Recensione: Call Of The North

Di Matteo Burchianti - 1 Maggio 2023 - 10:08
Call Of The North
Band: Frozen Crown
Etichetta: Scarlet Records
Genere: Power 
Anno: 2023
Nazione:
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85

17 Aprile 2023, Livorno. Locale, The Cage. Doveva essere una serata totalmente dedicata ai mitici Nanowar Of Steel. Arriviamo con la mia ragazza in trepidante attesa, pronti a scatenarci con i nostri beniamini sulle note delle loro esilaranti e travolgenti canzoni, quando’ecco la sorpresa. Sul palco, due stendardi, di colore scuro, con su scritte due lettere in un rosso vivido, che attiravano da subito l’attenzione: FC. Non servì troppo tempo per strappare la carta del fantastico regalo che, da lì a poco, avrebbe fatto tornare adolescente l’adulto che oggi sta scrivendo questa recensione, riportando alla memoria i bei tempi quando il power metal veniva suonato con eleganza, classe e tanta, ma veramente tanta grinta. Sono bastati cinque musicisti nostrani (e che musicisti), per fare da apertura a un concerto memorabile.

Cari amici, oggi vi parlo di una band che ha saputo farmi venire la pelle d’oca, trasmettendomi una sensazione di libertà e serena passione per il nostro amatissimo metal: con il loro ultimo album, ecco a voi i Frozen Crown.

Immaginatevi nella vostra cucina, al mattino, intenti a sorseggiare un buon caffè, pronti a iniziare al meglio la giornata: l’idillio perfetto per ogni italiano medio che, puntualmente, al primo sorso arriva bollente ed impetuoso, ma non per questo meno gustoso e desiderato.

Appena premuto play, con i 6:24 della titletrack “Call Of The North”, la band si presenta così al proprio pubblico: potente, glaciale e maledettamente veloce. Ogni riff, ogni nota della sontuosa vocalist, si dimostrano come schegge di ghiaccio per l’ascoltatore, che viene trafitto senza provare dolore, costretto ad abbandonarsi alla morsa glaciale che lo attanaglia. Cercando di uscire da quel freddo costringente, ci innalziamo con ali che paiono quasi un miraggio, tra le note della bellissima “Fire In The Sky”, verso una salvezza fatta di riff infuocati e la voce di Giada che ci accompagna nella nostra ascesa: note acustiche paiono cullarci, ma solo per poco, prima che la salita si faccia di nuovo ostica e travagliata.

Prendiamo coraggio ma, aimè, come Icaro che cadde nel tentativo folle di avvicinarsi al sole, subiamo la medesima sorte, precipitando così in un luogo oscuro, che si dimostra essere il nostro cuore accecato dalla falsa speranza andata in frantumi.

La terza traccia, “Black Heart”, trasmette una rabbia che tracima come un fiume in piena: aperta da potenti chitarre e cori evocativi, si dimostra forse come la più diretta di tutto l’album. Se nelle due tracce precedenti avevamo avuto la sensazione di viaggiare, prima tra i ghiacci e dopo vicini alle fiamme nel cielo, questa volta siamo di fronte alla nostra immagine, distrutta dalle fatiche, che si riflette in uno specchio incrinato pronto da un momento all’altro ad infrangersi. Siamo pronti a gettare la spugna, ma una forza inattesa percorre la nostra anima e ci ravviva: “Victorious” è la dimostrazione di quanto il power metal sia vivo e riesca ancora a trasmettere quella dose di adrenalina che in confronto la caffeina al mattino pare una caramella alla menta. I cori e la sezione ritmica ci riportano alla realtà, schiaffeggiando il nostro ego interiore fragile e quasi spezzato: il cammino è ancora lungo, non è il momento di abbandonare la strada intrapresa.

Elettrizzati e con una nuova carica che ci percorre il corpo e la mente, torniamo sui nostri passi, e “In The Moment” ci apre la pista lungo vie inesplorate e misteriose: ancora una volta ogni componente dei Frozen Crown dà il meglio di sé, dando vita a un brano che, quasi come l’animo dell’ascoltatore, oscilla tra falcate inarrestabili e momenti introspettivi, percepibili soprattutto durante l’evocativo e pomposo ritornello.

La successiva “Legion” si impone con prepotenza e carattere, con potenti riffoni che vengono abbracciati dal muro sonoro del basso di Zof, che non manca un colpo, e dalla sempre sognante voce della nostra Giada, che ha ormai dato un’impronta più che precisa al sound della band. Quando dopo anni ti si presenta una band del genere, per di più italiana, non puoi che esserne fiero e augurarti che il loro cammino prosegua a gonfie vele.

Ma bando alle ciance e proseguiamo con le tracce: “Until The End” suona in modo intimo, seppur mantenendo quello spirito speed e power caratteristico del quintetto; il ritornello, ricco di cori, crea un’atmosfera emotiva che evoca alla mente come una serie di diapositive della propria vita, che scorrono inesorabili, appunto, “fino alla fine”.

Now Or Never” si apre con un riff di chitarra che richiama molto le colonne sonore del mitico Maestro Morricone, per poi arrivare ancora una volta ad un ritornello carico e trascinante; la musica ti chiede la resa, vuole il tuo sangue, la tua fatica e lo grida ad alta voce: “ORA O MAI PIU”.

Spiazzati da una tale richiesta, stiamo per gettare la spugna, stremati dall’epicità che questa band ha saputo trasmetterci, ed è proprio in questo momento che la corale “All For One” fa la sua apparizione: centinaia di mani ci sorreggono, amiche fedeli in questo pellegrinaggio comune, dandoci la speranza per continuare: «All for one, one for all, we stand fiery in the dark», come abbiamo sempre fatto fin dal primo vagito metallaro, e come faremo per l’eternità.

La traccia conclusiva lascia un sapore dolce e amaro in bocca, mettendoci di fronte all’evidenza della conclusione del nostro viaggio: “Far Away” esalta per l’ennesima volta le qualità artistiche di ogni singolo componente della band ed è qui che mi sento di salutarvi in un modo un po’ particolare, ringraziando i membri della band.

Un grazie anzitutto a Giada Etro, per la sua voce che ha reso questo disco un viaggio epico dal primo all’ultimo minuto. Grazie alle due chitarre, Federico Mondelli e Fabiola Bellomo, che attraverso la loro tecnica sopraffina, ci hanno trasmesso ancora e finalmente, l’essenza del vero power metal. Grazie a Francesco Zof, che ci ha ricordato come il basso, molto spesso, sia malamente, e senza nessuna ragione, sottovalutato. Da prendere come esempio. Dulcis in fundo dicevano i latini, la sezione ritmica di Niso Tomasini, che ringrazio per la sua dedizione e capacità minuziosa. Un dessert coi fiocchi.

Grazie Frozen Crown per avermi fatto tornare adolescente con un concerto che, sono certo, mi porterò nel cuore.

 

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