano perfettamente nel contesto: Brutalgore ultra-cafone, rispettoso fino alla parodia di ogni clichè.
Devo poi constatare, con la stessa rassegnazione con cui si sgrida per l’ennesima volta il cane che ha fatto i bisognini in casa, che il gruppo non ha saputo fare a meno del proprio elemento di distinzione: la batteria (o meglio, drum-machine) più casereccia ed ignorante che si possa sentire in circolazione. Se in una certa misura questa volta sono riusciti a darsi una regolata, non sono sfuggiti alla tentazione di far partire stacchi senza il minimo significato; e ovviamente non è stato sprecato neanche un minuto per dare una parvenza di umanità al plasticoso suono dello strumento. La cosa preoccupante è che il tutto è da imputarsi ad una precisa scelta del duo… Ma da un gruppo simile è lecito aspettarsi veramente di tutto.

Il lavoro di chitarra, peraltro già buono su Reinsertion Of Aborted Remnants, si fa in questa occasione ancora più interessante. Ben studiato, eseguito in maniera impeccabile, una specie di mosca bianca in mezzo a tanto putridume. La struttura del riffing rimanda direttamente al tipico suono americano, e smorza parzialmente l’impronta rozza suggerita da tutto il resto. Per compensare questa parziale ripresa di stile, i Retch sfruttano la maggiore durata del lavoro per poter inserire un maggior numero di sampler, di natura rigorosamente perversa.

Insomma, Ben-Wa Baby Heads è un lavoro dedicato ad un numero altamente ristretto di ascoltatori. Vietato l’approccio a chi non mastichi con una certa frequenza abbondanti dosi di Gore, in ogni sua forma musicale. Il voto è da intendersi rigorosamente in tale ottica, anche se devo ammettere che un altro prodotto sulle stesse coordinate sarebbe completamente inutile. Per il momento un paio di punti in più rispetto al passato per la parvenza di maggior maturità (oddio che cazzata che ho detto…) e perchè nell’arte di unire indecenza e provocazione i Retch si sono dimostrati dei veri maestri.
Matteo Bovio

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