Recensione: Born to Fly

Di Francesco Sgrò - 27 Gennaio 2019 - 0:01
Born To Fly
Band: Jetboy
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2019
Nazione:
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80

“A volte ritornano”: queste sono le prime parole che vengono in mente, quando un gruppo storico come i Jetboy torna alla ribalta dopo ben ventinove anni dall’ultima fatica in studio (era infatti il 1990, quando venne pubblicato il secondo album di questi rockers americani, intitolato “Damned Nation”).

Da quel momento, una fitta ombra è calata sul nome dei Jetboy lasciando forti dubbi sul futuro di una band che, pur non avendo mai raggiunto il successo di icone come Poison e Mötley Crüe, ha saputo comunque ritagliarsi un proprio spazio all’interno del grande calderone Rock degli anni ’80, con due album divenuti cult fra gli appassionati del genere.
Forti segnali di un ritorno in pista del combo americano si sono effettivamente palesati nel 2006, quando la band si è di fatto riunita, seppur con solamente Mickey Finn (Voce), Fernie Rod (Chitarra) e Billy Rowe (Chitarra), quali superstiti della line up originale.

Soltanto nel 2015, grazie all’ingresso in formazione del bassista Eric Stacy e del batterista Al Serrato, gli alfieri americani del Glam Rock, hanno trovato una formazione stabile e, nel 2019, sono tornati ufficialmente a “volare”, con la fresca uscita di questo “Born To Fly”, pubblicato sotto la sapiente attenzione della nostrana Frontiers Music.

Fin dai primi istanti della sostenuta “Beating The Odds”, è lampante come le coordinate musicali della band siano rimaste invariate nel corso degli anni: la traccia apripista è infatti un ottimo esempio di Hard Rock old school, dominato dall’alcolica e grintosa voce di un Finn particolarmente in forma, nonostante i tanti anni trascorsi dai tempi degli esordi.
Il ritmo cadenzato e massiccio della spensierata title track, riporta magicamente le lancette del tempo ai gloriosi anni ’80, per un momento musicale di assoluto valore in cui i nostri non mancano di onorare la lezione ricevuta da grandi artisti come AC/DC e Def Leppard.

L’elevata dose di adrenalina espressa dalla seguente “Old Dog, New Tricks”, dimostra la piena intenzione dei Jetboy di divertirsi e far divertire, attraverso melodie semplici ed ammiccanti, le quali permettono all’album di scorrere tranquillamente anche nella solare e rilassata “The Way That You Move Me”.
Si torna su sentieri più squisitamente rock con la bella “Brokenhearted Daydream”, un brano che sembra rievocare piacevolmente le ariose sonorità tipiche dei britannici Magnum (quelli di “Vigilante”).

La ruvida e divertente “Ispiration From Desperation” fa il paio con la diretta “All Over Again” che, a sua volta, è seguita a ruota dall’orecchiabile “She”, la quale mantiene alto il clima di assoluto divertimento che si respira nelle trame musicali dell’album.
“A Little Bit Easy” e “Every Time I Go”, proseguono con coerenza sulla scia di semplicità e spensieratezza tracciata dalle tracce precedenti e avviano il disco alla conclusione, scandita con successo dalle irresistibili e fumose “Smokey Ebony” e “Party Time!”, ulteriori conferme di quanto i Jetboy siano in forma ed in piena ispirazione creativa.

“Born To Fly” rappresenta il grande ritorno di un gruppo di grande livello che, da sempre, avrebbe meritato maggior attenzione e successo.

 

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