Recensione: Black and Gold

Di Susanna Zandonà - 23 Agosto 2022 - 14:40
Black and Gold
Etichetta: AFM Records
Genere: Hard Rock  Heavy 
Anno: 2022
Nazione:
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80

Un giorno Zeus decise di mettersi ad ascoltare hard rock, ma proprio mentre stava per mettere la puntina sul vinile, dal suo dito partì involontariamente un fulmine che andò a colpire la terra: un boato riempì l’aria che si saturò di polveri. Il cielo si fece tutto d’un tratto buio, un lampo solcò il l’atmosfera e mentre la polvere pian piano si depositava, fra i detriti fecero capolino le ThunderMother che iniziarono a performare: “The light in the sky”, prima traccia del quarto album in studio.
“Black and Gold”. BOOM!
O almeno, questo è quello che mi sono immaginata quando ho cliccato “play” e le prime note di “The light in the sky” hanno iniziato ad invadermi la testa attraverso le cuffiette.

La chitarrista Filippa Nassil asserisce che ognuna delle canzoni dell’ album è concepita come fosse una hit a sé stante e pensiamo abbia ragione. La recensione potrebbe tranquillamente concludersi qui, ma il bello è che siamo solo all’inizio. La miscela di elementi hard rock e la sapiente combinazione di elementi decisamente più pop lo rendono un album godibilissimo e versatile.

Lo puoi mettere su mentre sei in tour per l’America con Scorpions e Whitesnake, ma anche mentre cucini. Ed è questa la forza incredibile di quest’album: potenzialmente potrebbe piacere a chiunque.

C’è qualcosa nella voce di Guernica Mancini a ricordare le riot grrl degli anni ’90: una prima Courtney Love all’epoca delle Hole di “Live Through This”, una miscela esplosiva di hardcore punk ed alt rock irresistibile che ti fa venire voglia di cantare a squarciagola. La stessa grinta che trasmettono donne della risma di Joan Jett in “I love rock and roll” e il groove semplice di batteria alla “We will rock you”, che insieme ti fanno venire voglia di battere le mani a tempo, per una canzone trascinante e di grande impatto. “Hey! What do you want / we stand united / we are one with you / we are here / we stand together”. Ma non abbiamo tempo da perdere in chiacchiere, passiamo quindi senza troppi preamboli a “Black and Gold”. Le ragazze sono dirette e ce lo fanno capire fin da subito. La canzone che da il titolo all’ album inizia con quei classici coretti tipo: “wowowow” che ti fanno venire voglia di saltellare sotto al palco, la chitarra alla Bon Jovi (molto It’s My Life) riempie l’aria di elettricità e la carica si percepisce. Il testo parla di fare parte della tribù e indossare con orgoglio gli stessi colori “nero e oro”, appunto.

Raise your hands” spicca sicuramente per la chitarra graffiante, 3 su 4 componenti del gruppo sono svedesi, ma questa canzone è l’emblema della Svezia come lo è l’Ikea. Dentro ci senti gli Hardcore Supestar o i Crazy Lixx nella prima decade del 2000. Basta origliare bene tra una libreria Billy e uno scaffale Kallax. “Hot Mess” è il piccolo capolavoro; la secchiona che nessuno ha mai veramente considerato, che al ballo della scuola si presenta ben vestita ed eclissa tutte le altre ragazzette presenti, insegnando loro che cosa vuol dire avere stile. Nel caso di Guernica si presenta con due orecchini grandi, un vestito a tubino, un’ acconciatura gonfiata anni ’60 con tanto di frangetta e caschetto alla Aretha Franklin e seduce tutti con una voce da vera leonessa alle prese con un brano degli Aerosmith. Decisamente colossale.

Wasted”, “Loud and free” e “Watch Out” sono i classici brani da party a cui abbinare una bella birra fredda. “I don’t know you” possiede la carica della chitarra anni ’80 di Richie Sambora in “Bad medicine”, stessa percezione per “Try with love” in cui però lo stile ritmico ricorda più i Motley Crue. Una linea di basso veloce, questo “tututututu” di fondo sferza l’aria come le pale di un elicottero, davvero alla Nikki Sixx. Impossibile non rimanere conquistati.

All looks no hooks”, attrae particolarmente per il testo: “all looks, no hooks / I’m not your honey / I don’t fit your frame / all looks, no hooks / time to change the game”, in questa frase riassumiamo l’intero messaggio che le Thundermother ci vogliono comunicare. I do it my own way e se non ti piace così, non sei il benvenuto alla nostra festa. “Borrowed Time”, la canzone che chiude l’album rallenta finalmente il ritmo.
La serata (indimenticabile) si è conclusa, l’adrenalina è ancora nell’ aria e mentre guardi le musiciste performare quest’ultimo brano, non puoi che sentirti la testa leggera e il cuore battere a mille. Rimane solo l’amarezza della conclusione. Un momento così dovrebbe durare per sempre, purtroppo lo abbiamo solo preso in prestito: “every single night / and I want to live forever / but I know it’s just a lie / it’s just borrowed time / borrowed time...”.

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