Recensione: By The Corner Of Tomorrow

Di Pasquale Ninni e Leonardo Ascatigno - 1 Maggio 2021 - 14:37
By The Corner Of Tomorrow
Etichetta: Scarlet Records
Genere: Hard Rock  Heavy 
Anno: 2021
Nazione:
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Per quanto ogni vita rappresenti un unicum assoluto esistono alcuni elementi che accomunano tutte le esistenze, esperienze che si caratterizzano come comuni e che rimangono, anche se appartengono a un passato ormai remoto, scalfite nella mente di ognuno e che giocoforza riemergeranno inconsapevolmente alla prima occasione utile anche a distanza di anni. Tra queste non si può menzionare la locuzione latina dall’origine ignota “repetita iuvant” che, sin da subito, entra nel bagaglio lessicale di ognuno, appagando l’ego culturale di tutti anche di chi non è propriamente avvezzo alla pratica del latino. “Le cose ripetute aiutano”, questo da subito si impara per non dimenticarlo più; l’espressione entra subitanea nel repertorio di tutti e alla prima occasione utile si fa sfoggio di questo latinismo in quanto, effettivamente, la locuzione difficilmente potrebbe essere smentita.

Ovviamente l’accezione da attribuire alla locuzione è da intendersi come positiva, come un invito a ripetere qualcosa affinché da ciò si possa trarre un giovamento. Questo insegnamento esistenziale si assimila quindi grazie a questa espressione e molti, pur di non smentirsi rischiando di cadere e poi raccogliere i cocci, preferiscono reiterare, ripetere, ribadire, rifare, replicare, confermare, rinsaldare, riaffermare, avvalorare, quanto di meglio sanno fare evitando di innescare scosse telluriche che potrebbero destabilizzare con effetti disastrosi per adagiarsi a un più confortevole e affettuoso eco che si erge a emblema di sicurezza e ripetizione garantista.

Questo devono aver pensato gli Band Of Spice nel momento in cui hanno progettato la loro ultima fatica ‘By The Corner Of Tomorrow’.

Christian Sjöstrand, leader e cantante della band, da lustri si muove, e si muove bene, tra quelle sfere d’influenza fatte di Hard Rock ed Heavy Metal.

Quindi chi ha intenzione di appagare la propria sete di novità dovrebbe cambiare via e indirizzarsi verso altri lavori, ma questo non significa che ‘By The Corner Of Tomorrow’ non sia un disco piacevole, godibile e in grado di instaurare, per genere, melodie e suoni, sin da subito un feeling con l’ascoltatore.

Probabilmente durante l’ascolto si nota che lungo lo scorrere dei brani si perde la carica che emerge sin dall’inizio, ma questa è una caratteristica, purtroppo, abbastanza diffusa.

Traspare, comunque, la voglia di farsi contaminare da altri generi, così come emerge dall’ascolto, per esempio, di ‘Tehom’ o di ‘The Sharp Edge’, che strizza l’occhio al genere Stoner.

Il sound dell’album è sporco e ruvido eppure risulta molto compatto e coerente col progetto stesso. La voce di Christian “Spice” Sjöstrand è indimenticabile e allo stesso tempo rappresenta il suo marchio di fabbrica e costituisce il pilastro del sound della band, almeno sulla carta. Per chi fosse all’oscuro o non conoscesse questo nome, si sta parlando di colui che ha contribuito a rendere celebri piccoli capolavori col monicker Spiritual Beggars.

Una timbrica così indovinata non è propriamente comune, soprattutto se poi si ha in mente di usare la formula “power trio” per antonomasia. Si comincia con ‘The Fading Spot’ e a dirla tutta è un bel biglietto da visita. Ci si trova in pieno rock and roll, di quello a cui la band sopracitata ci ha abituati nel corso degli anni. Le premesse per un bel disco ci sono tutte, nel wall of sound forse sono più “essenziali” e meno gonfi rispetto alle produzioni dei Spiritual Beggars, ma forse la scelta è stata fatta a favore di qualcosa di più vintage.

Alle prime note di ‘Call Out Your Name’ però si evidenziano i primi sintomi di quello che si rivelerà il problema più grande dell’album: il riff di questo brano è stato costruito sulla stessa cellula ritmica del precedente e sembra assurdo che nessuno, tra i membri della band e gli addetti ai lavori, lo abbia notato. Questo evidenzia, come già anticipato, il “tasto dolente” dell’intero lavoro: la mancanza di creatività. Se si è alla ricerca di qualche guizzo oppure un singolo passaggio che in gergo “vale tutto il disco” purtroppo ‘By The Corner Of Tomorrow’ si rivelerà deludente. Al contrario, per chi è alla ricerca del sound da cantina, da ascoltare a tutto volume facendo due chiacchiere tra amici in una birreria ha davvero fatto centro. Riffing basic e groove potente, queste sono le caratteristiche strumentali.

By The Corner Of Tomorrow’, la title track nonché secondo singolo, è purtroppo uno dei punti più bassi del disco. Lo strumming ostinato rappresenta una bella idea, un crescendo poco accentuato e molto orecchiabile, ma le melodie vocali sui versi e soprattutto nel chorus sono davvero scontate e a tratti fino troppo già ascoltate. Una ballata molto sottotono, dove lo stesso Spice risulta poco convincente e per nulla ispirato. Un gran peccato.

Il riffing di ‘Midnight Blood’ è quanto di più sabbathiano ci possa essere, l’ingresso è potente, ma perde con la parte centrale durante l’arpeggio. Un brano dal sound molto anni ’70, con tanto di parte strumentale con basso in risalto in crescendo accompagnato da psichedelia pinkfloydiana.

Le Ballate purtroppo sono il punto debole dell’intero platter o comunque sarebbe più corretto parlare di mid tempos. La mancanza di un carisma chitarristico in style Michael Amott è evidente. Spice si concentra dunque sulla voce (che per quanto dannatamente bella da sola non basta), a discapito di una ricerca alla sei corde che, anche in minima parte, avrebbe fatto la differenza in ciò che si sta ascoltando. ‘Reglutina’ ne è la prova lampante, un brano che risulta stucchevole e pedante per tutta la sua durata.

Il potenziale della band non viene messo molto in risalto da questo punto di vista, infatti la sezione ritmica avrebbe davvero molte cose da dire. Belle incursioni, interessanti gli scambi tra basso e batteria e una notevole cura dei dettagli sugli anticipi o i break. Il tutto per cercare di rendere meno piatto il risultato finale, armonicamente molto povero e inconsistente di idee interessanti. Bob Ruben alla batteria e Alexander Sekulovski al basso escono dunque a testa alta.

‘Cold Flames è senza infamia e senza lode, con un riff (e successiva evoluzione) in cui la semplicità forse è al limite del sopportabile. Gli special in arpeggio sono un marchio di fabbrica nei brani scritti da Spice, probabilmente anche lui sente la necessità di incursioni in altri contesti pur di non creare un qualcosa di monotono. La ballata ‘Rewind The Wind’ chiude l’intero disco e anche qui non si registrano grandi cambiamenti rispetto all’idea iniziale e infatti il tutto suona incredibilmente Planet Caravan, con le dovute mediazioni del caso e con l’aggiunta di uno dei finali più “fuori contesto” mai ascoltato negli ultimi anni.

Il disco rappresenta un lavoro che non rimarrà scolpito nella storia della musica, ma il livello di Spice mette in paziente stand by l’ascoltatore in attesa di un prossimo lavoro che riesca a superare le zone grigie emerse in ‘By The Corner Of Tomorrow’.

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