Recensione: Black Chaos

Di Vittorio Sabelli - 12 Dicembre 2012 - 0:00
Black Chaos
Band: Profanal
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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82

Da ormai un quarto di secolo la scena europea ci delizia con decine e decine di act dedite al death metal, e non c’è bisogno di andare lontano: basta rivolgere uno sguardo in casa per avere un ampio spettro di quante band si cimentino col metallo pesante sotto diverse sfaccettature con risultati eccellenti. Ciascuna di esse mette in gioco elementi tecnici ed espressivi che caratterizzano quello che è il punto di arrivo: il sound.

Nel caso dei Profanal si entra nel cuore del genere, perché si attinge dagli archivi storici di chi l’ha marchiato a fuoco, con una particolare predilezione per il vecchio continente che ha visto Nihilist, Nirvana 2002, Dismember, Entombed, Grave proporre un nuovo sound che sarebbe stato da modello per le band future. E se a cavallo tra anni ’80 e ’90 la così detta, ormai, ‘old school’ portava un’ondata di freschezza e novità, gli anni seguenti avrebbero visto un periodo buio per il genere, con l’inevitabile trasformazione sotto nuove vesti e altre direzioni.

Chi si sarebbe aspettato da cinque livornesi un ritorno alle origini, proponendo un sound che nulla ha da invidiare a ben più blasonate band? Se non avessimo ascoltato i due demo 2007 e “Rotten Body” (2009), potremmo rimanere confusi dal sound dell’ensemble, se non altro perché i primi due capitoli, insieme ai due split dello scorso anno – con Funeral Whore e Obscure Infinity – lasciavano già intuire le potenzialità dei Nostri e l’attesa era per il grande passo verso un full-length… che finalmente è arrivato: “Black Chaos”.

La cover old style, che prosegue coerentemente il discorso iniziato con l’artwork dei demo, ci catapulta già nell’atmosfera che si cela dietro di lei. Un’atmosfera tetra e desolata, che racchiude in poco più di mezzora il profumo della Scandinavia, ma non solo. L’“Intro” è fatto di voci sofferenti che si perdono nei meandri dell’oscurità, anticipando l’opener “Walls Of Agony”, biglietto da visita che non lascia spazio alla razionalità: l’istinto la fa da padrone e non lascia il tempo di pensare. Perché il combo capitanata da Rosy scalda i motori e parte a mille con il pressante riffing che viene solo occasionalmente spezzato dai soli di Kristian e dai cambi di tempo di Nicco. “Into The Abyss Of Grief” prosegue il viaggio in terra svedese con intriganti riff, sempre ben sostenuti dall’asse composto da Nicco e Daniele, mentre “Black Chaos Horde” enuncia il momentaneo passaggio in Norvegia per attingere da atmosfere black sia nei riff che nell’espressività di Rosy. Il ritmo cadenzato di “Torment Of Saturn”, dallo split “United In Death”, strizza un occhio all’America dei primi Death, ma l’improvviso doom è marchio di fabbrica Reifert e Autopsy. Gli stacchi iniziali di “Submission Of The Beast” creano l’atmosfera giusta per Rosy, che enuncia «Possessed From The Inside, The Beast Now Kneels Down, Before Of My Burst Of Fire, This Demonical Creature Of Fury», ed è eloquente come la loro musica possa in qualche modo scaturire da questa frase. “Conquering Cemeteries” scorre via a mille tra ritmi infernali e riffing a mitraglia, mentre “Worship The Skull” è l’unico brano che porta la firma dell’intera formazione. Del resto la mano esperta di Kristian se ne occupa con buona vena in fase compositiva, naturalmente senza dare troppo spazio a elementi originali: ma non è questo che esalta un disco del genere, quanto il sound risultante dall’amalgama dei Cinque e la potenza che ne scaturisce. Il ritmo preso in prestito dai Master di Speckmann spinge sull’acceleratore finché il basso ci anticipa una sezione slow-tempo da capogiro: suoni dell’anima esaltati dall’ottima cabina di regia di Damian Herring. La strumentale “The Bright Light Of Death (Outro)” lascia inaspettatamente spazio alla melodia e agli intrecci chitarristici, come a volersi congedare in modo gentile e cortese dopo il bombardamento continuo.

Abbiamo atteso sette lunghi anni per “Black Chaos”, ma sono stati ben ricompensati: un plauso ai Profanal e una menzione speciale a Rosy, che, oltre ad essere tra i/le migliori singer nel circuito, si accolla – da buon leader – le lyrics dell’intero disco, con la sola esclusione di “Into The Abyss Of Grief”. Il suo growl gutturale e corposo è un patrimonio nazionale da tutelare, nonché una garanzia per una delle band che ricalca in maniera esemplare le gesta dei Padri del genere.
 
Vittorio “VS” Sabelli

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Tracce:
1. Intro 0:49       
2. Walls Of Agony 4:00
3. Into The Abyss Of Grief 4:18
4. Black Chaos Horde 3:19
5. Torment Of Saturn 4:43      
6. Submission Of The Beast 4:36
7. Conquering Cemeteries 3:30
8. Worship The Skull 4:48
9. The Bright Light Of Death (Outro) 3:09

Durata 33 min.

Formazione:
Rosy – Voce
Kristian – Chitarra
Burchi – Chitarra
Daniele – Basso
Nicco – Batteria
 

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