Recensione: Caesar (Roma vol.I)

Di Giuseppe Casafina - 15 Aprile 2017 - 14:30
Caesar (Roma vol.I)
Band: Hesperia
Etichetta:
Genere: Heavy 
Anno: 2017
Nazione:
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85

Spesso il vino buono, quello davvero genuino, si dice sia roba per pochi enologi.

A tutti gli altri va la roba sì genuina, sì poco artefatta, ma le vere perle del gusto sono, come sempre per pochi, raffinati intenditori.

Tal breve parentesi di enologia mi pare infatti sia il perfetto metodo per introdurre, con grazie ed eleganza, l’ultima fatica discografica di Hesperia, progetto fieramente italico da sempre snobbato dalle masse per motivi assai ignoti e, per una volta tanto, non vorrei perder troppo tempo e parole per parlar di tali indegni, perché costoro questa volta non sanno cosa si perdono.

“Caesar (Roma Vol.1)”, primo capitolo di una saga dedicata alla storia romana, è un disco speciale per svariati motivi: il primo è perché celebra in grandissimo stile i venti anni trascorsi dalla fondazione del progetto Hesperia, il secondo è dovuto alla bellezza del disco in sè, una vera perla discografica pensata realmente per pochi intenditori. Questa volta però, sarebbe un vero peccato supremo non poter aprire la mente, specie quella più conservatrice, allo scopo di poter scoprire le eccelse doti artistiche dietro un disco totalmente devoto alla propria espressività, alla propria forza compositiva e, perché no, anche al coraggio di colui che l’ha composto.

Siamo infatti al cospetto di un’opera coraggiosa, sicuramente non di facile assimilazione per coloro che sono abituati ai soliti cliché: dietro questa mia considerazione vi sono dietro numerosi fattori, in primis la scelta dell’italiano e del latino che, nonostante sia da sempre un marchio del progetto, di sicuro non si tratta di una scelta in grado di riscuotere chissà quali ampi consensi di popolo. Fatta tale premessa, proseguiamo con un fattore sicuramente ‘invisibile’ ai più ma che spesso denota il mancato apprezzamento di un’opera musicale: la produzione. Personalmente, secondo esperienze dettate dalla mia passione per l’ingegneria del suono, ho sempre pensato che la produzione sia quel qualcosa in più, quel lessico in grado di rendere più ampio e comprensibile il linguaggio, cioè quel discorso che è poi la musica stessa.

Hesperus questa volta ha ben aguzzato le orecchie, puntando su dei suoni secchi, facilmente comprensibili all’orecchio, poco annegati nei riverberi nonostante l’ovvia epicità dell’opera: il risultato è un suono che colpisce per quel che esprime come forza innata, piuttosto che pavoneggiarsi dietro l’effige di metodi arguti quali ambienze spesso pacchiane ed esagerate. Splendida soluzione in grado di dare un qualcosa in più, con dei singoli elementi non esageratamente ‘incollati’  tra loro (frutto sicuramente di una sapiente opera di masterizzazione del lavoro) e congegnando ogni singolo momento dietro scelte oculate in grado di fare davvero la differenza. Insomma, scelte di gusto e qualità.

Come di gusto e di qualità sono i singoli pezzi del disco: partendo con ‘Ivlia Gens (Incipit) / Svpremvs Dvx’ si delinea già un impatto sonoro notevole, dove riff di chiara matrice heavy/thrash si miscelano assieme a numerosi elementi di svariata natura allo scopo di infondere un’atmosfera epica realmente italica ed antica. Il riff thrash metal che apre le danze vocali di Hesperus aizza la tensione mentre i numerosi comparti sinfonici si addizionano al tutto con sapienza, grazie anche alla poca ambienza di questi ultimi, risultando così sempre ben inseriti nel contesto sia di mix che puramente espressivo. Il brano sfoggia alla grande quelle che sarà la caratteristica vincente del disco, vale a dire la sua efficace malleabilità: se infatti la già citata ‘Ivlia Gens (Incipit) / Svpremvs Dvx’ sfoci in momenti puramente black metal (anche se si tratta di ben pochi attimi rispetto a tutto il resto), un episodio come ‘De Bello Gallico’ infonde un mix di gioia ed ansia grazie alle sue melodie sognanti e figlie della Roma che fu, mentre ‘Roma’ rivela una natura quasi radiofonica, mantenendo sempre una classe sonora sospesa tra alcuni echi prog dell’italia che fu (di sessantiana e settantiana memoria, figli di act storici quali PFM e Le Orme) ed un continuo retrogusto heavy ed epico, con tanto di finale di pura matrice black metal…ed il tutto avviene senza risultare mai fuori luogo e/o pretenzioso, ma mantenendo anzi un continuo senso di spiccata fede nei propri mezzi con conseguente, relativa naturalezza nell’approcciarsi a cambi stilistici in apparenza così prepotenti.

Oltre tutto ciò, a rendere il tutto maggiormente atipico per certi standard musicali vi è anche il contributo vocale di Hesperus, frutto più di un certo rock italiano d’autore (con occasionali scream nelle parti più tirate di stampo death/black) che del classico interprete di stampo heavy metal, sebbene non manchino di certo i momenti in cui il nostro Condottiero alzi il tiro lasciandosi andare a soluzioni più aggressive, sempre nel nome dell’andamento dinamico suggerito dal brano.

Lo stile musicale è, come già detto, sospeso tra numerose influenze quali l’opera lirica, l’heavy metal in stile Savatage e Virgin Steele, il thrash metal più tirato, il rock progressivo italiano, il black più epico e numerose reminescenze black metal, quest’ultimo frutto sicuramente del passato musicale di Hesperus. Il nome che risalta maggiormente come influenza è sicuramente quello degli Iron Maiden, onnipresenti nei numerosi soli di chitarra intrecciata presenti nei brani, oltre che nell’andamento e nel suono del basso, che a tratti ricorda palesemente quello del buon Steve Harris: emblematica in tal senso la scelta di proporre un arrangiamento sinfonico/strumentale di ‘The Ides of March’, qui ritradotta nell’italiano ‘le Idi di Marzo’, celebre brano che apriva quel capolavoro di “Killers”, targato 1981 e canto del cigno della prima era DiAnno; così come è emblematico il favoloso tributo riportato sempre nei riguardi dei Maiden per quanto concerne la conclusiva ‘Ivlivs Caesar (Divvs et Mythvs)’, stile qui assimilato in maniera sapientemente personale da Hesperus: l’influenza è presente, ma il già citato e particolare approccio vocale del Deus Ex Machina e le mai invasive soluzioni sinfoniche ti fanno render conto di essere alle prese con un disco di Hesperia, non dei Maiden.

Insomma, dietro tali parole appar chiaro come “Caesar (Roma Vol.1)” sia un lavoro magistrale ed evocativo, finora il migliore mai rilasciato dal musicista di Macerata, sempre sospeso tra il sogno dell’era arcaica che fu e le nenie moderne raccontante e forgiate dagli strumenti elettrici. Un’ opera che sicuramente resisterà alla prova del tempo per tutti coloro che vorranno ascoltarla, una resistenza data dal non voler mai peccare di superbia ma solo di affidarsi ad una sicura, spiccata e saggia espressione dei propri mezzi. In attesa del secondo episodio, il riscontro di questo prima appuntamento con la Storia di Roma cantata non può che essere estremamente positivo.

 

(Un’ intervista con Hesperus è disponibile a questo link)

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