Recensione: Breakdown to Breakthrough
I Pump sono la creatura dell’ex cantante dei Brainstorm, Marcus Jurgens che, separatosi dalla band originaria, ha messo in piedi un progetto heavy rock che raggiunge oggi il secondo capitolo della sua esistenza: Breakdown to Breakthrough.
Il 2004 fotografa il momento d’oro del quintetto infatti, dopo la pubblicazione del debutto Against Everyone’s Advice, si è riversato sull’attività live supportando prima gli Axel Rudy Pell nel tour europeo e poi i Queensryche in quello tedesco acquistando fans e guadagnando necessari punti di esperienza.
Duro colpo nel 2005 inferto dalla vecchia label che li ha inspiegabilmente sfrattati e, come manna dal cielo, la Metal Heaven giunge loro in soccorso proponendo non solo un nuovo fiammante contratto ma, “regalando” l’ingaggio di un ulteriore membro: il batterista dei Sanvoisen Achim “The Animal” Keller.
Entrati negli Area 51 Studio (Guano Apes, Kreator, Ufo) insieme al produttore Tommy Newton (Victory tra gli altri) i Pump hanno trascorso il loro tempo lavorando sul disco in esame, fermandosi soltanto per un paio di festival, lo United Forces Of Rock ed il Metal Inside Fest
Se, da un lato, la produzione di Breakdown to Breakthrough risulta a tutti gli effetti ineccepibile, non si può parlare allo stesso modo del songwriting mediamente abulico e ripetitivo, catalizzatore d’attenzione nelle prime tracce e protagonista di un crollo vertiginoso nella seconda metà dell’album con qualche piccola e sparuta eccezione.
Le due asce, Axel Reissmann e Ulli Hauff, garantiscono, insieme all’ottimo Keller, una sezione ritmica di spessore rendendo il compito di Marcus più semplice del previsto anche se il suo modo di esprimersi non convince appieno: grande strumento vocale “utilizzato”, però, con una certa sufficienza e, forse, da lui stesso sopravvalutato.
Lo spiccato tentativo di mischiare un suono old-style a quello moderno è riuscito e, se non fosse per la debole struttura base già presa in esame, brani quali Revolution on My Mind o Bulletride accederebbero a settori ben più elevati.
Pessima la semi-ballad I Cant Deny e infantile Bulletride, convincono invece l’esaltante Higher con il coro anni 80′ e, stranamente, l’up tempo Blood on the Blade.
La sensazione è che i tedeschi si trovino a loro agio quasi esclusivamente coi mezzi tempo e con l’apporto del classico riff-killer ripetuto all’infinito; limitazione genetica che preclude la possibilità di ascoltare qualcosa di anche “vagamente” originale.
I fedelissimi di Dokken e Victory si avvicinino tranquillamente a questi Pump, squisito passatempo in attesa dei lavori dei soliti noti.
Un suono volutamente groovy ed un’atmosfera da “vecchi tempi” potrebbero fare al caso vostro ma fate attenzione a non incensare un gruppo che di strada da percorrere ne ha ancora tanta, troppa.
Teniamoli moderatamente d’occhio.
Gaetano “Knightrider” Loffredo
Tracklist:
1.Revolution on my mind
2.Blood on the blade
3.Higher
4.Save me
5.I cant deny
6.How does it feel?
7.Alright now
8.Headstrong
9.Bulletride
10.Heaven High
11.Who made you a madman?