Recensione: Chained To Torment

Di Stefano Ricetti - 31 Ottobre 2022 - 9:59
Chained To Torment
Band: Crematorium
Etichetta: F.O.A.D. Records
Genere: Death 
Anno: 2022
Nazione:
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73

Una delle ultime uscite discografiche in vinile di F.O.A.D. Records riguarda i Crematorium ma, si badi bene, NON “quei” Crematorium (americani, formatisi nel 1991 in quel di Los Angeles, al momento autori di tre album: Epicediums of the Damned del 1997, For All Our Sins… del 2002 e The Process of Endtime del 2005, inframezzati da Ep e split vari) bensì gli italianissimi, nati nel 1988 a Bologna e spentisi, a livello di band, of course, quattro anni dopo.

Quattro oscuri figuri rispondenti ai nomi di Andrea Zoccoli (basso), Giovanni (chitarra), Nikkie (voce, chitarra) e Turko (batteria), con quest’ultimo subentrato a Walter “Pera” Masi, drummer dal 1988 al 1989. Forti di un’immagine iconicissima nella sua semplicità (la loro foto in bianco e nero piuttosto sgranata con il quartetto in posa al di sotto di una grande croce dalle estremità appuntite fece la sua porca figura sul finire degli anni Ottanta, generando nell’immaginario deathster una sorta di mix a livello iconografico fra i nostrani Necrodeath degli inizi e i brasiliani Vulcano) nella loro breve carriera realizzarono solamente due demo, rigorosamente su musicassetta: Chained to Torment del 1990 e Rehearsal April 21St del 1991. Poi l’oblio.

F.O.A.D. Records, da sempre in prima linea nei riguardi dell’archeologia legata alla musica dura, ha pensato di riproporre tutto quanto realizzato “ufficialmente” dai Crematorium su 33 giri, quindi quanto descritto poc’anzi, in tre differenti colorazioni viniliche (nero, blu e verde) e, a mo’ di bonus, un Cd allegato alloggiato in una semplice custodia cartonata contenente un’inedita sessione di prove del gruppo risalente al 14 aprile del 1991 di quattro canzoni più cinque tracce live catturate durante il concerto tenuto il 24 aprile del 1991, presso il locale Scintilla di Modena. In aggiunta, un volume di dodici pagine impostato alla maniera delle vecchie fanzine della grandezza e del formato dei tour program book che erano use stampare le grandi band per poi venderli ai concerti con rare foto del gruppo, flyer e gli artwork originali dei loro lavori.

Non appena la puntina si poggia sulla traccia numero uno di Chained Torment posto sulla Side A è impossibile non restare impressionati dalla qualità del suono emesso da “Living Disastrous”, letteralmente di livello, sebbene proveniente da un demo datato residente su musicassetta. Un plauso quindi a chi si è occupato della masterizzazione per vinile presso i Toxic Basement Studio. Musicalmente, come giustamente sottolineato nella presentazione del lavoro, i Crematorium si muovono in territori Death Metal confinanti con Morbid Angel, Necrophagia, Autopsy e i primi Death con qualche tracimazione in ambito Possessed/Deicide. La carica di aggressività che sanno esprimere è una chiara dichiarazione di intenti, sublimata da tracce quali “Unseen Image” e “Escaping Through Illusions”. A partire da “Cerimonial Rites of Immolation”, la prima canzone tratta da Rehearsal April 21St, 1991 posto sulla Side B e poi continuando abbracciando le nove tracce componenti il Cd ci si immerge in un marcissimo viaggio impregnato di quella splendida cacofonia di suoni che rende un prodotto vintage, per il sollucchero di tutti quanti vanno in brodo di giuggiole per questo tipo di sonorità catacombali, note grondanti muffa di cantina stagionata.

La leggenda narra che i Crematorium tentarono la carta inglese trasferendosi armi e bagagli in terra d’Albione nel 1991 e terminarono la loro corsa nel momento in cui il cantante e chitarrista Nikkie cedette alle lusinghe dei Salem Orchid, gruppo death/black di stanza a Londra, in quel momento orfani del loro “storico” frontman nonché chitarrista Jason Mendonça. Sei mesi dopo lo stesso Andrea Zoccoli si unì ai Salem Orchid in sostituzione del bassista Dan Temple, altro membro originario. Chiaro che a quel punto venne posta una pietra tombale definitiva sulle residue speranza di mantenere in vita il progetto Crematorium. Che poi quegli stessi Salem Orchid chiusero e baracca e burattini intorno al 1993 per riformarsi successivamente con una line-up totalmente differente è tutt’altra storia.

Dei Crematorium rimane la storica e ficcante immagine menzionata a inizio recensione e, per tutti quanti privi dei demo originali del 1990 e 1991, da qualche settimana anche questa release omnicomprensiva, a futura memoria della loro musica, che prometteva davvero bene.

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti                       

 

 

 

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