Recensione: Brain Dead

Di Manuel Gregorin - 5 Maggio 2022 - 0:01
Brain Dead
Band: Re-Machined
Etichetta: Pride & Joy Music
Genere: Heavy 
Anno: 2022
Nazione:
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77

Signori questo è l’heavy metal!
Quello più classico, senza parti sinfoniche, orchestrali, folk, passaggi prog, contaminazioni Nu o death con concessioni alle growl vocals.
Tutte cose che negli opportuni contesti, abbiamo certamente apprezzato e che anzi, hanno in più occasioni portato nuova linfa vitale al nostro genere preferito impedendogli di implodere su se stesso. Ciò non toglie che alla stregua di una rimpatriata fra vecchi amici, faccia sempre piacere ritrovare quel bel metallo tradizionale fatto di chiodi, borchie ed headbanging. Quello senza nemmeno gli eccessi e le tamarrate del genere stesso (alla Manowar per capirci) tipo avere la doppia cassa più veloce, l’assolo più virtuoso, l’ampli più rumoroso o l’acuto più alto. Niente di tutto ciò. Solo dell’onesto heavy metal di stampo ottantiano con strizzate d’occhio al hard rock.
Questo è quanto offrono i tedeschi Re-Machined che con questo “Brain Dead” giungono al secondo capitolo discografico della loro carriera. Edito da Pride & Joy Music, i nostri sono dediti come già specificato, ad un heavy classico che pesca a piene mani dai capisaldi della N.W.O.B.H.M. oppure, per quanto riguarda la scena teutonica, più dai primi lavori di Running Wild, Grave Digger ed Accept che non dalla scena power degli anni successivi, di cui molti loro connazionali sono porta bandiera. La formazione, che vede Bruno Strasser al basso, Horst Pflaumer ed Andy Glanz alle chitarre, Thomas “Platti” Ritter alla voce e Volker “Breaker” Brecher alla batteria, anche per questo secondo lavoro si avvale della collaborazione del produttore Markus Teske, già al mixer del loro debutto discografico “Wheels Of Time” risalente al 2020

Un riff di secco e diretto accompagnato da un urlo sguaiato apre le danze in “Raise Some Hell“: un heavy metal di stampo classico con suoni di chitarra dal sapore thrash o US power (anni 80 ovviamente) e ritornello anthemico che ci fa capire fin da subito la direzione in cui vogliono andare i Re-Machined. La title track successiva ha invece la struttura di un massiccio mid tempo con le robuste ritmiche di chitarra a farla da padrone, caratteristiche queste presenti in larga scala su questo Brain Dead, come ad esempio l’hard rock sanguigno di “The Sleeper“. Con “Demons” invece si gioca la carta dell’orecchiabilità e dei ritornelli catchy di facile impatto sull’ascoltatore.

Non sì può far a meno di notare fin dai primi ascolti di questo lavoro, come i vari brani, per quanto non si discostino di un millimetro dal metal classico, brillino tutti di luce propria.

Grazie ad una buona abilità compositiva, infatti, la formazione tedesca evita di cadere nella trappola delle canzoni fotocopia che potrebbero insidiarsi procedendo nell’ascolto del disco. Ogni capitolo di questo platter è come se avesse un suo marchio di fabbrica personale. Così possiamo spaziare sulle melodie di facile presa che troviamo ancora su “Standing On The Edge“, dove la mente corre agli episodi più melodici dei Saxon nel periodo anni 80. Oppure godere di “Black King“, dove si esplorano i territori dell’epic metal in un mid tempo roccioso dalle atmosfere maestose. O ancora “Road To No Man’s Land” con il suo intro dal sapore orientale e l’andamento oscuro.

Notevole anche la prova dei musicisti della band: con Pflaumer e Glanz a macinare riff ed assoli coadiuvati dalla sezione ritmica solida e quadrata di Teske e del bassista Bruno Strasser, senza dimenticare la voce potente e graffiante di Thomas Ritten. Magari a voler trovare una pecca, forse questa sta proprio nel cantante Ritten, che tende a non convincere pienamente sulle parti vocali più melodiche. Un dettaglio tutto sommato trascurabile, soprattutto tenendo conto del fatto che, nonostante il nostro genere musicale preferito ci abbia donato molte ugole d’oro, anche le voci meno aggraziate hanno sempre avuto il loro spazio (vedi Ozzy Osbourne e Lemmy).
E comunque resta il fatto indiscutibile che con i Re-Machined ci troviamo di fronte ad una squadra ben affiatata e determinata nel svolgere nel migliore dei modi il loro compito.

Stand Up And Fight” richiama alla mente (e all’orecchio) certe cose fatte dai Grave Digger con una miscela di potenza e melodia dalle tinte epiche. “Into The Dark” invece è un brano ritmato ed incalzante con interessanti armonizzazioni di scuola Iron Maiden. “Because I Hate You” è invece un metal anthemico, una formula trita e ritrita certo, ma che nel corso degli anni ha fatto la fortuna di molte band ed è diventata un marchio di fabbrica di questo genere musicale.
In conclusione “First In Your Face“, che inizia con un riff che potrebbe ricordare quello della storica “Symphony Of Destruction” dei seminali Megadeth. Ovviamente una similitudine che non significa plagio, visto che il brano poi si sviluppa in una struttura sua, diretta e senza scrupoli, proprio come la dichiarazione di intenti esposta nel titolo.

Veramente un’uscita interessante: un lavoro schietto che senza troppi giri di parole ci ricorda che anche nel 2022 l’heavy metal più tradizionale ha ancora molto da dire.
Certamente con “Brain Dead” i Re-Machined non hanno pubblicato un capolavoro, ma hanno le caratteristiche per poterlo fare in un futuro neanche troppo lontano.

Una band da tenere d’occhio…

 

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